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Trombettista, cantante, compositore, produttore discografico. Ma anche regista, attore e presentatore. Roy Paci è questo e molto altro ancora. Dalla musica al teatro, passando per la televisione, fino al variopinto mondo del food and beverage.

 

Proprio così. Per chi non lo sapesse, lo one man show siciliano Rosario Paci è infatti da tempo anche un abile produttore di craft beer e un giudice più che preparato nelle competition legate al vino, alla birra e alla mixology. È proprio in una di queste, per la precisione nella finale italiana della Clairin World Championship 2019 tenutasi lo scorso 17 aprile presso “La Ménagère” di Firenze con l’impeccabile organizzazione di Velier e il trionfo del barman Julian Biondi, che Beverfood.com ha avuto il piacere di intervistarlo in esclusiva. Tra musica e drink, birra e teatro, cucina e spettacolo.

Non è la prima volta che faccio da giudice in una competition legata ai drink – precisa subito Roy Paci ai nostri microfoni –. Ne ho già fatte tantissime sui vini e anche sulle birre. Il rum mi appassiona, anche per i miei numerosi viaggi in Sud America, così come la mixology in generale. È un settore nel quale sono abbastanza preparato, seppur non all’altezza dei maestri che c’erano in giuria qui alla Clairin World Championship. E lo dico con grande umiltà”.

 

 

Distaccato da eccessivi tecnicismi, il suo giudizio rappresenta però forse l’anima più pura di una giuria di questo tipo.
“Beh. Come cliente bevo da quasi 40 anni, mentre come giudice credo di rappresentare proprio colui che ha speso tanti soldi, ormai da anni, per affiancare alla musica un beverage importante e di prima scelta. Tutti i partecipanti alla Clairin World Championship vengono non a caso da posti che ho frequentato senza aver bisogno di guide o raccomandazioni speciali. Tanto nella musica quanto nella vita in generale, io lavoro molto di naso. Mi lascio guidare dal mio intuito e non seguo le convenzioni sociali”.

 

 

Due mondi, quello del bere e quello della musica, da sempre strettamente legati.
“Sono d’accordo. Bartender e musicisti camminano nella medesima direzione, con lo stesso obiettivo: regalare sorprese ed emozioni, di qualsiasi tipo, alla gente. Rispetto molto il grande lavoro che si cela dietro al bancone. Un barman, anche alle 3:30 di notte, quando tutti noi ci stiamo divertendo, è chiamato infatti a creare l’equilibrio giusto per proporre un drink sempre all’altezza delle aspettative del suo cliente”.

Cosa l’ha colpita maggiormente tra i cocktail presentati in questa competition?
“Più che premiare la creatività dei concorrenti, ho voluto sottolineare la loro costanza e caparbietà nel miscelare. Alcuni hanno osato, altri meno, nello specifico ho trovato particolarmente geniali delle trasformazioni. Anche io a casa amo infatti sperimentare, soprattutto dietro ai fornelli. Mi reputo un ottimo cuoco e mi piace molto la disidratazione. Voglio fare quindi un encomio ai dieci finalisti, a partire dal vincitore Julian Biondi. Permettetemi però di evidenziare un’unica pecca, se così vogliamo chiamarla”.

Prego.
“Ci tengo a ribadire nuovamente che ho visto un livello altissimo da parte di tutti i concorrenti, ma mi dispiace molto che nessuno abbia tenuto in considerazione il mondo dei vini e delle birre. Specialmente queste ultime, con le loro svariate sfaccettature, possono infatti essere un elemento assai interessante in miscelazione. Mi riferisco per esempio al barley wine o alle lambic. Di originale, in questa direzione, c’è stato solo un riferimento al lambrusco”.

Qui viene immancabilmente fuori la sua smisurata passione per le craft beer.
“Forse sono di parte, è vero (ride, ndr). Produco birre artigianali ormai da diverso tempo, abbiamo una tiratura limitata e lavoriamo appunto col metodo Barrel Aged Old. Diciamo che le craft beer sono infatti come una bellissima colonna sonora per me, assai lontane dalla birra standard”.

 

Se le dico cocktail, invece, qual è il suo primo pensiero?
“Il Gin Tonic, senza alcun dubbio. Per me non è un cocktail, è una medicina, una bevanda che mi accompagna a tutte le ore del giorno. Posso bermi un Gin Tonic anche la mattina… Proprio per questo a casa ho una grande collezione di gin, saranno una quarantina di bottiglie e superano spesso anche quelle di qualche locale in cui mi ritrovo a bere. Non solo gin, però, ho anche massima attenzione per le acque toniche, ingrediente del quale non va certo sottovalutata l’importanza”.

Il Gin Tonic come cocktail della tradizione e della quotidianità. Ma nei locali cosa ordina?
“Amo i drink un po’ vintage. Per molti anni sono stato rapito dal Boulevardier, un cocktail capace di accarezzarmi e coccolarmi, magari dopo 14 ore di registrazione in studio. Quando sono in giro per lavoro, è proprio il Boulevardier a regalarmi infatti la carezza mancante di mia moglie. Non riesce a sostituirla interamente, ma entra dentro il mio sonno, di notte, nella fase più onirica dell’esistenza. Dentro a un cocktail, così come nella musica, il primo ingrediente d’altronde è sempre l’umanità”.

Chiudiamo ovviamente con la musica. Quali novità possiamo aspettarci dopo il successo di Sanremo e del suo ultimo singolo “Salvagente”?
“Tra musica e teatro, in questo momento sto girando l’Italia con uno spettacolo che si chiama ‘Carapace’. È tutto imperniato sulla mia vita, inclusa la mia capacità di apprezzare il buon cibo e il bere di qualità, la mia passione per le birre artigianali e per il presente, per il vivere oggi, ora e adesso. È un progetto del quale vado molto fiero e che mi permette di continuare a scoprire ogni giorno nuove sensazioni. Che dire, se non che vi aspetto a vederlo!”.

 

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