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Il recente clima di tensione commerciale tra Stati Uniti ed Europa, innescato dalle dichiarazioni e dalle minacce tariffarie di Donald Trump, sta scuotendo profondamente il settore degli alcolici. Molti analisti ritengono che le decisioni aggressive del presidente americano, Trump, siano la causa principale dell’escalation tarrifaria, che potrebbe portare a dazi fino al 200% su vini e altri prodotti alcolici europei.
In un contesto, infatti, in cui le relazioni transatlantiche sono state storicamente basate su benefici reciproci, la posizione intransigente di Trump rischia di compromettere filiere produttive, investimenti e migliaia di posti lavoro da entrambe le parti.

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Il 12 marzo 2025 a Roma, Federvini, la principale associazione italiana dei produttori di vini e spiriti, insieme alla CEEV (Confederazione Europea degli Esportatori di Vino) ed a spiritsEUROPE (Organismo Rappresentativo a Livello Europeo in merito all’industria degli alcolici), ha lanciato un appello urgente alle Istituzioni Europee. L’obiettivo è chiaro: escludere vini e spiriti dalle contromisure tariffarie che rischierebbero di aggravare ulteriormente una disputa commerciale innescata dalle misure adottate da Washington.

La Presidente di Federvini, Micaela Pallini, ha ricordato come il settore dei liquori italiani abbia già subito gli effetti drammatici dei dazi imposti tra il 2019 e il 2021 ed ha sottolineato l’importanza di un dialogo costante con gli Stati Uniti per evitare che prodotti di eccellenza diventino pedine in una negoziazione commerciale che riguarda questioni ben diverse.

Ma le voci di Federvini non finiscono qui: proprio ieri sera, durante la puntata di Porta a Porta, in un’intervista condotta da Mauro Giliberti e Pietro Durante, Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vini di Federvini, ha espresso in diretta le preoccupazioni della filiera:

“La risposta di Trump, con possibili dazi fino al 200%, desta allarme nell’intera filiera produttiva. Minacce come queste rischierebbero di bloccare le esportazioni verso gli Stati Uniti, il nostro principale mercato, e aprire lo scenario a una concorrenza sfrenata da vini del Nuovo Mondo, ha dichiarato con fermezza, evidenziando l’urgenza di trovare soluzioni condivise per salvaguardare il patrimonio produttivo italiano ed europeo. E aggiunge:

“Le minacce in atto fanno paura al vino italiano ed europeo, e sollevano preoccupazioni a livello geopolitico. Sembra una follia: dobbiamo aspettare per vedere se queste minacce si concretizzeranno, soprattutto perché ieri la Commissione Europea ha annunciato i suoi dazi. È come un gioco al massacro, volto solo a spaventarci, ed è irrealistico. Se interrompessero le vendite negli Stati Uniti, non risolverebbe i problemi di produzione o di distribuzione dei vini americani in America, perché il vino non è come i biscotti: non basta avere un mercato più ampio per aumentare automaticamente le vendite“.

Antinori evidenzia come la tensione commerciale non riguarda solo i numeri dei dazi, ma mette a rischio l’intero ecosistema produttivo, dalla filiera al mercato internazionale.

Il 13 marzo 2025, a Bruxelles, spiritsEUROPE, inoltre, ha reagito con un comunicato in cui condanna l’utilizzo degli spiriti come strumento di scambio nelle dispute commerciali, esortando:

“Questo ciclo di ritorsioni deve finire ora! Esortiamo entrambe le parti a smettere di usare il nostro settore come merce di scambio nei conflitti che non hanno nulla a che fare con noi”.

Contemporaneamente, la Commissione Europea- come anticipato da Albiera Antinori- ha annunciato il ripristino delle misure del 2018 e del 2020, che potrebbero applicare tariffe fino al 50% sul whiskey statunitense. Perdipiù, ha avviato una consultazione pubblica, valida fino al 26 marzo, per definire una seconda ondata di contromisure contro oltre 18 miliardi di euro di esportazioni statunitensi.

Queste mosse, unite alle dichiarazioni di Federvini, sottolineano come la crisi stia creando incertezze che si riflettono direttamente sui mercati internazionali e sulla stabilità delle filiere.

ANCHE LA BIRRA NEL MIRINO DELLE RITORSIONI TARIFFARIE

Non solo vini e liquori, ma anche la birra risulta finita nel mirino delle ritorsioni tariffarie. The Brewers of Europe, Associazione di riferimento per l’Industria Birraria Europea,  ha espresso il proprio dissenso per l’inclusione della birra nelle misure di controbilanciamento, sottolineando che questo prodotto – simbolo di tradizione, comunità e sostenibilitàrappresenta un pilastro fondamentale per l’economia di numerosi paesi.

Secondo l’associazione, usare la birra come leva negoziale potrebbe innescare una spirale di tensioni con ripercussioni che andrebbero ben oltre il settore degli alcolici.

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LE RIPERCUSSIONI DELLE MISURE DI TRUMP: impatti economici, occupazionali e finanziari

In sintesi, le misure adottate da Trump si inseriscano in un complesso scenario di ritorsioni tariffarie che rischia di compromettere:

  • L’interdipendenza economica: le filiere integrate tra aziende italiane, europee e statunitensi potrebbero subire effetti a catena se l’equilibrio commerciale venisse interrotto;
  • Il rischio per l’occupazione: migliaia di posti di lavoro sono a rischio, dimostrando che la crisi tocca non solo i bilanci commerciali ma anche il tessuto produttivo e sociale;
  • L’instabilità finanziaria: le oscillazioni nei mercati azionari, con perdite significative per i titoli dei principali produttori, sono un chiaro segnale dell’impatto dell’incertezza commerciale sulla stabilità economica.

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Come è oramai evidente, dunque, le tensioni transatlantiche, alimentate dalle politiche di Trump, continuano a crescere. Le istituzioni europee e americane sono chiamate a trovare un terreno comune che escluda prodotti di alta tradizione – vini, liquori e birra – dalla logica delle ritorsioni commerciali, al fine di proteggere la competitività delle filiere produttive e mantenere un rapporto commerciale che ha sempre apportato benefici reciproci.

Ma la domanda rimane:

Sarà possibile contenere le conseguenze delle misure di Trump e trovare un compromesso che salvaguardi il patrimonio produttivo italiano ed europeo, o il settore degli alcolici diventerà il prossimo campo di battaglia in una guerra commerciale globale?

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