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È un Natale amaro quello che si prospetta per i produttori di chinotti, cedrate, aranciate e la filiera intera che, nonostante l’appello unitario del mondo agricolo, industriale, del commercio, rappresentanti dei lavoratori, non hanno visto alcun intervento nella Manovra di Bilancio per fermare l’entrata in vigore della nuova tassa a luglio 2025. La “Sugar tax” è un’imposta gravosa per cittadini e imprese che provocherebbe l’aumento del 28% della fiscalità su un litro di bevanda rinfrescante, anche quando priva di zucchero.

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Dopo l’appello inviato dall’intera filiera agroalimentare, c’è sconcerto a fronte anche delle dichiarazioni autunnali di alcune forze di maggioranza e opposizione sull’esigenza di un intervento sulla Legge di Bilancio e agli impegni dichiarati nelle ultime settimane su un prossimo intervento nel c.d. Milleproroghe: le promesse politiche degli ultimi mesi non si sono ad oggi tradotte in segnali concreti.

Giangiacomo Pierini, Presidente di ASSOBIBE

«Auspichiamo che l’assenza di misure correttive nella bozza del testo del Milleproroghe approvato dal Consiglio dei Ministri sia solo un “inciampo”», ha commentato Giangiacomo Pierini, Presidente di ASSOBIBE. «La Sugar tax colpisce un settore già profondamente impattato da inflazione e aumenti dei costi di materie prime. È questa la ricetta per proteggere il Made in Italy? Più tasse e più burocrazia significano meno investimenti nel Paese e non è ciò di cui hanno bisogno le imprese. Chiediamo al Governo segnali concreti: abbiamo bisogno di misure che incentivino la crescita e tutelino il mercato, non che danneggino un comparto che esprime nel nostro Paese un alto valore sociale ed economico.»

Secondo ASSOBIBE, infatti, l’entrata in vigore della Sugar tax provocherebbe un freno degli investimenti per oltre 46 milioni di euro, un calo degli acquisti di materia prima di oltre 400 milioni di euro e un taglio del 10% del fatturato in un settore già in difficoltà, riducendo di conseguenza attività e investimenti in Italia (-12%). Senza dimenticare l’impatto sulla burocrazia, con centinaia di nuove procedure aziendali, e sull’occupazione: si stimano oltre 5.000 posti di lavoro a rischio, con evidenti ricadute negative anche sulle comunità locali.

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Una nuova tassa che, nei paesi dove è stata introdotta, non ha apportato significativi benefici alla salute dei consumatori. In Italia, dove i consumi di bevande sono tra i più bassi d’Europa, l’84% degli italiani non beve bevande gassate zuccherate e i soft drink rappresentano solo lo 0,9% dell’apporto calorico quotidiano negli adulti. Inoltre, anche nei Paesi dove è stata introdotta, i trend di obesità sono rimasti in crescita (dati OMS). Per questo, diversi Stati in tutto il mondo hanno iniziato a eliminarla (Islanda: 2000; Danimarca: 2016; Australia: 2018; Norvegia: 2021; Israele: 2022). Persino la Commissione europea ha ribadito che tale tassa potrebbe non avere effetti su sovrappeso e obesità.

+ info: www.assobibe.it/

Scheda e news:
ASSOBIBE Associazione Italiana Industria Bevande Analcoliche

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2 Commenti

  1. Nessuno ha mai sostenuto che queste bevande siano sane, quindi un aumento di prezzo probabilmente aiuterà la riduzione dei consumi. Cosi è stato per altri prodotti non salutari. I bilanci dei produttori , multinazionali in primis, saranno comunque rispettabili, non ho dubbi

    • Il problema è che sono tassate anche la maggior parte delle bevande senza zucchero. Tra l’altro, l’Italia è uno dei paesi europei dove il consumo di queste bevande è il più basso e non c’è emergenza sanitaria legata al consumo. I produttori di bevande si sono impegnati a offrire prodotti sempre più salutari. Ci sono tanti alimenti che contengono zucchero, che fanno ingrassare e non sono salutari, come merendine industriali, cibi fritti, salumi e cibo spazzatura di bassa qualità, che non sono tassati. Questo penalizza un comparto produttivo importante. Inoltre, molte multinazionali del settore hanno stabilimenti in Italia, e il rischio è di far chiudere le fabbriche, causando la perdita di posti di lavoro per gli italiani. Sempre più spesso, mi capita di vedere prodotti di marchi noti realizzati nei paesi dell’Est Europa: un segnale preoccupante per la nostra economia….

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