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Si apre una nuova stagione per il luppoleto del birrificio agricolo di Villafranca Padovana: un progetto iniziato in via sperimentale, che quest’anno compie 4 anni di vita. 

 

 

A seguire la crescita dei vari cultivar sarà sempre Stefano Bona, docente di Agronomia e coltivazioni erbacee presso l’Università di Padova che collaborerà con le risorse interne del birrificio, coordinandole. Anche quest’anno la sfida sarà quella di adattare le coltivazioni al terreno e ai cambi climatici, in maniera da avere rese costanti e qualitativamente ottimali.

Il professor Bona racconta come il luppolo sia una pianta autoctona presente allo stato selvaggio nei nostri ambienti, conosciuta con il nome di “bruscandolo”. Tuttavia per la produzione della birra non è possibile usare quello selvatico, in quanto le componenti aromatiche e amare non sono controllabili. Le varietà da coltivare sono ben definite e selezionate: nel luppoleto del birrificio padovano che cresce a pochi passi dal centro di Padova al momento se ne coltivano due tipologie: il Magnum, luppolo da amaro e il Cascade, luppolo da aroma.

 

 

Secondo i dati Coldiretti, la superficie destinata alla coltivazione in Italia arriva appena a 50 ettari. Questo dato fa capire quanto la coltivazione del luppolo sia rara, sebbene l’Italia abbia un ecosistema idoneo alla crescita di questa pianta, avendo il compromesso ideale tra condizioni climatiche e fertilità del terreno.

Questo luppoleto rientra in un più ampio progetto a lungo termine del birrificio, quello di sviluppare una filiera produttiva corta: infatti per Birra Antoniana si utilizzano l’acqua dell’acquedotto padovano, resa adatta alla produzione della birra grazie ad un sistema ad osmosi inversa e l’orzo coltivato nei campi di proprietà a Torreglia e Marano Lagunare.

 

 

+INFO:

www.birrificioantoniano.it

 

Scheda e news:
Interbrau SpA

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