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In un recente articolo su La Repubblica del 19.12.14 a cura di Paolo Griseri viene condotta una analisi critica sulla concentrazione dell’industria alimentare nel mondo. Secondo il quotidiano romano sono 10 i grandi signori dell’industria alimentare: 450 miliardi di dollari di fatturato annuo e 7.000 miliardi di capitalizzazione, l’equivalente della somma del PIL dei paesi più poveri della Terra. “I 500 marchi riconducibili ai dieci signori della tavola — spiega Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia — sono spesso vissuti dai consumatori come aziende a sé stanti. In realtà fanno parte di multinazionali in grado di condizionare non solo le politiche alimentari dell’Occidente ma anche le politiche sociali dei paesi più poveri”.

Provando a metterli in fila per fatturato, la multinazionale svizzera Nestlé è di gran lunga più grande (90,3 miliardi di dollari) della seconda classificata, l’americana Pepsico (66,5 miliardi di dollari di bevande & food ). Seguono l’anglo-olandese Unilever (60 miliardi di dollari), l‘americana Mondelez ex Kraft (55 miliardi di dollari) e l’americana Coca Cola, ferma a 44 miliardi di dollari di fatturato (concentrato però solo sul settore delle bevande analcoliche). Nelle posizioni successive si collocano altre tre multinazionali americane: Mars (33 miliardi $), General Mills (18 miliardi $) e Kellogs (13 miliardi $); nella top ten si colloca anche l’inglese Associated British Food (13 miliardi di sterline) e la francese Danone (21 miliardi di euro). ). In questa classifica non sono stati inseriti alcuni grandi gruppi nel settore delle bevande alcoliche, come la multinazionale belga AB Inbev (fatturato di 45 miliardi $ nel settore birrario), la multinazionale anglo sud africana SabMiller (34 miliardi di $ nel settore birre e altre bevande), la multinazionale britannica Diageo (fatturato di 11 miliardi di sterline nel settore spirits) .

L’Italia è certamente uno dei Paesi del mondo dove il rischio della concentrazione dei produttori di alimenti è meno forte. L’elenco di quelle principali dice che siamo ben al di sotto del livello dei colossi mondiali. L’unica che si avvicina per fatturato è la Ferrero, con 8,1 miliardi di euro di ricavi annui, circa 10 miliardi di dollari, poco meno dei 13 miliardi della Kellogg’s. Le altre sono molto più indietro. La Barilla fattura 3,5 miliardi di euro ed è limitata dal fatto di avere come business un prodotto molto connotato localmente come la pasta. Si contano sulle dita di una mano le altre italiane sopra il miliardo di fatturato: Parmalat gruppo Lactalis (5,3), il gruppo Cremonini (3,5), Veronesi (2,8 miliardi €), Perfetti (2,4 miliardi €), Campari (1,5 miliardi €), Amadori (1,3), Lavazza (1,3), Conserve Italia (1). Immediatamente sotto il livello del miliardo ci sono Acqua San Benedetto, Galbani (gruppo Lactalis) e Granarolo ed inoltre le filiali italiane della Nestlè (Nestlè Italiana e Sanpellegrino), Mondelez ex Kraft, Coca-Cola HBC e Unilever

+info: www.repubblica.it/salute/alimentazione/2014/12/19/news/i_padroni_del_cibo-103273466/?ref=HREC1-6

graphic-300dpi-illustrator-english

(per scaricare la mappa in grande delle multinazionali del settore alimentare nel mondo, elaborata da Oxfam: www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2013/02/graphic-300dpi-illustrator-english.jpg )

 

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