Dalle kerstbier alle fermentazioni spontanee, il Belgio firma le birre che raccontano l’inverno: corpose, complesse, fatte per essere ascoltate oltre che bevute. Quando le temperature scendono e vin brulè, grappa e ponch iniziano a scorrere nelle città di tutta Europa, in Belgio si stappa tutt’altro: birre scure, dense, speziate, ad alta gradazione, pensate per riscaldare e non per dissetare. Sono le birre di Natale — le kerstbier — e raccontano il lato meno noto, ma estremamente affascinante, della cultura brassicola belga.

Altro che bionde ghiacciate da bere in fretta: queste sono birre lente, da camino, da fine pasto, per accompagnare un dolce. Alcune maturano per anni in cantina, altre si bevono fresche di produzione, ma tutte hanno un tratto comune: arrivano solo a dicembre, come un appuntamento fisso con l’inverno; hanno un carattere stagionale legato al freddo, alle tavole imbandite e al bisogno di calore. Quasi sempre scure o ambrate e arricchite con spezie – come cannella, anice, zenzero o scorza d’arancia – le kerstbier possono raggiungere anche i 12 gradi alcolici. Hanno corpo, profondità e una temperatura di servizio che sfida le abitudini: 10–12 °C, ben lontano dal concetto di “birra fredda”. Chi le conosce le aspetta ogni anno, chi non le ha mai provate ha un’occasione per farlo dal 6 all’8 dicembre, a Fiuggi, nell’ambito del Belgian Beer Fest, un evento interamente dedicato alla birra belga durante il quale sarà possibile assaggiare una selezione ampia di kerstbier, affiancate da fermentazioni spontanee, saison, gueuze e tantissimi altri stili fiamminghi. Tra gli appuntamenti più attesi della kermesse ciociara c’è una verticale dedicata alla Stille Nacht, la birra natalizia più iconica della Brasserie De Dolle: verranno servite sei annate diverse, dal 2000 a oggi, per una degustazione che consente di capire come evolve nel tempo una birra così particolare e fuori dagli schemi.

La Stille Nacht — letteralmente “Notte silenziosa” — è una delle kerstbier più amate dagli intenditori: prodotta in Belgio solo una volta l’anno, è una birra decisa e profondamente speziata, con un profilo aromatico che cambia da edizione a edizione anche per scelta del birraio; non ne esiste una “versione definitiva” perché ogni anno è un’incognita e contiene un “ingrediente segreto” scelto dal birraio. A renderla perfetta per una verticale, infatti, è proprio la sua longevità: l’elevato tenore alcolico, la sua densità e la struttura zuccherina, le permettono di maturare per anni e di trasformarsi lentamente: l’ossidazione ne arricchisce il profilo, le note fruttate ne arrotondano il gusto, le spezie emergono o si attenuano, l’alcol si integra. Degustare sei annate in parallelo significa infatti assaggiare sei stagioni diverse della stessa idea e non è solo come curiosità per appassionati, ma per capire il rapporto tra birra, tempo e temperatura cogliendo la mano del birraio, le condizioni dell’annata, il ruolo della conservazione. Una vera esperienza da cantina, più vicina a una verticale di Barley Wine o di Porto che a una classica degustazione di birre.

Le birre di Natale non sono un’invenzione recente; le prime comparvero all’inizio del Novecento quando i birrai del Belgio cominciarono a proporre versioni invernali delle loro ricette ispirandosi alle Scotch Ale natalizie del Regno Unito. Con il tempo queste produzioni diventarono prima tradizione, poi identità. E oggi ogni birrificio ha la sua: alcune giocano su dolcezza e speziatura, altre sul calore alcolico, altre ancora su un profilo più secco e amaro; alcune si prestano all’invecchiamento, altre sono stagionali nel senso più stretto del termine perché spariscono con l’arrivo della primavera e non tornano prima dell’autunno successivo. E poi c’è l’altra anima del Belgio: quella selvaggia delle birre a fermentazione spontanea che nascono senza lieviti aggiunti sfruttando l’aria e il tempo. Lambic, gueuze, kriek: acide, complesse, cangianti. Anche queste saranno in degustazione a Fiuggi, dove tra i nomi presenti figurano realtà storiche come Cantillon e Tilquin. Non si parla di moda dunque, perché il Belgio ha fatto della birra una cultura materiale, una patria di stili, di metodi, di riti, e le birre invernali ne sono l’espressione più generosa perché sono cariche, aromatiche e gastronomiche. Non si bevono in fretta, non vanno servite nel bicchiere sbagliato, e soprattutto non si improvvisano. Richiedono tempo, attenzione, e restituiscono in complessità. Il consiglio? Provarle nel momento giusto. Che sia in un laboratorio guidato o davanti a una fetta di dolce natalizio, ancor meglio con la temperatura giusta, il bicchiere adatto e una certa predisposizione alla lentezza. Perché in Belgio, quando arriva l’inverno, la birra cambia ritmo. E per capirlo basta solo versarne un bicchiere al momento giusto.
+info: www.shirebrewing.it/belgian-beer-festival



