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Il mondo è cambiato! E le ragioni di questa mutazione non sono solamente legate alla recente pandemia. Le persone sono sempre più consapevoli di ciò che consumano e il caffè non fa eccezione. Il consumatore vuole sapere da dove proviene il chicco, chi lo ha prodotto all’origine, come è stato tostato, da chi, e con quale metodo.

 

 

La lavorazione del caffè è sempre più sotto i riflettori, e gli agricoltori stanno sperimentando diversi metodi di lavorazione.

“Guardo con molta attenzione alle sperimentazioni, alle nuove tecniche di lavorazione e a tutti i processi riguardanti il caffè – afferma Carmen Clemente, campionessa italiana di Latte Art Edizione 2020 – Posso dire che, essendo una persona che guarda molto al futuro, credo che intorno ai nostri chicchi ci sia ancora molto da scoprire”.

Come nel caso della fermentazione anaerobica, oppure della macerazione carbonica, dell’XO naturale, fino a parlare di fermentazione lattica…

 

 

“Tutte le fermentazioni e macerazioni carboniche sono sistemi sperimentali adottati in questi ultimi anni per processare i caffè specialty, eseguiti nella stessa piantagione di caffè – ci spiega Luigi Lupi, grande esperto in materia e padre mondiale della Latte Art – Si tratta di sistemi copiati dal processo di fermentazione del vino e della birra. È bene però fare chiarezza in merito, in quanto non tutti i produttori si possono permettere questo tipo di fermentazioni dato che le attrezzature che devono essere impiegate sono impegnative sotto l’aspetto economico, ma anche necessitano di una preparazione complessa che in pochi hanno al momento. Bisogna tenere sotto controllo tanti parametri indispensabili per la buona riuscita di processi così articolati. Sta di fatto che queste fermentazioni stanno diventando sempre più di tendenza, anche se qui in Italia c’è ancora poca richiesta da parte del mercato”.

E Stefano Cevenini, campione del mondo di Espresso Italiano Champion 2019, rincalza la dose accennando a un altro processo impiegato nella lavorazione dei chicchi: “Conosco bene la fermentazione anaerobica, e posso garantire che – se fatta a buon livello – può risultare in tazza un profilo sensoriale molto interessante e particolare, a seconda del caffè monorigine utilizzato”.

 

 

Ebbene, le fermentazioni controllate rappresentano un trend molto forte, di cui si sentirà parlare sempre di più in futuro. Lo conferma Chiara Bergonzi, campionessa mondiale di Latte Art, oggi considerata una delle maggiori esperte di caffè: “I produttori sono alla ricerca di profili sensoriali un po’ più particolari rispetto al passato; c’è un crescente interesse rivolto allo specialty coffee e al bere consapevole, con un’attenzione verso la sostenibilità e la filiera controllata e garantita. E ci sono anche nuovi metodi di lavorazione dei chicchi. Come nel caso dell’XO. In Italia lo utilizzano in pochi, ma già diversi esperti nel mondo hanno impiegato questo sistema sperimentale. Si tratta di un processo naturale per creare flavours intensi simili al Cognac XO. Praticamente, la linea di fermentazione (a freddo per 48 ore) – poco conosciuta ancora in Italia – viene realizzata in contenitori dove viene messo a invecchiare il Cognac XO. Un lavoro di fino che sta già destando una forte curiosità tra i produttori”.

Fonte: www.host.fieramilano.it

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1 Commento

  1. Daniele Rigamonti Reply

    Non penso che sarà un trend dei prossimi anni. Penso che sia solo il desiderio di pochi. Come anche purtroppo è con gli specialty coffee. Il desiderio di distinguersi e fare qualcosa di originale porta degli estremi che si allontanano troppo dal comune “espresso”al quale fortunatamente gli italiani sono molto legati. Bisogna a mio avviso alzare il livello del servizio la qualità delle miscele e la professionalità del barista. Questo basterebbe per gustare delle tazze superiori alla media.

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