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Da 66 ettari (nel 1992) a 760 (nel 2017), da 16 a 60 produttori imbottigliatori, da 660 mila a circa 2 milioni di bottiglie: sono i numeri del percorso di crescita del Sagrantino. Resi noti dal Consorzio tutela vini Montefalco, alla presentazione delle annate in commercio.

 


 

Crescita “strettamente correlata” – è stato detto – al tasso di occupazione del territorio, che in Umbria si è attestato in media intorno alle 350.000 unità, circa 2.000 in più rispetto ai dodici mesi precedenti. “Nell’ultimo decennio sono state costruite oltre trenta nuove cantine, il ché equivale alla creazione di nuovi posti di lavoro: 3% in più nell’area, soprattutto per i giovani” ha spiegato il presidente del Consorzio Amilcare Pambuffetti.

 

 

Stando alle stime del Consorzio tutela vini Montefalco, che riunisce 231 soci di cui 60 cantine, il 16,7% della produzione di vino in Umbria è costituita dalle denominazioni Montefalco (6,3% di Montefalco Sagrantino Docg e 10,4% di Montefalco Doc) per un totale di 5 milioni di bottiglie prodotte nel 2016 (2 milioni circa di Sagrantino). Il settore vitivinicolo rappresenta una delle più importanti filiere del sistema agroalimentare umbro: la superficie vitata della Regione, 13mila ettari circa, pari all’1,9% di quella nazionale, conta 21 denominazioni di origine. Due di esse, la Docg Sagrantino e la Doc Montefalco, sono racchiuse nei mille ettari vitati del comune di Montefalco e parte dei territori di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria.  Lo scorso anno, il 70% della produzione – è detto ancora nella nota del Consorzio – è stata destinata all’export principalmente verso Stati Uniti (26%), Germania (10%) e Cina (8%) che si sono confermati i maggiori estimatori, e in quota minore, verso Svizzera (4%), Inghilterra (5%), Danimarca (2%), Giappone (4.5%), Canada (4%), Olanda (4%) e Belgio (4%).

 

 

Una commissione tecnica composta dagli enologi delle cantine di Montefalco ha tra l’altro assegnato tre stelle all’annata 2014 del Sagrantino Docg per “l’oculata gestione agronomica dei vigneti“. “Le annate 2014 e 2017 sono la fotografia di un profondo cambiamento climatico in atto sul pianeta, una trasformazione che rappresenta per il viticoltore una sfida molto complessa” ha spiegato l’enologo Stefano Chioccioli. “Nel prossimo futuro – ha aggiunto – l’acqua sarà il fattore discriminante per la viticoltura nel centro sud Italia e sarà necessario avviare una stretta collaborazione tra agricoltura e politica per avviare importanti processi di riduzione dell’impatto ambientale a salvaguardia delle riserve idriche”.

 

Fonte: www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/vino/index.shtml

 

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