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Per L’Associazione Nazionale Grossisti Zucchero, il consumo complessivo annuo in Italia ammonta a 1 milione e 600 mila tonnellate, di cui l’80% viene utilizzato dalla industria trasformatrice (industria dolciaria, conserviera, bevande ecc.).

 

 

Il 16% viene consumato “tal quale” in pacchi, astucci ed anche in bustine formato famiglia come richiesto attualmente dal mercato, tramite i canali  della DO e GD e del commercio tradizionale.

Solo il 4% viene pertanto utilizzato per il confezionamento delle bustine dedicate ai  pubblici esercizi.

 

Considerato che vengono servite annualmente, dai 150 mila esercizi,  circa 10 miliardi di “espresso” e l’80% dei consumatori lo preferisce addolcire con una bustina, che, tra l’altro, viene utilizzata anche per i cappuccini ed altre bevande, l’Associazione ritiene fuorviante la notizia dello spreco (senza con ciò negare che in parte ci possa essere) di ben 14.000 tonnellate per un corrispondente valore di 63 milioni €, costo altrettanto esagerato, quando, in realtà,  il prezzo  di acquisto di 1 kg. di zucchero in bustina ammonta mediamente a 1,5 €.

È interessante inoltre confermare che la maggior parte dei confezionatori hanno già da tempo provveduto a ridurre il contenuto della bustina , sceso attualmente al di sotto dei 5 grammi, quantità minima ritenuta soddisfacente per zuccherare la tazzina di caffè.

 

 

Comunque è bene ricordare la nota del ministero delle Attività Produttive del 28 maggio 2004, che, a seguito di uno specifico quesito, ha precisato la portata dell’articolo 2, comma 2, lettera f, del decreto legislativo n. 51/2004, che ha recepito la direttiva n. 2001/111/CE:

 

“al riguardo si fa presente che è stato reso obbligatorio il preconfezionamento dello zucchero destinato ai consumatori, anche nei casi in cui non viene operata la vendita, per ragioni igieniche. Il fatto che la disposizione non sia contenuta nella direttiva non significa che non si poteva approfittare dell’occasione per risolvere aspetti connessi con la tutela del consumatore. In ogni caso si ritengono pretestuosi i diversi significati attribuiti allo zucchero cosidetto somministrato.

La disposizione in parola ha solo vietato l’uso delle zuccheriere con coperchio apribile, mentre rispondono alla definizione di preimballaggio le zuccheriere dosatrici, in quanto sono contenitori chiusi.

La stessa disposizione non ha reso obbligatorio solo l’uso delle bustine; il riferimento è stato effettuato infatti solo allo scopo di determinare la loro etichettatura, limitata alla sola denominazione di vendita”.

 

 

Ma siamo proprio sicuri che con il ritorno della classica zuccheriera, del resto non consentita per la normativa sopra citata, si possa perseguire la riduzione dello spreco?

Basta osservare quello che avviene dove sono presenti, fortunatamente in pochi esercizi,  per avere più di qualche dubbio.

 

Forse allora sarebbe più opportuno lanciare una campagna di sensibilizzazione per un uso più accorto ed attento della bustina di zucchero e/o della zuccheriera dosatrice: il che potrebbe consentire la riduzione, ove esiste, lo spreco e, al contempo, salvaguardare i requisiti igienici a tutela dei consumatori finali.

 

 


www.federgrossisti.it

 

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