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Secondo l’ultimo report annuale pubblicato da Assobirra nel 2015 i consumi della birra in Italia sono stati pari a 18.726.000 ettolitri: quasi 1 milione di litri in più rispetto ai 17.755.000 del 2014.

 

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Un aumento, spiegano gli esperti, dovuto in sostanza all’eccezionale andamento climatico dello scorso anno, con un’estate particolarmente calda (la terza più calda dal 1800 ad oggi, secondo i meteorologi) che ha favorito la domanda.

Il consumo pro capite si è attestato a 30,8 litri rispetto ai 29,2 litri del 2014. Se però si considera il trend storico, si vede come i consumi di birra in Italia presentino da un decennio un andamento sostanzialmente piatto: nel 2007 il consumo pro capite annuo aveva toccato il valore record di 31,1; con l’inizio della crisi economica nel 2008 quel valore non è stato ancora recuperato.

Guardando poi al panorama europeo, l’Italia insieme con la Francia continua ad occupare l’ultimo posto nella graduatoria dei consumi tra i Paesi UE, con un valore pari a meno della metà della media UE (quasi 70 litri) e da 3 a 5 volte inferiore a quello dei Paesi in testa alla classifica:

…Repubblica Ceca (143 litri),
…Germania (107),
…Austria (105),
… Irlanda (81).

CONSUMI: ANCORA PIÙ DOMESTICI E A BUON MERCATO

Nel 2015, malgrado i primi timidi segnali di ripresa del mercato, risultano confermati due fenomeni, già segnalati negli anni precedenti, che testimoniano il perdurare della tendenza al risparmio degli italiani negli acquisti di birra.

Una tendenza provocata, da una parte, dalla lunga crisi economica dalla quale il Paese cerca faticosamente di uscire e, dall’altra, dal forte aumento del carico fiscale subito dalla birra a partire da ottobre 2013.

• La prevalenza del consumo in casa rispetto a quello fuori casa. I consumi di birra Fuori Casa (On Trade) sono stati pari al 41,5% del totale, diminuendo di oltre 1 punto percentuale rispetto al 2014 (42,6%), con il restante 58,5% rappresentato dagli acquisti nella distribuzione moderna e tradizionale (Off Trade), pari l’anno scorso al 57,4%.

È la conferma di un trend in atto da quasi un decennio: nel 2007, ultimo anno prima della crisi, i consumi in bar, ristoranti, pub, ecc. erano pari al 45,5%, quelli domesticial 54,5%.

• La preferenza dei consumatori verso i prodotti più economici. Nel 2015 le Specialità (il segmento più di nicchia, e dunque il meno esposto alle variazioni di prezzo) hanno sfiorato il 14%. In testa il Main Stream, con il 49,1%, seguito da Premium (26,2%), Private Label (7,5%), Economy (1,5%) e Analcoliche (1,7%). L’analisi del trend storico mostra la modifica delle abitudini di acquisto degli italiani: rispetto al 2008, il settore più penalizzato è il Premium, che in sette anni ha perso oltre il 20% di quota di mercato. Stabile il Main Stream, che continua a rappresentare la metà del totale.

Bottiglie

L’OCCUPAZIONE DELLA FILIERA È FERMA DA TRE ANNI. UNICO DATO POSITIVO LA VITALITÀ DEI MICRO BIRRIFICI

Nel 2015 l’occupazione complessiva nella filiera birraria è stata di 137.000 unità, fra addetti diretti (5.350), indiretti (17.400) e indotto allargato (114.250). Da ricordare che nel 2012 il numero complessivo di addetti ammontava a 144.000. In tre anni dunque il calo è stato del -5%. Da segnalare comunque una lieve ripresa, soprattutto nell’occupazione diretta (gli addetti nel 2014 erano 4.950) e in quella indiretta (17.200). Il fenomeno va attribuito in larga parte alla perdurante vitalità mostrata dai micro birrifici italiani, la novità più significativa del settore birrario dell’ultimo decennio: il numero di queste realtà imprenditoriali, in gran parte giovanili e ad alta intensità occupazionale, è quasi quintuplicato dal 2008 al 2015, passando da 113 a 524 unità, e nell’ultimo anno ha registrato una ulteriore crescita (+18%) rispetto al 2014.

IMPORT-EXPORT: IL SALDO COMMERCIALE NEGATIVO È AL MASSIMO STORICO

Nel 2011 la birra italiana aveva raggiunto il record storico dell’export, con quasi 2,1 milioni di ettolitri. Quest’anno quel risultato è stato ulteriormente migliorato, con quasi 2,3 milioni di ettolitri esportati. Purtroppo, però, anche le importazioni hanno toccato il massimo storico, sfiorando i 7 milioni di tonnellate. Massimo storico, dunque, per il saldo negativo della bilancia commerciale della birra, impennatosi a -4.711.000 ettolitri di birra, rispetto ai -4.208.000 ettolitri del 2014 e ai -4.305.000 dello stesso 2011.

In termini di destinazioni, il mercato UE ha assorbito 1,85 milioni di ettolitri di birra prodotta in Italia, con la Gran Bretagna ancora nettamente in testa (oltre 1 milione 100 mila), seguita da Paesi Bassi (200 mila ettolitri), Francia (100 mila) e Germania (40 mila). Fra i Paesi extra-europei in testa rimangono gli USA (196 mila ettolitri), seguiti da Australia e Albania (entrambe con 46 mila). Il principale esportatore di birra nel nostro Paese si conferma la Germania, che sale da 3 a 3,3 milioni di ettolitri (il 47% del totale del totale dell’import italiano), seguita a grande distanza dai Paesi Bassi (9,7%) e dal Belgio/ Lussemburgo (8,9%). Complessivamente dai Paesi UE continua a provenire la quasi totalità (95,7%) delle nostre importazioni.

FONTE: www.ASSOBIRRA.IT

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Annuario Birritalia 2016/17 Beverfood.com Edizioni su dati Assobirra

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