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Tempo di bilanci per il Gruppo AB InBev, il più grande produttore mondiale di birra che nel 2020 ha visto un utile netto di 3,8 miliardi di dollari, dimezzato rispetto al 2019, riportando un calo delle vendite del 2020 inferiore alle previsioni, da imputare al calo dei consumi provocato dalla pandemia di Covid-19. Il colosso proprietario di marchi iconici come Budweiser, Stella Artois e Corona presentando i dati giovedì 25 febbraio ha comunicato che i ricavi escludendo l’impatto di acquisizioni e cessioni, sono scesi del 3,7% a 46,9 miliardi di dollari, grazie a prezzi di vendita più elevati e nel quarto trimestre è anche aumentato del 4,5% per effetto di una ripresa dei volumi. L’Ebitda e’ in calo del 13% a 17,3 miliardi di dollari, i volumi nel 2020 sono diminuiti del 5,7%.

 

In un anno estremamente impegnativo, i nostri team sono stati all’altezza- ha dichiarato Carlos Brito, CEO AB InBev- Abbiamo terminato l’anno con uno slancio nella nostra chiave mercati facendo leva sui nostri punti di forza fondamentali come azienda e cogliendo i vantaggi degli investimenti che abbiamo da diversi anni nel nostro portafoglio e piattaforme in rapida crescita, come BEES e Zé Delivery. Noi siamo ora più strettamente connesso che mai agli oltre 6 milioni di clienti e ai 2 miliardi di consumatori che serviamo in tutto il mondo attraverso la nostra chiara strategia commerciale, il processo di innovazione rinnovato, le piattaforme digitali e la continua operatività eccellenza”.

Il gruppo ha spinto al rialzo i volumi di birra venduta dell’1,6% nell’ultimo trimestre dell’anno, con segnali di ripresa che AB InBev si aspetta anche nel 2021 con vendite e profitti migliori, segnalando che la pressione sui margini continuerà grazie all’aumento dei prezzi delle materie prime e all’aumento del costo degli imballaggi per le bevande consumate a casa. Analizzando i dati, i volumi di bevande sono diminuiti in tutte le regioni del mondo nel 2020 ad eccezione del Cetro e Sud America con performance in rimbalzo in mercati chiave come Brasile e Messico nel quarto trimestre, mentre l’Europa e l’Asia particolarmente colpite, per un volume delle bevande vendute diminuito del 5,7%.

AB InBev guarda con interesse i nuovi trends del beverage che hanno visto mutare le abitudini dei consumatori acquistando più birra online, riducendo l’impatto delle chiusure di bar e pub sulle vendite. Le vendite digitali dirette di birra ai consumatori costituivano già una parte significativa dei ricavi in ​​Brasile, un fenomeno in crescita anche in altri paesi. Giovedì 25 febbraio le azioni del gruppo hanno ceduto oltre il 5%, secondo gli analisti un calo dovuto alle preoccupazioni sui margini e al fatto che i guadagni per il 2020 sono stati sostenuti da un credito d’imposta in Brasile.

La risposta dell’azienda alla pandemia è stata complicata da un onere del debito che risale all’acquisizione di SABMiller nel 2016. L’indebitamento netto è sceso del 13,4% a 82,7 miliardi di dollari nel 2020, in parte grazie alla vendita di una filiale australiana, ma il rapporto dell’indebitamento finanziario netto al reddito prima di interessi, tasse, deprezzamento e ammortamento è aumentato da 4 volte a 4,8 volte. AB InBev vuole ridurre la cifra a 2 volte e lo scorso anno ha raccolto altri 3 miliardi di dollari attraverso la vendita di una quota di minoranza nelle sue operazioni di container metallici negli Stati Uniti. “Daremo priorità al rimborso del debito al fine di raggiungere questo obiettivo”, ha affermato la società. A differenza di altri competitor nel settore birraio, per AB InBev non ci sarebbero in previsione tagli di posti di lavoro su larga scala, come affermato dal Ceo Brito.  Dopo aver abbassato il dividendo provvisorio nel 2020, la società ha dichiarato che avrebbe pagato un dividendo per l’intero anno di € 0,50 per azione, in calo del 50% rispetto all’anno precedente.

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