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L’Umbria del vino è cresciuta enormemente negli ultimi anni. E questo è un dato incontrovertibile. Che poi questo dato sia conosciuto e condiviso, è altra cosa. E’ ormai evidente la necessità di una campagna di comunicazione per la produzione enologica umbra, con progetti collettivi che restituiscano una dimensione unitaria e facciano superare i troppi personalismi. Nonostante gli innegabili passi avanti, ci sono ancora poche carte dei vini in cui l’Umbria ha il ruolo che meriterebbe. Se si eccettuano i soliti noti, la produzione di questa regione, piccola ma vocata, fatica a trovare spazio. Detto questo, e strategie promozionali a parte, quello che ci sentiamo di aggiungere riguarda l’aspetto tecnico e soprattutto stilistico dei vini.

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Se è vero che la maggior parte dei produttori ha imparato a farlo bene, è altrettanto innegabile che molti hanno ricalcato il paradigma più in voga e diffuso, rischiando di offuscare l’identità delle produzioni locali, l’impronta stilistica e le stesse varietà tradizionali. Non scopriamo niente di nuovo dicendo che oggi i consumatori, gli appassionati e gli addetti ai lavori più attenti, in Italia e nel mondo, sono sì alla ricerca di prodotti qualitativamente elevati ma che, forse, la loro originalità e identità è fattore ancor più importante. Aggiungiamo che un termine forse banale e approssimativo come “bevibilità” meriterebbe un supplemento di indagine da parte dei vignaioli umbri, giustamente impegnati nella ricerca del grande vino e non sempre protesi nell’indagine di produzioni quotidiane, più semplici eppure capaci di stare sul mercato in maniera dignitosa. Non che manchino i vini dal buon rapporto qualità prezzo, ma forse l’originalità stilistica e la personalità di queste bottiglie è ancora poco sviscerata, quasi fossero prodotti di ricaduta che non necessitino di particolari riflessioni.

Le denominazioni classiche tornano di moda, i vitigni della tradizione paiono riprendere quota (viva il sagrantino, insomma, ma anche il ciliegiolo, il grechetto, il trebbiano spoletino, il gamay del Trasimeno…) e nei territori più vocati le sfumature stilistiche e le diverse declinazioni sul tema cominciano a farsi largo. Non tragga in inganno la sola lettura della lista dei Tre Bicchieri, ci sono una marea di vini, un po’ ovunque, ottimi o addirittura eccellenti in questa categoria. La novità più inaspettata arriva dal Castello di Monte Vibiano Vecchio, azienda green, tra le prime al mondo a “emissioni zero di CO2”, che quest’anno si aggiudica il Premio per la Viticoltura Sostenibile. Anche questo è un segnale.

TRE BICCHIERI
Cervaro della Sala 2010 Castello della Sala
Colli Perugini Rosso L’Andrea 2008 Cantina Castello Monte Vibiano Vecchio
Montefalco Sagrantino 2008 Antonelli
Montefalco Sagrantino 25 Anni 2008 Caprai
Montefalco Sagrantino Campo alla Cerqua 2008 Tabarrini
Montefalco Sagrantino Colleallodole 2009 Antano Milziade – Fattoria di Colle Allodole
Montefalco Sagrantino Pozzo del Curato 2009 Villa Mongalli
Orvieto Classico Superiore IL 2011 Decugnano dei Barbi
Orvieto Classico Superiore Terre Vineate 2011 Palazzone
Torgiano Rosso Vigna Monticchio Ris. 2007 Lungarotti

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