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“Il settore vive un momento difficile perché si è interrotta la trasmissione generazionale di cosa significhi consumare vino. Le nuove generazioni non sono state educate a farlo e oggi i giovani – attratti dalla mixology – si allontanano dal vino ma assumono più alcol rispetto alla mia generazione. Paradossalmente, nella delicatissima questione alcol e salute ci va di mezzo il vino e non le altre bevande”.

 

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Lo ha detto, oggi agli Etna Days (12-14 settembre, Castiglione di Sicilia) organizzati dal Consorzio Etna Doc, il presidente dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv) Luigi Moio. “A mio avviso – ha proseguito Moio – anche sul tema vino e salute c’è una grande responsabilità nella comunicazione, troppo spesso confusionaria e contraddittoria. Non possiamo dire che il vino fa bene perché c’è l’alcol, ma ci sono altri argomenti che distinguono il nostro mondo e che accomuna il prodotto con i territori e la loro storia. Serve affermare questi valori identitari per non confondere il vino con le altre bevande alcoliche. Il vino – ha concluso il presidente Oiv – non è un liquido, è un vettore culturale. Bere un calice di Etna è un atto culturale ed è indubbio che la forza della sua denominazione è data dall’identità costruita attorno al Vulcano”.

Etna Doc

Un vigneto di 1500 ettari racchiusi in 20 comuni e 133 contrade per una produzione annua di 6 milioni di bottiglie, di cui il 60% esportata. È l’istantanea dell’Etna Doc, la prima denominazione ad essere istituita in Sicilia nel 1968 e tra le pioniere in Italia. Oggi l’omonimo consorzio di tutela riunisce 220 aziende e rappresenta il 90% del potenziale produttivo complessivo.

Ufficio stampa Consorzio Tutela Vini Etna Doc: Ispropress

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