Internazionalizzazione in crescita, consumi che tengono e leadership produttiva sui mercati mondiali. Questo il quadro di sintesi che emerge dall’Indagine sul settore vinicolo in Italia dell’Area Studi di Mediobanca, che riguarda 255 principali società di capitali italiane con fatturato 2023 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati per 11,7 miliardi di euro, pari al 94,9% del fatturato nazionale del settore.
Nel 2024 la produzione mondiale di vino è stimata in 226 milioni di ettolitri, in calo del 4,8% sul 2023, mentre i consumi si attestano a 214 milioni di ettolitri (-3,3%). L’Italia è in controtendenza: +15,1% nella produzione rispetto al 2023, posizionandosi in testa alla classifica e +0,1% nei consumi (con 37,8 litri pro-capite all’anno). In attivo anche il saldo commerciale: in 20 anni è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,5%, passando da 2,6 miliardi di euro del 2004 ai 7,5 nel 2024. Secondo l’indagine di Mediobanca, l’Italia è il primo esportatore di vino per quantità (21,7 milioni di ettolitri nel 2024) e il secondo per valore (8,1 miliardi di euro dietro solo agli 11,7 miliardi della Francia).
SCENARIO I maggiori produttori di vino si attendono per il 2025 una crescita delle vendite complessive del +1,7%, +2% l’export. Continua ad esserci fermento nel segmento delle bollicine (+4,4% i ricavi complessivi), trainato dalle vendite oltreconfine (+6,1% l’export), mentre i vini fermi si aspettano un +0,9% (+1,2% l’export), da segnalare le buone performance oltreconfine dei vini frizzanti (+9,1%). L’Ebit margin ha riportato un aumento di 0,5 punti percentuali sul 2023, il rapporto tra il risultato netto e il fatturato di 0,2 punti. Nel 2024, in diminuzione del 2,5% i quantitativi venduti su tutti i canali; +4,1% gli spumanti. Perdono quota le vendite on premise: -4,9% sul 2023 il valore dell’Ho.Re.Ca. che raggiunge il 17,6% del mercato e -8,4% enoteche e wine bar (market share al 5,7%). In leggero aumento le vendite dirette (+1,3% sul 2023) che si attestano all’8,2% del mercato. Enoturismo in crescita nel 2024: +9% sul 2023 i ricavi; visite in cantina offerte dai tre quarti delle aziende. Grande attenzione al tema sostenibilità, i vini biologici hanno raggiunto il 5% del mercato (-2,6% le vendite), in crescita i vini naturali (+4,2%, 1,9% di market share) e vegani (+31,7%, m.s. dello 0,9%). La presenza di report dedicati alla sostenibilità interessa il 60% delle aziende, nel 16,7% dei casi esiste un manager con carica esclusiva in tema ESG.
TOP PLAYER Nella classifica delle vendite, in vetta nel 2024 si conferma il gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a €676,6 milioni (+0,6% sul 2023), seguito al secondo posto dal polo vinicolo Argea (€464,2 milioni, +3,3%), terzo posto per IWB con €401,9 milioni (-6,3% sul 2023). Fatturato 2024 superiore ai 300 milioni di euro anche per la cooperativa romagnola Caviro (385,2 milioni) in calo del 9% sul 2023. Nella fascia di ricavi compresi tra i 200 e 300 milioni di euro si posizionano dieci società, la toscana Antinori (fatturato 2024 pari a 261,6 milioni di euro, in aumento del 7,4% sul 2023), la cooperativa trentina Cavit (253,3 milioni di euro, -5,2%), La Marca specializzata in spumanti con fatturato 2024 pari 251 milioni di euro (+11%), la veneta Herita Marzotto Wine Estates (248,2 milioni di euro, -2,8%), il Gruppo Collis (219,3 milioni di euro, +4,7%), la trentina Mezzacorona (212,3 milioni, -2,5%), la cooperativa Terre Cevico (211,3 milioni, +7,4%), la Zonin 1821 (209,3 milioni, +7,8%), la Mack & Schühle (205,6 milioni, +19,3%) e la piemontese Fratelli Martini (200,1 milioni, -8,3%). Il 2024 vede in testa nella graduatoria della redditività intesa come rapporto tra risultato netto e fatturato, la veneta Herita Marzotto Wine Estates (17,8%), seguita dalla toscana Antinori (12%) e da un’altra veneta, Mionetto (9,2%). Sull’export ci sono dei casi molto spinti, con Fantini Group tocca il 96,1%, Ruffino il 93,3%, Argea e Pasqua superano il 90%.
TERRITORI Il Veneto si conferma la prima regione vinicola d’Italia tra le regioni del vino, con un quarto dei quantitativi di vino italiano prodotto, una leadership anche a valore che supera il 20% del totale nazionale. Segue la Puglia, (volume pari al 16,1% del totale, valore 12,6%). Piemonte e Toscana vedono una quota in volume tra il 4 e il 5% del totale, che raddoppia in valore, rispettivamente a circa il 10% di quello italiana, mentre la Sicilia è la regione con il maggiore distacco della quantità rispetto al valore. Veneto in testa anche sulle esportazioni, più del 35% dell’export italiano, doppiando il Piemonte e la Toscana ferme al 15% ciascuna. I primati regionali emergono anche dai bilanci delle aziende: alle toscane tocca il più alto Ebit margin (16,4%), il miglior Roi alle abruzzesi (7%), con il Piemonte in seconda posizione (6,4%). Grandi esportatori i produttori piemontesi (63% del fatturato), toscani (59,5%) e abruzzesi (58,7%). Per Roe brillano Puglia e Lombardia (6,6% in entrambi i casi); quest’ultima eccelle anche in termini di Ebit margin (seconda posizione con il 10,9%), ma con una modesta apertura oltreconfine (export pari al 24,3%). Nel 2024 sono in crescita soprattutto le imprese friulane (+8,2% le vendite complessive e +7,1% oltreconfine) e toscane (+2,3%; +4,6%).
M&A L’assetto proprietario del settore vinicolo italiano resta fortemente ancorato alla dimensione familiare: il 65% del patrimonio netto è infatti detenuto da famiglie, quota che sale all’81,5% se si considerano anche le cooperative. Gli investitori finanziari partecipano al 10,7% dei mezzi propri, banche e assicurazioni per il 5% e fondi di private equity per il 4,1% del patrimonio netto. Solo due società sono quotate all’AIM dal 2015, Masi Agricola e IWB. Nel 2024-aprile 2025 la Toscana – con 6 deal – e il Friuli-Venezia Giulia – con 3 – hanno fatto da sfondo al maggior numero di operazioni di M&A. Attrattive anche le Isole (4 operazioni complessivamente). L’incertezza legata ai consumi ha frenato l’interesse dei fondi comuni di investimento; si consolida il rapporto tra Italia e Stati Uniti con quattro operazioni oltreoceano. Difficoltà economiche ma anche tematiche di passeggio generazionale spingono l’M&A. La transazione è in corso di esecuzione per il 40% circa delle aziende, oggetto di valutazione per il 16% e già stata affrontata e risolta per il 30% degli operatori.
FUTURO Ci si aspetta un calo dei consumi di vino e una ricomposizione degli stessi, spinta anche dal ricambio generazionale e dal diffondersi di modelli salutistici, aspetti che preoccupano il 70% e 60% delle aziende, in un quadro economico con meno reddito disponibile. L’incertezza sulle decisioni dell’amministrazione americana di imporre dazi sulle importazioni di vino genera timore, il 50% delle imprese considera una minaccia per il settore il nuovo Codice della Strada, mentre il 30% teme gli effetti del cambiamento climatico. Per oltre i tre quarti delle imprese del vino italiane le difficoltà della domanda possono essere superate con l’apertura a nuovi mercati, nell’ottica della rimodulazione dell’offerta prevale lo sviluppo delle categorie no/low alcol, prioritario per il 50% delle aziende. Per affrontare il futuro, gli investimenti in capitale umano sono ritenuti essenziali per il 55% circa degli operatori, più di quelli tecnologici, focalizzati sull’intelligenza artificiale e automazione (importanti per un terzo delle imprese).
INFO www.areastudimediobanca.com