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Relazione Federvini 2012: export e mercato interno dei vini e spiriti italiani nel 2011


Abstrat tratto dalla Relazione annuale
dell’Assemblea annuale 2012 di Federvini

PREMESSA: il 31 maggio 2012 all’Assemblea annuale di Federvini (Federazione Italiana Industriali Produttori
Esportatori ed Importatori di Vini, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed affini) il presidente della Federazione Lamberto Vallarino Gancia (cfr foto) ha presentato la sua Relazione settoriale. Di seguito vengono pubblicati i due capitoli dedicati specificamente all’export dei vini italiani e al mercato interno.

Riferimento temporale: giungo 2012

L’EXPORT

…..Confermo che ancora una volta quello che il mercato nazionale ci ha negato in termini di soddisfazione sul livello dei consumi – si sono ulteriormente contratti nel 2011 – lo abbiamo trovato invece sui mercati esteri: le nostre esportazioni sono cresciute rispetto al 2010, sia in termini di quantità che di valori. Ma non ci possiamo fermare e dichiararci soddisfatti di quanto conquistato: dobbiamo consolidare le nostre posizioni, dobbiamo ulteriormente crescere nel valore medio delle nostre esportazioni e ve ne è spazio, sia per le caratteristiche intrinseche ed uniche dei prodotti, sia per la qualità delle nostre produzioni, sia per il valore della nostra immagine. E questo successo straordinario lo abbiamo raggiunto nel momento in cui il nostro sistema di sostegno e supporto agli operatori italiani all’estero veniva messo in crisi attraverso la chiusura dell’ICE, da un lato, e la sospensione dell’attività di Buonitalia, dall’altro. Lo abbiamo chiesto in passato e lo chiediamo con maggior vigore oggi: dobbiamo considerare il settore vitivinicolo come una vera e propria attività economica nazionale, che interviene in maniera identica su tutto il territorio nazionale; e con questa filosofia deve essere accompagnata tanto sul mercato interno quanto all’esportazione.

I dati danno credito e sostegno a questa nostra richiesta. Le nostre Aziende sono da sempre impegnate in prima linea per promuovere le loro eccellenze, per far conoscere le ricchezze dei territori e comunicare una passione che ha le sue radici lontane nel tempo. Mai come in questo momento, sentiamo forte l’esigenza di continuare a conquistare più spazio e maggiore visibilità in ambito internazionale: il nostro modo di fare impresa merita nuove opportunità e solo un costante processo di internazionalizzazione, oggi, può offrire queste occasioni utili a sviluppare innovazione e progresso. Nel 2011 l’export dei nostri settori ha rappresentato un vero e proprio cavallo di battaglia. Nonostante la difficile congiuntura internazionale, le variazioni in percentuale rispetto all’anno precedente sono positive: i vini e i mosti registrano un incremento del 12%, i liquori del 13,7% e le acquaviti chiudono il 2011 con una percentuale del+13%; anche gli aceti mostrano valori apprezzabili con un incremento pari all’8,1% in valore e al 9,4% in quantità.

Anche se in diverse proporzioni a seconda dei settori, in Europa la Germania ed il Regno Unito sono i principali importatori dei nostri prodotti. La Germania ha importato vini e mosti per una quantità di poco superiore ai 7 milioni di ettolitri, allo stesso tempo le acquaviti e i liquori hanno mantenuto buone performance per una quantità di poco superiore ai 215 mila ettanidri e gli aceti hanno superato i 200 mila ettolitri. Nel Regno Unito l’Italia ha esportato vini e mosti in quantità poco superiore ai 3 milioni di ettolitri; le acquaviti e i liquori hanno vissuto una leggera flessione nelle quantità ma non nei valori con una variazione di questi ultimi pari al 9,8% e gli aceti hanno registrato una buona tendenza con un +29% in quantità. Invece in ambito extra UE le esportazioni sono concentrate negli Stati Uniti, dove gli spumanti continuano ad essere apprezzati con una variazione percentuale molto brillante in valore (+36,5%) ed in quantità (+24,30%) rispetto al 2010, con promettenti performance in Cina, dove i vini e i mosti hanno raggiunto una quota in valore pari a circa 66 milioni di Euro. Anche in Giappone, che pur ha attraversato un 2011 sconvolgente, si evidenzia un tasso di crescita delle importazioni in quantità di vini e mosti (+17,4%), e degli spumanti (+17,7%). I nostri settori continuano a raggiungere traguardi importanti, ma gli orizzonti sono sempre più ampi, complessi: i risultati ci sono e dimostrano che il nostro tessuto imprenditoriale è vivo, competitivo e determinato a crescere, sostenuto dall’impegno e dalla passione che ogni giorno impieghiamo anche di fronte alle continue sfide. Ma questo non basta!

Vorremmo vedere le Istituzioni più attente alle esigenze delle imprese che intendono accedere ai mercati esteri. È arrivato il momento di scommettere seriamente sul Made in Italy, visto il peso indiscusso che ha nell’economia nazionale, soprattutto, considerando l’impulso che può determinare sullo sviluppo. Gli operatori non hanno modo di dare altre prove della loro volontà di esportare, e di investire sulla internazionalizzazione, ma devono sapere con certezza e senza battute d’arresto che il proprio Paese, con l’attività di Governo, li sostiene, li rappresenta, li difende di fronte ai tantissimi ostacoli tecnici, fiscali, doganali, che incidono sulle correnti di esportazione. La ricostituzione dell’Istituto per il Commercio con l’Estero, ora Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, deve essere un punto di partenza per migliorare i servizi alle imprese. E’ nostro vivo auspicio che questo sia solo il primo di una lunga serie di passi necessari per creare un percorso condiviso anche con il mondo imprenditoriale. Auspichiamo anche una definitiva ragionevole soluzione per Buonitalia il cui valore di professionalità è certamente utile ed importante in questo percorso.

Chiediamo misure tempestive ed efficaci che, da una parte, offrano opportunità alle imprese di conoscenza dei mercati internazionali e, dall’altra, le sostengano con risorse destinate alla promozione: si tratta di uno strumento di vitale importanza per i nostri settori che sono estremamente vocati all’export. È una scommessa che vogliamo vincere! Dobbiamo considerare anche le ulteriori possibilità che possono aprirsi utilizzando e favorendo le forme di aggregazione tra imprenditori che permetterà di amplificare i risultati, unendo risorse ed energie e condividendo allo stesso tempo esperienze e successi. A livello europeo è vivo auspicio che proseguano gli accordi con i mercati dei Paesi Terzi, mi riferisco in particolare ai negoziati con il Mercosur, per tutelare le nostre esportazioni attraverso anche un rispetto reciproco dei principi fissati dall’OMC sulle politiche commerciali, con particolare riguardo alla protezione delle nostre denominazioni ed indicazioni geografiche. Un accenno particolare merita l’ingresso alla fine del 2011 della Russia tra i Paesi aderenti all’Organizzazione Mondiale del Commercio: si tratta di un mercato dove i nostri settori l’anno scorso hanno vissuto un forte rallentamento nelle esportazioni a causa delle complessità burocratiche legate al sistema delle licenze di importazione e di altri ostacoli burocratici doganali, che adesso dovrebbe essere superato grazie al rispetto dei principi di equità previsti dalle regole internazionali per gli scambi commerciali. Nel frattempo, purtroppo, sono nate nuove forti preoccupazioni a causa della proposta di normativa tecnica, penalizzante per molti dei nostri prodotti, penso in primis all’Asti, che il Governo russo sembra essere prossimo ad adottare. Alle differenti definizioni dei prodotti rispetto alle norme comunitarie, si aggiungono previsioni di indicazione in etichetta assai penalizzanti ed obblighi di certificazione da parte di organismi russi per gli stabilimenti di produzione dei prodotti importati sul territorio russo! Infine ricordiamo che sono in corso i negoziati con l’India, dove i nostri prodotti continuano a soffrire per gli ingenti dazi ad valorem all’importazione diversificati in base alle regioni di destinazione: è vivo auspicio che si concludano con delle clausole a favore dell’abbassamento progressivo dei dazi.

Sto facendo esempi concreti per sottolineare quanto potrebbero essere ancor più consistenti i nostri successi: mercati di grandissima rilevanza come quello russo, cinese, indiano, ma anche Paesi come gli Stati Uniti o più recentemente il Brasile, hanno di fatto un sistema che rende complesse le nostre esportazioni molto più di quanto l’Unione Europea non faccia rispetto alle correnti commerciali che arrivano da quei Paesi. Non chiediamo certamente di tornare indietro e di sollecitare la UE ed il nostro Governo ad adottare restrizioni o limitazioni, chiediamo al nostro Governo di riconoscere che questi ostacoli intervengono su un’attività economica nazionale e che pertanto devono essere opposti con fermezza a tutti i livelli, ottenendo un convinto sostegno in primis dall’Unione Europea. E colgo l’occasione per ringraziare la nostra Rappresentanza Permanente presso l’Unione Europea in tutte le sue articolazioni per l’attenzione con cui segue i nostri dossier e riceve ed ascolta i nostri messaggi. Vi è modo di incrementare le nostre esportazioni attraverso una più attenta e consistente attività di rappresentanza degli interessi. Ribadisco che è indispensabile che il nostro Paese offra agli operatori che si trovano sui mercati esteri un sostegno. La nuova Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, che ha preso il posto dell’ICE, ha tutti i numeri e tutte le capacità professionali per poterli affrontare. Ma non può restare sulla carta come lo è in questo momento, deve diventare rapidamente uno strumento di sostegno operativo ed efficiente.

IL MERCATO NAZIONALE

È indispensabile e prioritario ridare fiducia ai consumatori attraverso misure che sostengano lo sviluppo della nostra economia. Gli interventi economici, fiscali e di ridimensionamento della spesa pubblica, ineludibili, stanno consentendo di affrontare la fase acuta e critica della crisi, ma non possono restare gli unici interventi di azione di Governo. Il nostro termometro più immediato sono i consumi nel canale ho.re.ca dove nel 2011 si conferma un dato negativo rilevante e neanche nel periodo delle festività di fine d’anno si è riusciti ad invertire la tendenza. Ad accompagnare questo scenario non brillante abbiamo spesso ascoltato i soliti commenti che confondono il consumo attento e responsabile con quello sbagliato nei tempi e nei modi. I dati che stiamo per presentare nella tavola rotonda consentiranno, ove mai ci fossero stati dei dubbi, ancora una volta di verificare come il consumo prevalente sia un consumo responsabile, come l’impostazione della nostra alimentazione sia un’impostazione basata sulla varietà e sui tanti apporti ed in questo scenario un aperitivo, il vino, un distillato dopo cena continuano a restare un complemento corretto, un complemento possibile che non deve essere messo in crisi da definizioni o affermazioni non corrispondenti e da azioni proibizionistiche che hanno esattamente l’effetto opposto. Il modello italiano conferma la sua correttezza di fondo e la sua coerenza con lo stile e la qualità di vita che ci sono riconosciuti da chiunque scrive dei nostri consumi agroalimentari. Dunque su questi principi e su queste convinzioni continuiamo l’azione di difesa e di rappresentanza dei produttori di vini, di acquaviti, di aperitivi e di liquori, convinti sia della correttezza del messaggio che soprattutto del fatto che è l’unico ragionevole in quanto promuove l’educazione.

Questa continua diminuzione dei consumi di bevande alcoliche, frutto di una congiuntura economica pesante ma anche di un innegabile, progressivo cambiamento degli stili di vita e di alimentazione della popolazione italiana, ha visto l’indice sintetico, che rappresenta il consumo pro capite nazionale di alcol puro, posizionare l’Italia ormai agli ultimi posti tra i Paesi UE, ampiamente sotto la media europea e seguiti solo da Turchia, Macedonia, Islanda e Cipro (dati O.M.S. 2009), mentre per il 2010 le prime elaborazioni indicano un ulteriore calo, che porterebbe l’Italia al terzultimo posto dopo Turchia e Macedonia. Un quadro difficile dunque, che mette a dura prova le pur notevoli capacità delle nostre Imprese. Eppure, nonostante l’evidenza dei numeri, ancora si continua a puntare il dito contro i nostri prodotti, utilizzando nella comunicazione toni e contenuti che sono più appropriati per descrivere stili di consumo e modalità di approccio al mondo delle bevande alcoliche tipici di altri Paesi e culture, completamente differenti dai nostri. Non si pretende di negare che, purtroppo, anche nel nostro Paese si registrino fenomeni di abuso o di consumo sbagliato, ma si tratta di fenomeni in sé circoscritti, con caratteristiche particolari e quasi sempre legate a momenti di passaggio e, soprattutto, in diminuzione. Lo abbiamo detto più volte e in più occasioni, ma lo ripetiamo: si tratta di mode e modelli che proprio in quanto negativi traggono gran parte della loro forza dall’eco mediatica, dal passaparola fuori controllo e dall’inevitabile fascino che il proibito esercita, in un circolo perverso che è interesse nostro, al pari delle Istituzioni, spezzare.

Una comunicazione tutta tesa alla notizia ad effetto, più attenta a sollecitare indignazione che non a stimolare la comprensione dei fenomeni nelle loro dimensioni più complesse e che spesso ha recato grave e ingiustificato pregiudizio ai nostri settori, senza, ed è ciò che è più grave, contribuire a prevenire o a contrastare i fenomeni di abuso. Al contrario, l’effetto più evidente, purtroppo, è stato quello di colpire indiscriminatamente tutti i consumi, lasciando invece indenni, paradossalmente, quelli scorretti. Il consumatore moderato, attento, responsabile e rispettoso delle regole, insomma quello che ha aiutato i settori, in particolare l’enologia italiana, a crescere proponendosi sul mercato con una percezione ed una realtà di qualità estremamente importante, ha continuato anche nel 2011 ad allontanarsi, spaventato e confuso, inseguito da spettri di possibili sanzioni anche per comportamenti che certamente non lo espongono ad alcun rischio. Eppure i dati ci raccontano una realtà differente. Una realtà sociale fatta per la stragrande maggioranza di consumatori e consumi corretti, responsabili e moderati, che nulla hanno a che fare, sotto alcun profilo, con i fenomeni di abuso e/o uso scorretto che in Italia, come già detto, sono i più bassi rispetto all’Europa nella sua più ampia accezione, ben lontani da quelli che si registrano in altri Paesi, anche dove sussiste, ad esempio, indifendibile rispetto ai principi comunitari, un anacronistico monopolio statale giustificato da improbabili ragioni di salute pubblica.

In Italia lo stile di consumo largamente dominante è improntato ad un approccio verso le bevande alcoliche maturo e responsabile, socialmente positivo, conviviale. In una parola “mediterraneo”. Di questi dati, che fotografano una realtà che è sotto gli occhi di tutti, ci danno testimonianza le ricerche che la Federazione, ormai da anni, commissiona. Uno stile di consumo vincente insomma, lo “Stile Mediterraneo”, che varrebbe la pena di adottare a riferimento anche da parte di molti altri Paesi UE ed extra UE, consapevoli che la qualità delle nostre produzioni, che il mondo ci invidia, riflette ed è a sua volta riflessa nella qualità dello stile di consumo cui il nostro Paese, e le nostre Imprese, fanno riferimento per tradizione, cultura, storia e scelta consapevole ed attuale. Prodotti di qualità, modalità di consumo corrette e cionondimeno appaganti, un settore produttivo che incarna le doti e le qualità migliori del nostro Paese. Non si vuole sottovalutare la gravità di alcuni fenomeni, al contrario l’obiettivo è chiedere maggiore equilibrio ed oggettività, proprio per meglio focalizzare le aree di intervento che necessitano di una collaborazione trasparente e corretta tra tutti i soggetti, pubblici e privati, coinvolti nella prevenzione e nel contrasto dei fenomeni di consumo scorretti, soprattutto nelle fasce di età più giovani.

In questo contesto, caratterizzato da forti difficoltà economiche interne e consumi costantemente in calo, il settore ha continuato a dare prove concrete di grande attenzione per i profili “sociali” delle proprie produzioni, mantenendo alta l’attenzione rispetto alla correttezza delle proprie comunicazioni commerciali all’interno della cornice disegnata dal codice di autodisciplina pubblicitaria, ma anche continuando a sostenere con iniziative delle proprie Associate, spesso in accordo con Istituzioni pubbliche ed Enti privati, campagne di informazione ed educazione dei consumatori, soprattutto i più giovani, al corretto consumo di bevande alcoliche. Un settore consapevole e responsabile insomma, che non ha smesso di investire in studi e ricerche finalizzate alla miglior comprensione, e quindi prevenzione, dei fenomeni di uso scorretto o di abuso. Richiamiamo, quindi, ancora una volta l’attenzione del Governo, del Parlamento, delle Regioni, degli Amministratori di tutti i Comuni d’Italia, perché si sentano sempre più coinvolti nell’informare e educare i consumatori; a rincuorarli nella loro capacità di saper distinguere il consumo intelligente, il consumo attento ed il consumo quotidiano dall’abuso, da tutte le forme di consumo sbagliato.

PER ACCEDERE ALLA RELAZIONE COMPLETA:
www.federvini.it/images/stories/relazione_31_maggio_2012.pdf

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