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A cura di: Antonio Boccia – Professore Ordinario di Igiene – Direttore Dell’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza e Valorizzazione di Alimenti e Bevande – Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Fonte: Da Annuario Acque Minerali E Di Sorgente Italia 2003-04 ©Beverfood Srl

SOMMARIO: Le virtù delle acque di sorgente dai Romani all’epoca moderna – Alcune importanti indicazioni d’uso delle acque minerali – Acque oligominerali e diuresi – Le acque minerali in alcune patologie – Esistono delle controindicazioni nell’uso delle acque minerali? – Le virtù delle acque di sorgente dai Romani all’epoca moderna

Rif. Temporale 07/200



Le virtù salutistiche dell’acqua sono note fin dall’antichità, anche se all’epoca, non esistendo ancora il metodo scientifico, la credibilità terapeutica delle varie fonti era affidata alla testimonianza di personaggi celebri che, consumando nello specifico quel tipo di acqua, dichiaravano con convinzione di averne tratto giovamento.

Quando i Romani, all’inizio del III secolo A.C., guidati dal Console Quinto Fabiano Rulliano, superarono le vette del Cimino si trovarono innanzi centri popolati sparsi per le valli dell’Etruria; dal borgo etrusco di Surrena (l’odierna Viterbo) si dipartiva una via che puntava verso il “Piano dei Bagni” già largamente usati sin da quei lontani tempi della civiltà degli Etruschi a scopo salutare.

I nuovi coloni, entrati con l’esercito romano, rianimarono queste terre e continuarono a chiamare Terme Etrusche un territorio, ricco di acque e di vestigia, che si estendeva per chilometri lungo l’antica Cassia. La ricchezza di acque e del loro potere rigenerante è testimoniata da Strabone, Tibullio, Marziale e dal medico dell’Imperatore Tiberio. Le Terme vennero visitate e frequentate da Papi tra cui Gregorio IX, Bonifacio IX, Niccolò V e Pio II e, successivamente, anche da Dante Alighieri e Michelangelo Buonarroti. Trattasi, per lo più, di acque sulfureo-solfato-bicarbonato-alcalinoterrose-ipertermali

In Toscana, in località Mezzomiglio, sono forse stati individuati i resti delle mitiche e mai individuate “Fontes Clusinae”, straordinarie per ricchezza e qualità delle acque. Alcuni nomi di sorgenti derivano da antiche leggende. Numa Pompilio, secondo re di Roma, era perdutamente innamorato di una Naiade di nome Egeria, considerata sua ispiratrice, che il re incontrava in una grotta dove sgorgava l’acqua utilizzata nei riti propiziatori a lei dedicati. Dopo la morte di Numa Pompilio, la ninfa disperata si rifugiò nella Selva Aricina, sacra alla dea Diana Nemorense. Quest’ultima, impietosita dal pianto della ninfa, la trasformò in fonte. Da allora i Romani considerarono sacra la fonte; le spose, con il capo adorno di fiori, vi si recavano in processione affinché la divinità le rendesse feconde.

Un’altra sorgente, situata presso il centro abitato di Acquasparta, vanta una tradizione antichissima che ne fa risalire l’utilizzazione a San Francesco d’Assisi. Nel 1213 il Santo, gravemente malato, fu condotto presso la fonte che si riteneva avesse effetti prodigiosi. Secondo quanto riferito da Rossi “l’Apostolo umbro dimorava allora all’Eremita di Cesi quando, dopo una notte insonne causata dall’acuirsi della sua malattia, l’indomani, alle prime luci dell’alba, malgrado una sua sostenuta riluttanza, Franciscus a beato Petro ductus est propter Acquaspartanam Fontem. L’umile giullare bevve quell’acqua prodigiosa e trovò giovamento, ed alla moltitudine di gente accorsa espresse il desiderio di voler lì erigere un Romitorio con addetto lazzaretto. La richiesta fu accordata”. La notizia che Frate Francesco avesse frequentato la sorgente venne riportata diffusamente durante il Medioevo, al punto che, a partire dal XIII secolo, venne chiamata anche “Acqua di San Francesco”.

Anche il grande scultore e pittore Michelangelo trovò giovamento dall’uso di acque minerali. Oltre alle testimonianze dei biografi, come ad esempio il Vasari (“…Michelangelo nella sua vecchiezza patì dello orinare di renella…”), vi è anche la corrispondenza che Michelangelo tenne tra il 1544 e il 1555 con il nipote Lionardo di Buonarroto Simone. Una lettera scritta l’8 giugno del 1549 “…del mio male io ne sto assai bene, rispetto a quel che sono stato. Io ò beuto circa dua mesi sera e mattina aqqua di una fontana che è quaranta miglia presso a Roma, la quale rompe la pietra: e questa à rotto la mia e fattomene orinar parte. Bisogniamene fare amunizione in casa e non bere né cucinar con altra, e tenere altra vita che non soglio”, è chiara testimonianza della sua malattia e del sollievo che egli ne trasse bevendo di quell’acqua.

Nel XVI secolo molti studiosi si interessarono a quell’acqua situata nei pressi di Anagni: tra questi l’archiatra di Sisto V, Andrea Bacci, che nel trattato de Thermis (1571) afferma “…tutti attribuiscono un’azione dissolvente analoga a quella del vetriolo: per questo essa è un mirabile medicamento per la calcolosi…dette acque hanno la caratteristica, sebbene alla sorgente abbiano poco calore, di attaccare e consumare le pietre e di espellere le renelle”.

Nel 1995 un gruppo di archeologi dell’Università dell’Arizona rinvennero importanti ritrovamenti cui va aggiunta la monumentale Cisterna con il relativo Acquedotto delle Camerelle Molte di queste acque sono caratterizzate da una significativa presenza di zolfo, le cui proprietà sono state, di recente, ulteriormente arricchite sulla base di scientifici riscontri fisiopatologici nell’attività di gruppi –SH nel processo di crosslinking delle matrici del collagene di tipo I e III. Sempre recentemente, un’ampia serie di ricerche riguarda l’attività delle acque minerali di tipo cloruro-sodiche, bicarbonate, solfate, ecc… L’attività benefica di queste acque è stata dimostrata su danni epatici provocati di volta in volta da varie sostanze quali CC14, bromobenzene, clorpromazina, ecc.

Esiti positivi, seppure con alcune diversità, vengono riferiti in studi condotti da Ricercatori, Clinici Medici ed Idrologi Medici in seguito all’uso di acque cloruro-sodiche e bicarbonate; i benefici sono stati misurati attraverso le attività enzimatiche a livello epatico e nel siero. Sul versante biliare, sempre con acque cloruro-sodiche, bicarbonate e solfate, sono stati evidenziati stimoli significativi nella formazione della bile ed al suo deflusso nel duodeno. Grossi e Messini hanno confermato, attraverso studi sperimentali, l’azione stimolante della contrazione della colecisti con contemporaneo rilasciamento dello sfintere di Oddi. Tale azione è particolarmente evidente nella assunzione di acque solfate, solfato-bicarbonate e cloruro-sodiche ipotermiche.

Alcune importanti indicazioni d’uso delle acque minerali

Se ciò che distingue, in ultima analisi, le acque minerali naturali propriamente dette da tutte le altre acque destinate al consumo umano è la capacità di influire positivamente sulla salute dell’uomo, è necessario che queste capacità siano documentate da metodi scientifici e appropriati. Tali metodologie sono essenzialmente di tipo epidemiologico e si rifanno ai principi della cosiddetta “medicina basata sulle evidenze” (Evidence-Based Medicine). Va inoltre ricordato che le metodologie specifiche da usare per documentare le proprietà “terapeutiche” delle acque minerali sono regolamentate da apposite circolari del Ministero della Salute.

Più in generale le acque minerali, in considerazione della loro purezza originaria e del loro specifico contenuto salino, rappresentano il principale e più efficace veicolo naturale per il reintegro idro-salino del nostro organismo. Vi sono, tuttavia, alcune situazioni nella vita dell’uomo in cui l’utilizzo delle acque minerali naturali appare particolarmente indicato. Ci riferiamo soprattutto alle condizioni che si verificano nella donna in menopausa, nella prima infanzia, negli sportivi, ecc. ovvero tutte situazioni, sicuramente non patologiche, in cui le acque minerali naturali appaiono particolarmente utili ai fini della prevenzione e, più in generale, della qualità della vita o per contribuire a riequilibrare alterate situazioni fisiologiche.

L’osteoporosi è una malattia estremamente comune particolarmente nelle età avanzate e nel sesso femminile. La malattia, dovuta al prevalere del processo di riassorbimento osseo su quello di neoformazione, comporta una progressiva riduzione della massa ossea, che configura una situazione di rischio elevato per fratture, soprattutto per quanto riguarda il femore, le vertebre e l’avambraccio.La formazione dell’osso richiede una adeguata quantità di calcio. Il calcio viene assunto con gli alimenti e viene riassorbito a livello intestinale solo se dissociato in sale calcico, sia per diffusione passiva sia per fenomeni attivi mediati dalla vitamina D.

Il fabbisogno di calcio è chiaramente maggiore durante l’accrescimento e nella donna gravida. La capacità di assorbimento, inoltre, si riduce progressivamente con l’età, per cui è importante aumentare l’apporto di calcio durante l’accrescimento, nella donna gravida, nella donna dopo la menopausa e nell’uomo oltre i 65 anni. Sebbene l’apporto necessario potrebbe essere fornito mediante il consumo di alimenti ricchi di calcio quali i prodotti lattiero-caseari, la frequente comparsa di ipercolesterolemia e la necessità di evitare il soprappeso determinano l’esigenza di un’alimentazione ipocalorica e povera di grassi, sconsigliando quindi l’utilizzo di tali alimenti. In queste situazioni le acque minerali naturali ricche di calcio possono rappresentare una validissima alternativa, anche perché diversi studi recenti hanno dimostrato che la biodisponibilità del calcio delle acque minerali naturali è sovrapponibile a quella del latte.

L’uso di particolari acque minerali, quelle ricche di fluoro, rientra senza dubbio nelle abitudini alimentari utili alla salute dei denti. E’ noto infatti che un serio programma di prevenzione dentale si basa principalmente su una corretta igiene orale, sul controllo dell’uso degli zuccheri, sulla chiusura di solchi e fossette dentali e sull’assunzione corretta di fluoro. L’uso del fluoro deve essere tuttavia gestito con estrema attenzione: se la carenza di fluoro rappresenta sicuramente un importante fattore di rischio per l’insorgenza della carie dentale, una sua assunzione eccessiva può determinare l’insorgenza di fluorosi dentaria, nonché di altre patologie. I migliori risultati nel campo della prevenzione si ottengono in bambini che assumono regolarmente acque contenenti fluoro ad una concentrazione compresa tra 0,5 e 1 mg/l.

L’utilizzo delle acque minerali naturali appare consigliabile durante la prima infanzia. L’assenza di contaminazione microbiologica ne consente l’impiego senza ricorrere alla bollitura, operazione che tende a privare l’acqua dei gas disciolti e a far precipitare alcuni sali. Per la ricostituzione dei latti formulati e per la diluizione del latte vaccino appaiono particolarmente indicate le acque minimamente mineralizzate e le acque oligominerali, in grado di non alterare la formula appositamente bilanciata dell’alimento e di esercitare, grazie alla loro ipotonicità, una notevole azione solvente, migliorando la dispersione dei lipidi contenuti nel latte.Nella prima infanzia, così come d’altra parte, nella donna durante la gravidanza e l’allattamento, sono altresì consigliate acque minerali e naturali in cui il contenuto di nitrati non superi i 10 mg/l, per il noto rischio di provocare metaemoglobinemia.

Per gli sportivi e in genere in tutte le situazioni che comportano sudorazione intensa con conseguente perdita di elettroliti è altamente raccomandato l’utilizzo di acque bicarbonato-alcalino-terrose con residuo fisso di circa 1 g/l, sia per reintegrare la perdita di liquidi, sia per favorire l’eliminazione delle scorie azotate e correggere l’acidosi determinata dalla fatica muscolare. In ogni caso prima dell’impegno sportivo sarebbe raccomandabile l’assunzione preventiva di circa 500/700 ml d’acqua, privilegiando le acque bicarbonato-alcalino-terrose con residuo fisso di almeno 500 mg/l. Durante la gara, invece, l’assunzione eccessiva di acqua è sconsigliata, in particolare se ghiacciata, gasata e fortemente mineralizzata. Le acque ipotoniche sono quelle indicate in questo caso, in quanto, transitando più velocemente nello stomaco, favoriscono una più rapida idratazione.

Acque oligominerali e diuresi

“L’acqua di per sé, permette di ridurre la saturazione delle urine rispetto all’acido urico ed alla cistina; se si riesce, pertanto, a mantenere le urine sottosature per lunghi periodi, i calcoli di cistina e di acido urico si possono sciogliere; la diluizione ridurrà, inoltre, la saturazione delle urine nei confronti dell’ossalato di calcio. In ogni caso, tenere le urine sottosature mediante idratazione è considerato da tutti gli autori un aiuto molto valido per prevenire i calcoli”.

Tra le misure di profilassi generale della calcolosi urinaria, quella più semplice di adottare consiste nella assunzione di acqua preferibilmente a basso contenuto di sali. Aumentando infatti l’ingestione dei liquidi, si induce la formazione di urine più diluite; al di sotto dei limiti di saturazione si può, infatti, evitare il prodursi dei nuclei di cristallizzazione o, addirittura, è ottenibile il ridiscioglimento dei microliti. I pazienti devono ingerire dai due ai tre litri di acqua oligominerale o mediominerale e questo quantitativo va distribuito il più possibile lungo l’intero arco delle 24 ore. Una congrua porzione delle bevande va assunta all’ultimora, subito prima di andare a letto e, in caso di più marcata attività litogena, va assunta anche nel corso della nottata, in quanto è proprio durante questo periodo che si producono le più elevate concentrazioni urinarie e tendono a formarsi tendenzialmente i nuclei di cristallizzazione. La dose di acqua da ingerire varia ovviamente in rapporto con l’individuo, la sua attività fisica e le condizioni climatiche.

In conclusione, si ammette attualmente che i calcoli ureterali abbiano più del 90% di chance di scendere fino nella vescica pertanto essere facilmente eliminati. Tutto ciò sottolinea la sempre attuale efficacia delle cure idropiniche nei soggetti portatori di calcoli ureterali passibili di espulsione spontanea in cui, se non ci sono indicazioni, una prolungata aspettativa con concomitante terapia idropinica e farmacologica (è certamente raccomandabile ed auspicabile prima di una decisione cruenta.

Le acque minerali in alcune patologie

Rientra tra gli obblighi del medico fornire indicazioni su quelle che sono le acque minerali più idonee nelle diverse condizioni patologiche. Non esiste l’acqua “ideale” o “migliore di tutte le altre”. Esiste invece una ampia varietà di acque minerali naturali imbottigliate, per cui non è difficile trovare quella più idonea nelle diverse patologie. Nelle forme di gastrite ipersecretiva sono particolarmente indicate le acque bcarbonato-alcalino-terrose, in quanto deprimono la secrezione gastrica e modulano la peristalsi intestinale. Nelle gastriti iposecretive sono consigliabili le acque clururo-sodiche o salse, le acque salso-solfate e le acque carboniche, in quanto stimolano la secrezione gastrica e migliorano la coordinazione motoria.

E’ noto che in tutte le forme di stipsi (intestino pigro”) un corretto apporto di fibre e acque svolge un ruolo di fondamentale importanza. In questi casi sono da suggerire acque fortemente mineralizzare cloruro-sodiche e ricche di ioni solfato, magnesio e calcio. Risultati non privi di interesse terapeutico sono tuttavia stati ottenuti anche con acque bicarbonate. Lo svuotamento gastrico di un’acqua minerale carbonato-sodica, bicarbonato-calcica è stato studiato attraverso trials clinici e misure strumentali quanto mai rigorosi comparando tempi di svuotamento e lo stato della mucosa in soggetti che assumevano le suddette acque minerali rispetto ad acque diverse. Le prove hanno dimostrato una significativa attività procinetica più rapida che non il “release” di ormoni gastro-duodenali.

Nel trattamento della sindrome del colon irritabile particolarmente utili sono la dieta ed un abbondante apporto idrico. Sono indicate soprattutto acque ricche di sodio, calcio, magnesio e solfato, in grado di abbreviare il tempo di transito intestinale. Particolarmente indicate sono le acque bicarbonato-alcalino-terrose. La terapia idropinica fornisce buoni risultati nelle alterazioni del tono della motilità delle vie biliari. Sono consigliabili acque cloruro-sodiche e salso-solfato-alcaline nelle forme ipotoniche, mentre nelle forme ipertoniche sono più indicate le acque bicarbonato-calciche e solfato-calciche per la loro azione antispastica. La terapia idroclinica della calcolosi biliare si fonda su acque bicarbonato-alcaline e alcalino-terrose. Le prime alcalizzano la bile diminuendone la viscosità, le seconde hanno un’azione specifica sullo sfintere di Oddi. Le acque cloruro-sodiche e salso-solfate svolgono anch’esse un ruolo importante per la loro azione colagoga e coleretica.

La prevenzione e la cura del dismetabolismo dell’acido urico non può prescindere dalla terapia idropinica, preferibilmente a base di acque minimamente mineralizzate e oligominerali a basso contenuto di sodio e a prevalenza bicarbonato-calcica. Le acque minerali naturali possono svolgere un ruolo importante nella prevenzione e nel trattamento della patologia su base aterosclerotica.

Nelle fasi iniziali dell’ipertensione e nei soggetti predisposti sono ovviamente particolarmente indicate le acque minerali con basso contenuto di sodio. Nelle ipercolesterolemie può essere utile una dieta idrica con acque salso-solfate e cloruro-sodiche. Risultati favorevoli sono infatti stati rilevati nei riguardi dei danni (infiltrazioni ateromasiche vascolari, epatosteatosi, ecc.) e di alterazioni sieriche (assetti lipidici anomali), sperimentalmente provocate, quando venivano eseguiti trattamenti idropinici con acque cloruro-sodiche ipotoniche, con esiti positivi dimostrati anche clinicamente. Altri Autori hanno osservato in soggetti iperdislipidemici apprezzabili tendenze alla normalizzazione per la colesterolemia, rapporto alfa lipoproteine e lipidi totali alla fine di un trattamento idropinico con acque cloruro-sodiche.

Nel diabete infine vanno consigliate acque mineralizzate e ricche di sali nelle forme scompensate mentre invece in fase di diabete compensato vanno privilegiate acque oligominerali e medio-minerali. I trattamenti idropinici utilizzano soprattutto acque sulfuree ed inoltre acque cloruro-sodiche, bicarbonate, ecc… Le forme di diabete che più si giovano di tali mezzi, sempre che non vi siamo controindicazioni di altra natura, sono rappresentate dallo stato pre-diabetico, dal diabete grasso insulino-dipendente, dal diabete metapletorico degli obesi e dal diabete con rilevante sintomatologia dispetica aspecifica. In seguito a trattamenti con acque solfuree sono stati osservati: riduzione della glicemia, della polidipsia, delle poliuria; ridotto fabbisogno insulinico; aumento di peso in caso di riduzioni ponderali, ecc. Le acque cloruro sodiche, inoltre, hanno mostrato di influire favorevolmente sulla glicosuria e sulla curva da carico di glucosio soprattutto in soggetti obesi, gottosi, dispeptici. Acque carbonato-sodiche, infine, sembrano in grado di potenziare gli effetti insulinici, di ridurre la glicemia, di diminuire l’eliminazione urinaria di acido piruvico. Esiti positivi sono stati descritti con acque bicarbonate-solfato-alcalino-terrose, particolarmente in casi in cui sussisteva uno stato disfunzionale epatico aspecifico.

Esistono delle controindicazioni nell’uso delle acque minerali?

Sempre più frequentemente, soprattutto per allarmismi ingiustificati creati dai mass media, viene richiesto al medico se le acque minerali possano svolgere anche azioni negative nei confronti della salute umana.

Sebbene la risposta ovvia a questa domanda sia “no”, bisogna riconoscere che è la domanda stessa ad essere mal posta. Il quesito infatti riguarda tutte le acque destinate al consumo umano, incluse quelle di rubinetto, e non soltanto quelle minerali, che tuttavia presentano, anche da questo punto di vista, vantaggi non indifferenti. Le acque minerali imbottigliate, infatti, a differenza delle comuni acque di rubinetto, sono sottoposte ad una particolare normativa che ne impone la caratterizzazione e l’assenza di qualsiasi trattamento chimico-fisico.

Le informazioni essenziali sono riportate in etichetta a garanzia del consumatore, per cui è possibile per il consumatore stesso, risalire a quelle che possono definirsi situazioni di “incompatibilità”. Proviamo a riassumere le più importanti. Innanzitutto in quelle situazioni patologiche nelle quali il consumo idrico in genere deve essere particolarmente contenuto (insufficienza renale, scompenso cardiaco, ecc.) la restrizione all’utilizzo riguarda anche le acque minerali, incluse quelle con effetti diuretici.

E’ importante ricordare che frequentemente le acque minerali naturali imbottigliate hanno elevati contenuti di sodio. E’ stato già sottolineato che nei soggetti ipertesi è fortemente consigliabile, invece, il consumo di acque minerali iposodiche, con una concentrazione di sodio inferiore a 20 mg/l. Alcune acque minerali contengono concentrazioni di fluoro superiori a 1,5 mg/l. Se il consumo di acque fluorate, come già in precedenza sottolineato, è consigliabile nella prevenzione della carie dentaria, il loro utilizzo è ovviamente controindicato nel caso di assunzioni locali o sistemici di preparati a base di fluoro.

Nei soggetti affetti da gastroduodenite sono sconsigliabili acque ferruginose, contenenti un tenore di ferro superiore a 1 mg/l, per l’azione irritativa che da tali acque può essere causata. Nei soggetti con patologia ulcerosa gastroduodenale le acque gassate sono controindicate, in quanto è noto che l’anidride carbonica stimola la secrezione gastrica. Un rischio derivante dal consumo delle acque in genere e non soltanto dalle acque minerali è costituito dalla presenza dei nitrati. I nitrati, infatti, nell’organismo umano si riducono a nitriti e quindi si trasformano in nitrosammine, dotate di sospetta attività cancerogena. Nei neonati, inoltre, concentrazione di nitrati superiore a 45 mg/l possono indurre metaemoglobinemia. Per tali ragioni, nei neonati, così come nelle donne in gravidanza e allattamento, sono sconsigliate acque con tenore di nitrati superiore a 10 mg/l.

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