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The Brew Estate, la rivoluzione in atto nel delirio del mercato indiano


Prima di iniziare a sorseggiare una birra, i bevitori indiani più esperti seguono un processo piuttosto semplice. Lo fanno per rimuovere la glicerina che satura le birre locali, e viene utilizzata come conservante in una nazione che conserva un approccio quanto mai rudimentale alla gestione dei magazzini.

BIRRA ALLA GLICERINA? – Il primo passo è una sorta di esperimento. Stappare la bottiglia e versarne un quarto, più o meno, in un bicchiere colmo per metà d’acqua. Poi lasciare il miscuglio a riposo per un minuto circa, quanto basta per assistere alla separazione dell’acqua da una sostanza oleosa, direttamente proveniente dalla bottiglia. È il residuo di glicerina, appunto: una volta eliminato, si può procedere con il primo sorso, sebbene anche così non si possa esattamente definirla un’esperienza soddisfacente. Le birre indiane sono difficilmente adatte ai palati più esigenti e si dividono in due categorie: lager a produzione di massa stracariche di glicerine, o proposte carichissime come la Haywards 5000 da 7%. I locali vi diranno che queste sono particolarmente popolari tra gli uomini depressi o i guidatori costretti a lunghe distanze.

THE MISSION – Un uomo è in missione per cambiare tutto questo: Arundeep Singla, imprenditore del Punjab, fondatore e proprietario di The BrewEstate. Letteralmente ossessionato dal  celebre birrificio scozzese BrewDog, Singla è intenzionato a far capire agli indiani cosa si stanno perdendo, senza che dalla sua birra sia necessario rimuovere un solo grammo di glicerina. Al momento è patron di sette brewpubs in tre diversi stati del Nord del paese, ma i suoi piani parlano di un’espansione forsennata, circa trentacinque nuove aperture nei prossimi tre anni, per lo più in India senza però escludere l’estero. “Dopo anni di dominio delle lager e delle birre forti, ultimamente si assiste a un boom delle proposte artigianali, innovative e aromatiche, che attirano nuovi consumatori”. La scena dei birrifici artigianali indiani è pressoché neonata, appena quattro anni fa la prima apparizione con la Bira 91 di New Delhi; la situazione è complicata a dir poco, in un settore di mercato maltrattato da regolamenti e tassazioni selvagge, che cambiano per ciascuno dei ventinove stati e delle nove unioni territoriali.

PIONIERI – The Brew Estate, lanciata nel 2016, è diventata leader nel campo della birra artigianale: quasi sessanta proposte diverse in tre anni, nuove uscite a cadenza addirittura settimanale negli ultimi tempi. Il fondatore ha deciso di adottare un approccio completamente rivoluzionario alla produzione e alla vendita, se comparato con la concorrenza dove i microbirrifici sono praticamente lupi solitari senza un sistema. Peraltro non aiutati da una legislazione che impedisce loro di vendere birra al di fuori dei birrifici stessi. Singla, che già aveva esordito nel mondo del beverage con la casa di distillati Rock&Storm, si è defilato dalle metropoli come Delhi e Mumbai, basandosi piuttosto in piccoli centri come Patiala e Shimla. “Per quanto la birra artigianale sia adatta a un contesto urbano già sviluppato, abbiamo notato un’opportunità importante in situazioni nelle popolazioni più giovani di cittadine minori, più inclini a gusti nuovi e aromatici”.

FUTURO EUROPEO? – Per quanto ben lontane dai censimenti da oltre venti milioni di abitanti delle megalopoli indiane, questi piccoli agglomerati urbani sono colmi di cittadini mediamente giovani, estremamente ben istruiti, inclini alla tecnologia e aperti a nuove esperienze. Non da trascurare inoltre un costo di sostentamento ben inferiore per l’azienda, e legislazioni più accomodanti. “I giovani a cui ci rivolgiamo sono al passo coi tempi, informati, all’avanguardia. Hanno un ottimo introito perché lavorano in settori moderni; sono pronti a sperimentare e adattarsi, ma il nostro settore non fornisce loro quello che cercano”. Già raggiunto un fatturato annuo di sei milioni di dollari con i centri del nord dell’Indi, The Brew Estate è alla ricerca di investitori che permettano l’impatto con il muro dei dieci milioni. Il modello Singla è in controtendenza con il mercato standard del paese: pub con produzione di birra autonoma, rivolti a famiglie e giovani professionisti, incentivati da sentori esotici come mango e kiwi. Difficile pensare che tra qualche anno non arrivi anche in Europa qualche proposta indiana di altro livello.

fonte: beveragedaily.com

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