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A cura di GIANNI PISTRINI
Direttore responsabile Notiziario Torrefattori

Articolo pubblicato su
COFFITALIA 2008
Beverfood srl

SOMMARIO: La fascia territoriale del caffè – Le specie vegetali – La lunga marcia del caffè – Le qualità in commercio – Il ruolo preminente del Brasile – La miscela – L’importanza del Robusta

Riferimento temporale: giugno 2008

Curiosamente, quando noi diciamo caffè, non capiamo a priori se ci stiamo riferendo alla bevanda oppure alla pianta ma, analogamente, caffè è il locale di mescita ed il nome del chicco. Non possiamo dire ci sia molta chiarezza in tutto ciò.

LA FASCIA TERRITORIALE DEL CAFFÈ

Volendo analizzare gli aspetti legati alle aree di produzione del verde chicco, dobbiamo far riferimento ad un’intera fascia del nostro pianeta a cavallo dell’equatore e più precisamente in una striscia compresa fra il tropico del Cancro, a nord della linea equatoriale e del Capricorno a sud della stessa. I due paralleli terrestri attraversano tre continenti: l’America, con le Antille, e grossa parte del Brasile, l’Africa con i suoi imponenti territori dell’Etiopia, del Sudan, del Congo ed altri paesi a ridosso; infine, la parte meridionale dell’Asia, fra cui la penisola Arabica, l’India, l’Indonesia, il Vietnam, ecc. Tutte queste nazioni offrono un regno vegetale molto prosperoso, un vero paradiso naturale dove il caffè fruttifica nel suo habitat spontaneo. In certe zone l’articolo si è sviluppato in maniera selvatica (vedesi l’Etiopia e pochi altri) mentre, nella quasi totalità, la sua coltivazione non è nativa o, viceversa, particolarmente intensiva (è il caso del Brasile).

LE SPECIE VEGETALI

Procediamo con ordine. Il caffè è una pianta che fa parte alla famiglia delle Rubiacee del genere Coffea . Fu il naturalista svedese Carl von Linné, meglio conosciuto come Linnèo, nel XVIII secolo, a classificare il mondo vegetale, definendoli utilizzando una denominazione latina (indicante il genere), seguita da un aggettivo che ne denota la specie. Così avremo Coffea arabica, Coffea canephora(Robusta), Coffea liberica, Coffea excelsa, ecc. Le prime due specie hanno trovato un certo interesse nel settore commerciale, dando origine a numerose varietà più o meno caratterizzate, in grado di dare percezioni sensoriali nette e definite facilmente riconoscibili dai tecnici esperti della materia. Generalmente, dette merci, convenzionalmente prendono il nome dal paese di origine oppure dal porto d’imbarco.

COFFEA ARABICA: La Coffea arabica (per semplificazione Arabica), è definibile in alcune varietà come il Moka, il Leroy, il Kent, ecc., la possiamo trovare in certe aree dell’Africa orientale, in America e nel sud-est asiatico. Originaria delle foreste etiopi, l’Arabica ha peculiarità botaniche, caratteri ben distinti di bellezza, appariscenza del seme oltre a finezza sensoriale. Possiede 44 cromosomi (cioè i portatori dei caratteri ereditari di una specie), mentre il Robusta la metà. Ha forma delle foglie piuttosto lanceolate. Nella faccia superiore si presenta con un bel colore verde scuro lucido, mentre nella parte sottostante è più pallida. Su questa superficie sono nette le nervature. L’altitudine di coltivazione varia molto. In genere si ottengono i migliori risultati sopra i 900 metri di altezza rispetto il livello del mare. E’ risaputo che può comodamente raggiungere altezze piuttosto elevate con produzioni veramente eccellenti. In alcune regioni, si pratica l’ombreggiatura usando piante d’alto fusto, in genere certe leguminose che crescono con estrema facilità e velocità.

COFFEA CANEPHORA (ROBUSTA): La Coffea canephora (per semplificazione Robusta), è originaria delle foreste tropicali africane. Ha la prerogativa di essere particolarmente resistente alle malattie ed, in genere, alle condizione climatiche avverse. Viene coltivata ad un’altitudine decisamente inferiore rispetto l’Arabica. La pianta si caratterizza da fogliame rado a forma sensibilmente lanceolata. L’altimetria di coltivazione si riduce a 200-800 metri s.l.m. In genere, questa specie, resiste a condizioni più critiche rispetto l’Arabica.

I FIORI DEL CAFFÈ: Nella pianta del caffè, la linfa affluisce con più speditezza di altre verso l’apice del tronco. Pertanto, accade che i rami inferiori conservino le foglie solamente alle estremità. I fiori si sviluppano a livello ascellare rispetto le foglie. La loro visione è affascinante: accade, nel periodo della fioritura, che essi si sviluppino con notevole vitalità. Al punto che si assiste ad una impareggiabile visione: nel pieno della fioritura sembra che una nevicata abbia coperto i rami sempreverdi. I fiori sono piuttosto profumati (gelsomino), avente un peduncolo importante che sostiene la parte esterna composta da cinque petali, aggancianti alla radice della corolla.

IL FRUTTO DELLA PIANTA DEL CAFFÈ : “La legge della vita, riflette la fecondazione universale per la riproduzione delle specie –riporta un antico trattato- è strettamente identica sia nel regno animale che in quello vegetale. Così, nella fusione fra cellule maschili e femminili occorre che il germe fecondatore maschile entri in contatto con quello femminile”. Il frutto che ne deriva (dopo otto-nove mesi) è una drupa di colore verde, quando immatura, rossa (o gialla) quando giunge a maturazione. Il nome corretto è drupa, comunemente detta ciliegia. Ognuna di esse contiene due semi, i chicchi, oppure uno solamente di forma rotonda-subovata, detto chicco perla. Solo raramente potremmo trovarne tre chicchi, in tal caso parleremo di “terziglio”. E ancora, zone di produzione, sistema di coltivazione, morfologia delle piante e dei semi, ma in particolare il sapore del prodotto finito, sono elementi essenziali. Il Robusta ha generalmente caratteristiche più marcate e persistenti dell’Arabica, che invece è accompagnato da un gusto più soave, generalmente dolce ed aromatico, talvolta acidulo e ricco di aroma. Diremo ancora che il prodotto mercantile viene preventivamente lavorato con due principali sistemi: ad umido ed a secco a seconda il trattamento subisca o meno il lavaggio con acqua

LA LUNGA MARCIA DEL CAFFÈ

L’accenno agli aspetti botanici del caffè è elemento indispensabile per meglio comprendere la diversità fra una specie e l’altra. Per quanto concerne poi i diversi luoghi d’origine, è tale l’offerta che è estremamente complessa una esamina dettagliata di ciascuno. Ci si limiterà a quelli principali, osservando di ciascuno gli elementi essenziali. Così, in Nord America abbiamo la piccola produzione messicana, mentre nell’America centrale potremmo trovare la produzione della Colombia, del Costa Rica, di El Salvador, del Guatemala e via elencando.In Sud America, invece, è appannaggio del grande Brasile, principale paese coltivatore mondiale. Poi l’Asia con il Vietnam, l’India, l’Indonesia e altri ancora. Infine, in Africa troveremo il Congo, la Costa d’Avorio, l’Etiopia, il Kenya, la Tanzania, l’Uganda e via elencando. In ognuno di questi luoghi si producono più tipologie di caffè, suddivise a seconda delle loro selezioni e caratteristiche.

Con ciò, è intuibile la complessità nella preparazione di una miscela di caffè che avviene mescolando più provenienze diverse, con la possibilità di effettuare un numero illimitato di combinazioni che daranno apporti sensoriali decisamente unici e differenti gli uni dagli altri. Ed ecco allora che sta nelle conoscenze tenute segrete dagli addetti alla preparazione delle miscele di caffè, tramandate con estrema riservatezza, conservare gelosamente le ricette sperimentate e di maggior successo sul consumatore. Naturalmente è comprensibile come sia sufficiente una piccola aggiunta o sottrazione di una tipologia piuttosto che un’altra per far mutare completamente la resa gustativa finale. L’apparente semplicità di miscelazione e tostatura, nella realtà diventano operazioni piuttosto complesse. Per capirci, non è possibile improvvisare l’arte del tostatore.

LE QUALITÀ IN COMMERCIO

Le numerose qualità del caffè in commercio vengono solitamente definite dal paese coltivatore e, solo limitatamente, al porto d’imbarco. A grandi linee, le più importanti origini possono essere sintetizzate come segue.Pur essendo l’Africa territorio di importante produzione di caffè Robusta, l’Arabica è indiscutibilmente degna di nota particolare. E’ certamente risaputa l’alta tipologia di certi caffè etiopici lavati, ma anche kenioti oppure certe selezioni del Cameroun. In particolare i Moka, si presentano con grani piccoli e tondeggianti di un inconfondibile profumo decisamente aggraziato e gusti aciduli soavi. Anche certi Jemen, una volta avevano il loro buon mercato.

In genere sono caffè particolarmente selezionati con una notevole uniformità di grana, privi assolutamente di materiale estraneo e chicchi difettati. Ovviamente possiamo avere pure selezioni di seconda e passa livello aventi presenza di imperfezioni via via crescenti. Il prodotto coltivato nelle Antille e nel centro-America si presenta con grani a pezzatura superiore, abitualmente sono a forma allungata e leggermente concava. Il processo di lavorazione è quello ad umido, mentre il colore del chicco è di un bel verde intenso, che raggiunge l’azzurro-bluastro nel caso del Costa Rica. Questa è nota di merito in quanto implica una notevole cura nella sua preparazione allo stato mercantile. Il solco centrale del seme è pronunciato, nel cui interno troviamo ancora residui di pellicola, frammento che permarrà anche dopo la tostatura, con un apprezzamento anche visivo.

Pure questi prodotti sono validi come i Santo Domingo, i Cuba, i Martinica, ma ancor più di elevato livello con il suo nobile Giamaica e Portorico. Queste ultime due sono le origini riconosciute come al top delle tipologie in commercio. Come non menzionare il pregiato Blue Mountain, confezionato e spedito in tutto il modo nel tradizionale barilotto di legno? Si presentano con un’aromaticità estremamente variegata e particolarmente piacevole; una gradevole punta acidula contraddistingue ciascuno di essi e un sapore che esalta le migliori caratteristiche sensoriali ed il suo retrogusto (sarebbe meglio dire flavour) che spinge il consumatore ad una successiva assunzione della bevanda.

E veniamo ad accennare al coloniale prodotto in America centro-settentrionale. E sì, perché un certo quantitativo lo troviamo pure nel Messico. In genere, la produzione agricola di montagna si presenta con caratteri sensoriali maggiori rispetto a quanto coltivato in pianura. Però, la parte da leone la fanno i paesi centrali, dal Colombia al Guatemala, dal Costa Rica al Salvador, a seguire Nicaragua e Honduras. Questi ultimi non riescono sempre a garantire continuità sia di presenza sul mercato che di qualità del mercantile imbarcato per i continui problemi interni ai rispettivi paesi. La qualità del caffè esportato è solitamente di elevato livello. Difatti, essi sono spesso presenti nelle miscele di torrefatto destinato ai pubblici esercizi.

Come non si può parlare del Brasile, dominatore incontrastato, con il suo prodotto naturale così importante ed indispensabile nella preparazione di tutte (o quasi) le miscele di caffè espresso? Il chicco ha pezzature a calibro diverso a seconda della selezione. Il suo “crivello” (termine tecnico che sta ad indicare la grossezza) che varia a secondo della selezione attuata (solitamente meccanica). Di fatto, il mercantile finito si presenta in numerose tipologie variabili a seconda del livello di qualità che s’intende ottenere.

Il seme si presenta con forma e grandezza dei grani molto variabile, con sfumatura verdognole a giallognole. Solitamente il chicco è parzialmente ricoperto da una leggera pellicola argentea (di colore bruno chiaro a rossiccio) che si separa una volta abbrustolito. Come detto, viene processato a secco, tranne alcune eccezioni di washed e semi-washed.

IL RUOLO PREMINENTE DEL BRASILE

E’ decisa l’importanza dello stato sud Americano in fatto di produzione del verde chicco. Molta della sua estensione, complessivamente di otto milioni e mezzo di chilometri quadrati, è ricoperta dalle intensive coltivazioni caffeicole. E’ facilmente intuibile come esso invada il mondo con il suo inconfondibile aroma di buon caffè abbrustolito, frammisto alla fragranza del pan tostato, con sentori gradevoli di fragranze avvolgenti. Con i suoi milioni di sacchi annui (36,6 milioni di sacchi la produzione brasiliana stimata per la campagna 2007/08) è di gran lunga il più importante coltivatore per il quantitativo prodotto.

Volendo usare una similitudine, il Brasile può tranquillamente figurare come il tronco di un albero sul quale si ramificano le fronde costituite dalle altre tipologie ad esso miscelate. Così, le diverse tipologie di caffè brasiliano legano bene con tutte le altre origini. Dominante è la classificazione del caffè Santos, dal nome del porto d’imbarco. Per la verità potremo trovarne altri, anche se meno apprezzati in Italia: avremo il Rio, Minas, Victoria, Paranà, Bahia. Ciascuno prende il nome dalla località o dallo stato in cui hanno origine.

L’IMPORTANZA DEL ROBUSTA

Ma non solo Arabica, anche il caffè Robusta presenta aspetti interessanti. Molti paesi produttori di Robusta basano gran parte delle loro esportazioni su questo piccolo seme. Cosicché esso costituisce elemento essenziale nell’economia nazionale: così l’Uganda, la Costa d’Avorio, il Congo, il Madagascar e via elencando. Grossissimi produttori di Robusta (oltre allo stesso Brasile) li troviamo nel sud-est asiatico: Vietnam e Indonesia in testa. Solitamente ad essi non vengono associati valori qualitativi elevati.

E’ da dire però che non si può assolutamente generalizzare. La maggior parte di essi vengono processati a secco, ottenendo un chicco naturale con pezzature varie e, spesso, disomogenee in maniera non sempre accurata. Anche gli stessi chicchi sono di colore mescolato con variazioni molto spiccate. La scelta nei paesi d’origine lascia a desiderare per cui, avviene che in Italia operano società all’uopo attrezzate, che provvedono alla loro cernita. La faccia piana del chicco presenta un solco stretto con una fibra molto compatta. Il colore è marroncino-grigio plumbeo. In genere, il mercantile diretto in Europa viene meglio curato, riuscendo a spuntare prezzi più remunerativi per i “campesignos”. Vi sono però dei caffè Robusta di tutto rispetto che competono con gli Arabica: che dire degli indonesiani Giava e AP, gli indiani Kappi Royal e monsonati e, in genere, gli handpicked? In certi casi si trovano in commercio addirittura caffè selezionati con particolare cura fino ai triplepicked, particolarmente selezionati.

Come si comprende, sono diversi i metodi di classificazione del coloniale. Ogni paese ha affinato una propria pratica differente uno all’altro. Lo standard più completo è quello brasiliano al quale si sono rifatti la maggioranza degli altri. Esso prevede una distinzione attraverso i seguenti parametri: provenienza, tipo, annata di raccolto, descrizione e qualità della grana, colore sul crudo, tostatura, analisi sensoriale gusto-olfattiva (cup-tasting). Questi aspetti vengono analizzati sia all’origine, attraverso la figura del classificador, sia nei paesi di consumo, con i propri esperti assaggiatori, una specie di sommelier del caffè. Si tratta di figure professionali in grado di valutare le diverse tipologie di caffè e definirne la qualità intrinseca.

LA MISCELA

Vi è poi l’arte e l’abilità nel realizzare un prodotto finito: la miscela, che non prescinde dalle conoscenze tecniche della materia. Da sempre tale primario compito è affidato al torrefattore, figura questa, per nulla secondaria nell’anello che compone la commercializzazione del caffè dal campo alla tazzina. A lui spetta la scelta della materia prima, la cottura e la ricetta e conseguente miscelazione dei chicchi. Il prodotto finito deve presentarsi con costanza gusto-olfattiva, acciocché il cliente finale possa ritrovare le proprie desiderate caratteristiche, nonostante esso sia un prodotto della natura e, pertanto, soggetto a fluttuazioni qualitative. Per far ciò è proprio indispensabile possedere una certa maestria. Solo potendo fruire di più di un’ampia gamma di derrate egli può giungere ad una resa finale della miscela con caratteristiche sensoriali sempre costanti a beneficio dei palati più attenti ed esigenti.

Convenzionalmente, l’espresso è stato indicato quale fattore economico di un bar. Esso dà il polso del valore intrinseco di un pubblico esercizio, indice di un certo movimento di clienti. Tutto ciò a spiegare quanta possa essere l’importanza del caffè espresso e della materia prima che porta ad esso. Sono tali e tanti i paesi con le loro tipologie e caratteri sensoriali che sarebbe necessario un dossier molto più dettagliato. Certamente un approfondimento potrà avvenire attraverso la personale applicazione ad una materia che sta inserendosi a pieno titolo nei prodotti definiti fra quelli tipici nazionali. Così, anche il torrefatto italiano si sta ritagliando sempre più uno spazio importante fra i “made in Italy”

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