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Colloqui finalizzati
con il management aziendale

a cura della Redazione Beverfood News

 

SOMMARIO: Colloquio con Dino Zanette, direttore del laboratorio R&S di PET Engineering – Colloquio con
Paola Tamagnone, direttrice della Ricerca e Sviluppo di PET Engineering – Infoflash PET Engineering

Riferimento temporale: febbraio 2008

Dino ZanetteL’intensa attività di Ricerca e Sviluppo è sempre stata alla base dell’attività di PET Engineering che si è affermata a livello internazionale grazie alla capacità di fornire soluzioni fortemente innovative, in termini di conservazione e protezione del prodotto, di macchinabilità del contenitore e di appeal di marketing, secondo le specifiche esigenze dei clienti.
Ne parliamo con Dino Zanette, direttore del laboratorio R&S di PET Engineering.

www.petengineering.cominfo@petengineering.com

Quali sono le principali direttrici lungo le quali si muove il laboratorio da lei diretto?

Anzitutto bisogna sottolineare che la nostra attività di ricerca può muovere o dalle necessità espresse da clienti e mercati, oppure può svilupparsi autonomamente allo scopo di anticipare le richieste. Il primo caso dà luogo ai risultati più immediati e tangibili. Il secondo prevede ricerche d’avanguardia che riguardano sia i materiali, sia i prodotti. PET Engineering, per esempio, sta studiando particolari soluzioni per i superfruits o i drink a base di soia, ma anche per la birra e il vino.

Il nome PET Engineering circoscrive il vostro ambito oppure lavorate anche su altri materiali?

È vero, PET Engineering è nata con lo scopo di ingegnerizzare contenitori in PET però con gli sviluppi di prodotti alternativi, in particolar modo quelli biodegradabili come il PLA, e visto l’incremento della sensibilità dei consumatori nei confronti dell’ambiente, la Ricerca e Sviluppo si sta muovendo anche in questo settore.

Il PLA può effettivamente essere un sostituto del PET?

È necessario interrogarsi sulle possibili alternative del PET sia per limitare l’impatto ambientale che questo inevitabilmente implica, sia per sviluppare soluzioni tecnicamente più performanti. Al momento il PLA l’acido polilattico, estratto da sorgenti rinnovabili attraverso la fermentazione dello zucchero contenuto nel mais e di altri componenti, presenta alcuni innegabili vantaggi come la biodegradabilità e la maggiore economicità; richiede infatti una pressione di soffiaggio ridotta rispetto al PET, così come una temperatura inferiore di processo e produzione delle preforme.

Va però sottolineato che a oggi può essere facilmente utilizzato per applicazioni quali il dairy, il latte fresco o l’olio di semi, mentre per prodotti di altro genere (CSD o a shelf life lunga) risulta meno affidabile rispetto il PET. Il PLA ha infatti una minore proprietà barriera ai gas e all’umidità oltre che un’inferiore resistenza termica, risulta pertanto difficile garantire shelf-life elevate senza aggiungere additivi che comunque vanno ad inficiare la biodegradabilità
del materiale.

Come conciliare, quindi, la sfida ambientale con quella delle performance tecniche?

È indispensabile proseguire con una ricerca serrata sui materiali alternativi e sulle nuove tecnologie barriera; il nostro laboratorio oltre a lavorare su questi fronti, ha spesso dato risposte concrete sviluppando progetti di lightweighting sempre più evoluti: dalla monodose da 9.8 grammi per acqua e vino fino a quella da 5 grammi per il dairy; tutti questi contenitori vengono sviluppati da PET Engineering mantenendo – in accordo con il cliente – un’attenzione costante nel ridurre l’impatto ambientale delle confezioni.

L’attività di lightweighting, sulla quale si è concentrata buona parte della ricerca PET Engineering, ha già permesso una sensibile riduzione dei consumi di materia prima. Si stima che i nostri progetti abbiano ridotto mediamente del 5% il peso medio dei contenitori rispetto alle soluzioni precedenti sul mercato. Questo si è tradotto in un risparmio indicativo di 35 mila tonnellate globali di materia prima; una cifra che continua ad aumentare considerando che con i progetti di lightweighting sempre più evoluti sviluppati da PET Engineering nell’anno in corso si ridurrà di 15 mila tonnellate il PET utilizzato. Questo implica da un lato un risparmio per l’imbottigliatore che nel giro di un anno riesce sempre a
rientrare del suo investimento, dall’altro, è evidente la riduzione dell’impatto sull’ambiente. Questa strada, affiancata alla ricerca su nuovi materiali e nuove tecnologie e unita alle migliori efficienze produttive degli impianti è il giusto connubio per poter dare risposte tangibili sia nel breve, sia nel lungotermine.

Paola TamagnoneL’intensa attività di PET Engineering ha trovato negli ultimi anni uno dei suoi punti nodali nello sviluppo packaging per alimenti sensibili. In particolare, accanto a succhi e dairy, la ricerca dell’azienda italiana ha trovato applicazione soprattutto nel settore delle birre e, recentemente, del vino, bevande che richiedono una particolare attenzione in termini di proprietà barriera per garantire una shelf life ottimale. Ne discutiamo con Paola Tamagnone, direttrice della Ricerca e Sviluppo di PET Engineering,

 

Tecnicamente, cos’è cambiato in questo periodo?

Se in passato le bottiglie erano realizzate con preforme in PET al 100%, negli ultimi tre anni sono aumentate le richieste di contenitori barriera soprattutto da parte dei premium brand che mirano a garantire una crescente qualità tecnica del packaging. Per questo, PET Engineering ha sviluppato soluzioni che utilizzano tecnologie multistrato e blend di materiali diversi.

Nel primo caso, più materiali sono iniettati parallelamente e simultaneamente andando a formare unastruttura a strati che possono essere di PET di colore diverso, oppure possono essere costituiti diPET/nylon con scavengers/PET per vino, birra e succhi. Nel caso dei blends, invece, si ha una struttura monostrato, nella quale i materiali barriera sono
addizionati al PET durante l’iniezione. Le attuali tecnologie barriera presenti sul mercato possono essere adattate alle necessità dei diversi prodotti alimentari e a quelli del cliente, per questo ci confrontiamo costantemente con i più importanti fornitori e le più evolute tecnologie allo scopo di ottenere contenitorisempre più performanti.

Quali sono le caratteristiche da considerare per definire il miglior pack?

Vanno anzitutto considerate le caratteristiche intrinseche: la sensibilità all’ossigeno, alla luce, alle radiazioni UV, la shelf-life richiesta dal cliente e la quantità di ossigeno disciolto al momento dell’imbottigliamento, oltre all’eventuale presenza di vitamine o di altri composti sensibili all’ossidazione. Allo stesso modo, è poi necessario tenere conto, in modo combinato, anche dei parametri esterni relativi al tipo di riempimento, alla catena distributiva, alla temperatura, al paese di distribuzione e alla dimensione stessa del contenitore. Tutte queste variabili vanno a costituire le basi sulle quali sviluppare il packaging.

Definiti i paletti tecnici, come procedete?

Il passo successivo è il disegno, tramite software sofisticati, della preforma e della bottiglia, simulandone
con precisione le proprietà-barriera all’ossigeno e alla perdita di anidride carbonica, fino a determinarne
la shelf-life. In base alle necessità, poi, optiamo per barriere attive o passive come i sistemi di coating, le preforme
multilayer o i blends-materials.

Cosa si intende per barriera attiva e passiva?

La barriera passiva fa riferimento a un blocco di tipo fisico; è rappresentata da un aumento delle performance del materiale senza un’interazione chimica del materiale stesso con l’ossigeno che entra nel contenitore. La barriera attiva si ha invece quando il materiale reagisce attivamente e chimicamente con l’ossigeno. Attraverso questi passaggi PET Engineering definisce dunque il progetto del contenitore.

Definiamo i paletti tecnici sui quali andrà disegnato il contenitore. Da questi passiamo poi alla fase di design. Durante questo passaggio ci confrontiamo con esigenze diverse, in un colloquio costante con i reparti marketing delle diverse aziende per arrivare alla soluzione migliore anche in termini di immagine eappeal visivo.

Quali sono le vostre ultime novità per bevande sensibili come vino e birra?

Tra gli ultimi progetti va segnalata la monodose da 100 ml per bevande a base di latte e bevande funzionali, il pack per la birra asimmetrica e la simil vetro per vino da 0,75 litri,.

Moreno Barel.jpgINFOFLASH/PET ENGINEERING

PET Engineering, leader nella progettazione di contenitori in PET per il beverage, offre un servizio qualificato e completo riguardante tutti gli aspetti del processo di industrializzazione della bottiglia: dal progetto alla fornitura dello stampo, dalla prototipazione rapida all’attività di R&S, al training. La forza di PET Engineering, risiede nella consapevolezza delle problematiche tecniche e delle necessità d’immagine legate a ogni contenitore. L’azienda è in grado di supportare l’intero progetto garantendo la qualità delle bottiglie, il design, l’adattabilità degli stampi ai macchinari esistenti, ed il ritorno economico dell’investimento attraverso i risparmi ottenuti con la produzione dei nuovi contenitori. PET Engineering è un interlocutore unico con una concentrazione di professionalità tale da garantire un servizio completo ed efficace per ogni esigenza di plastic packaging. La società ha sede a Via Celtica, 26 Zona Industriale Ungheresca Sud 31020 San Vendemiano (TV) ed è diretta da Moreno Barel (foto a fianco).
+INFO: Tel. +39 0438 403069
Fax +39 0438 408420
info@petengineering.com
www.petengineering.com

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