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L’alimentare italiano settore trainante in controtendenza. Il colpo di coda della produzione italiana nel 2016 ed un 2017 che punta ai 135 miliardi di euro. Tutti i dati del settore illustrati dal presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia.


Un’inversione di tendenza che fa ben sperare. È quella messa a segno dal settore italiano del “food and beverage” nell’ultimo bimestre del 2016, dopo un anno di sostanziale stagnazione. È questo il dato più significativo illustrato alla stampa oggi a Milano dal presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia. “La produzione alimentare, che su gennaio-ottobre navigava ancora su un +0,3% rispetto allo stesso periodo 2015, ha messo a segno in chiusura un +1,1%, che è il migliore incremento dal 2010. Una netta inversione di tendenza, dopo il deludente -0,6% con cui si era chiuso il 2015”. Insomma una velocità d’uscita interessante per il 2017, “anno che dovrebbe segnare – dice ancora Scordamaglia – per la prima volta variazioni positive per tutti e tre i grandi parametri congiunturali, non solo produzione ed export, ma anche vendite alimentari interne.

A livello produttivo, nel 2016 si sono distinti la “lavorazione del tè e del caffè” (+11,7%), le “paste alimentari” (+5,6%) e l’ “alimentazione animale” (+4,9%). A livello export, nell’anno sono stati brillanti lo “zucchero” (+19,3%), il “molitorio” (+18,5%) e il “caffè” (+10,3%).

Buona, parallelamente, la spinta delle esportazioni.

“Sui primi 10 mesi l’export cresceva ancora di un modesto +2,3% sullo stesso periodo 2015, ma nell’ultimo bimestre è risalito e ha chiuso a quota 30 miliardi con un +3,6%. Risultato di certo inferiore al +6,7% del 2015 ma senza dubbio positivo in un contesto internazionale molto più difficile contraddistinto da un crescendo di misure protezionistiche e da un rallentamento del commercio mondiale. Meno dinamico, invece il mercato interno: “Le vendite alimentari interne 2016 sono state riflessive. Hanno mostrato segnali di assestamento (-0,5% in valore), dopo il taglio di 15 punti in valuta costante accumulato sull’arco 2007-2015. Il mercato rimane perciò debole e incerto”.

Grande preoccupazione, invece, per le possibili conseguenze della proposta di etichettatura “a semaforo” presentata dalle sei multinazionali alimentari a Bruxelles. “Consiste in un sistema che classifica i cibi come più o meno sani in base a un sistema semplicistico, fuorviante per il consumatore e penalizzante dei prodotti di maggiore qualità quali quelli dell”industria italiana”. Quello che serve non è certo un sistema semplicistico ed ingannevole che lasci pensare che un prodotto dal bollino verde possa essere consumato smodatamente ed a prescindere dalla sua qualità intrinseca quanto piuttosto un approccio integrato ed intersettoriale al grave problema dell’obesità” È quello che l”industria italiana sta facendo volontariamente da tempo anche con l”indicazione del reference intake, cioè l”indicazione dei nutrienti apportati per porzione nell”ambito di una dieta giornaliera equilibrata.

Sì, invece, all’innovazione tecnologica per il settore non solo della fase di trasformazione ma anche di quella agricola: “nella imminente riforma della Pac bisognerebbe avere il coraggio di superare meccanismi di aiuti antistorici e finanziare piuttosto strumenti in grado di aumentare la produttività e la competitività dell”impresa agricola attraverso la diffusione di tecnologie avanzate e sistemi di digitalizzazione applicate alla produzione agricola primaria e per l”intera filiera agro-alimentare”

Scordamaglia ha stigmatizzato l’ipotesi di un qualsiasi aumento dell’Iva, sottolineando che essa gelerebbe ogni profilo di risalita del mercato. E ha sottolineato gli sforzi dell’industria alimentare nella difesa dell’occupazione: “Gli addetti del settore sono calati solo di 5mila unità negli ultimi dieci anni, scendendo da 390mila a 385mila, mentre il manifatturiero ha perso in parallelo ben 720mila unità”. L”ora lavorata dell”industria alimentare italiana è però una delle più care al mondo per cui è ormai improrogabile in intervento deciso sul cuneo fiscale.

Ultima voce, le previsioni congiunturali per il 2017, intonate a un cauto ottimismo. Luigi Scordamaglia, anche in questo caso, fornisce numeri e parametri: “Il fatturato 2017 di settore, dopo quattro anni di stagnazione a quota 132 miliardi (fenomeno senza precedenti sull’arco dell’intero dopoguerra), dovrebbe finalmente ripartire per raggiungere i 135 miliardi. Tale incremento sarà frutto di un aumento prossimo all’1% della produzione e da una accelerazione dei prezzi alla produzione attorno al +1,0% in media anno. L’export infine, in assenza di forti turbative internazionali, dovrebbe accelerare leggermente il trend 2016, per posizionarsi su un passo attorno al +5,0%. Sempre più vicino quindi l”obiettivo dei 50 miliardi di export che ci siamo dati per il 2020″.

+ info: www.federalimentare.it

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