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Tra l’aumento dell’Iva di un punto, la cauzione sui contenitori, le ipotesi di una tassa per incentivare l’auto elettrica e l’Imu, “le aziende, proprio come i cittadini, non ce la fanno più a pagare tasse” e guardano alla Carbon Tax semplicemente come a “un’altra tassa che, tra l’altro, rischia di diventare un alibi per le aziende, un disincentivo a impegnarsi sotto il profilo della sostenibilità”. Lo dice all’Adnkronos Ettore Fortuna, presidente di Mineracqua, settore che, proprio in tema di Carbon Tax, è stato tirato in ballo da Legambiente che ha proposto di introdurre un canone di 10 euro per metro cubo imbottigliato, su tutto il territorio nazionale. Secondo Fortuna, il rischio è non solo che la Carbon Tax si traduca in un aumento del prezzo delle acque minerali, che oggi in Italia sono i più bassi in ambito comunitario (20 centesimi per litro contro i 76 del Regno Unito), ma che, se non applicata in maniera omogenea a livello comunitario, finisca per replicare il modello statunitense “dove le grandi aziende che generano grandi emissioni finiscono per lasciare lo Stato per stabilirsi dove non c’è la Carbon Tax”. Insomma, una misura che non risolverebbe il problema, anzi solleva un’altra questione: come conciliare ripresa e sviluppo costringendo le imprese a ritoccare i prezzi. Secondo il presidente di Mineracqua sarebbe invece più utile incentivare i comportamenti virtuosi.

“Da anni investiamo nella sostenibilità, innanzi tutto perché il nostro lavoro prevede, a monte, di preservare la risorsa oggi per trasferirla domani alle future generazioni, mantenendola incontaminata – spiega Fortuna – In più, abbiamo ridotto il peso delle bottiglie e il trasporto su gomme, risparmiato acqua, investito in rinnovabili e nel ‘bottle to bottle’, cioè nel rimettere in circolo le bottiglie attraverso il riciclo. Negli anni la nostra filosofia è cambiata e la sostenibilità è diventata per noi è un’opportunità: ad esempio, ridurre il peso delle bottiglie si è tradotto per noi in risparmio”. E a Legambiente, che propone la modifica del sistema con cui si prelevano e si pagano allo Stato le risorse naturali, compresi i prelievi idrici di acque minerali, Mineracqua risponde di aver già chiarito con alcuni esponenti dell’associazione la propria posizione. “Paghiamo canoni a seconda delle regioni, non esistendo un canone unico nazionale, più alti in alcune regioni, più bassi in altre”. E poi, “come si fa a stabilire il valore dell’acqua minerale, che si trasforma in bene solo nel momento in cui qualcuno decide di investire realizzando gli stabilimenti?”, aggiunge Fortuna, ricordando che “questi stabilimenti danno lavoro a ben 40mila persone”.

Fonte:
www.iltempo.it/adnkronos/?q=YToxOntzOjEyOiJ4bWxfZmlsZW5hbWUiO3M6MjE6IkFETjIwMTIwMzMwMTM1NTEwLnhtbCI7fQ==

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