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Quando si ascoltano le storie appaiono immagini e si vedono come cortometraggi di quelle che “semplicemente“ chiameremo emozioni. “There must be some kind of way outta here”. Così canta Bob Dylan regalandoci uno spaccato di una sensazione che tutti almeno una volta abbiamo provato.

Una libertà di pensiero, azioni che tratteggiano un desiderio. E se poi accade, durante il percorso di vita, il venir meno di queste libertà arriva il momento in cui sarà impossibile fermare il loro moto. Invaderanno prima o poi gli spazi, per materializzarsi, in quel progetto tanto sognato. Un esser senza vincoli che si forgia da solo e spinge ad agire per non cadere alla deriva e per mantenere vivo un ricordo di un padre, che in questa storia prende il nome di Mario Martella. E per rendere reali i desideri bisogna sempre partire dall’analisi sull’attuabilità e si inizia, quindi, con la ricerca.

Esiste una famiglia, che si divide tra i Castelli romani e la Roma capitale, custode di una grande storia che vede ne La Giannettola, una neo nata azienda vinicola, il simbolo della liberazione e della realizzazione di una volontà. Erede di un guerriero coraggioso, Paolo Martella guida un’azienda di 150 ettari di cui sessanta dedicati alla produzione di uva. C’è una torre bianca costruita nel 1945 in cima alla collina che sovrasta la tenuta –  e lassù, spicca una tale brezza- di tale impatto che è impossibile non dedicargli un vino: bianco, cosi sapido e cosi solare. Un pur jus che nasce con una protezione costante del vento. Il 2017 è la prima annata imbottigliata “sotto una buona stella”.

 

 

Se approfondiamo la ricerca, la storia narra di una azienda agricola già operante dopo il secondo conflitto mondiale, a Marino, con vasche in cemento a cui seguiva un affinamento in una grotta naturale di tufo circondata in superficie da terre rosse, vulcaniche. Residuali conferme del lago di Nemi in cui vennero trovate grandi navi bruciate dai tedeschi. Si sceglie La Giannettola  come nome perché “in via” ma in realtà è un luogo “fuori dal tempo” dove si lascia agli ulivi definire il confine della proprietà e alle palme, alle rose e ai kiwi l’arricchimento dell’orizzonte. È qui che papa Mario, il 16 ottobre del 1943, dopo la terza evasione dai campi di concentramento per soldati italiani in Francia, da cui evade per tre volte, nasconde i Sabbadini, tipografi ebrei per cui aveva lavorato il padre (Riccardo) fino alla fine della guerra. A questo atto seguono i titoli di Cavaliere del Lavoro, Giusto tra le Nazioni e Medaglia d’oro al Valore Civile. E gli ulivi ancora tornano nei racconti perché sempre in suo onore ne sono stati piantati dodici dalla famiglia Sabbadini nella Foresta intitolata a Giovanni Paolo II in Israele.

Successivamente l’intera famiglia continua a dividersi tra i Castelli Romani e la ATEL (tipografia di Roma). Ci si impegna seguendo le orme di nonno Riccardo. Si dice che era solito  svegliarsi presto per andare alla torre e accendersi una bionda. Era giorno. Iniziava il lavoro nei campi. L’esempio e i ricordi si mantengono vivi avvalendosi via via di più moderni macchinari e per lo sbocco commerciale si apre uno shop tipico “Vini e Olii” nella capitale per vendere lo sfuso e l’imbottigliato. Ma la sicurezza arriva dalla vendita dell’uva alla cooperativa, un pagherò sempre valido.

Con la perdita  di papa Mario per i figli, soprattutto per Paolo, arriva il tempo della conoscenza. Di se stessi, di chi si è realmente. L’interrogazione porta alla scelta e con lei all’inevitabile parte di rischio a cui, con coscienza,  si decide di andare in contro.  E così nasce La Giannettola per vinificare le proprie uve. È una liberazione, un voler dar voce personale a una parte di se, sempre stata nascosta, anzi unita ad altre tante voci. Ma dal timbro talmente particolare che finisce per esser solista anche all’interno della cooperativa. Proprio in questi istanti i locali si rinnovano, si attende l’arrivo  di tutti gli strumenti tecnici e umani necessari per la produzione, promozione e vendita dei vini. Un progetto maturato nel tempo che ha iniziato a prendere forma con le felici conferme circa la qualità della propria materia prima.

 

 

Come nel 1955, anno della prima produzione, anche oggi a Casa Martella si risveglia il pathos selezionando i migliori filari per destinarli alla produzione del già citato Chardonnay Brezza e un blend di Montepulciano, Syrah e Merlot per il DOC Roma Ardente. Che si accende nel bicchiere ed infiamma la beva con grande gentilezza per la matrice vulcanica del suolo in cui nasce, ovviamente, ma anche per la sapiente scelta delle percentuali delle uve al suo interno. La strada è in salita ma la forza e il know how non mancano. Non resta che attendere l’evoluzione dei due vini  ai quali si affiancheranno altre due etichette dedicate al coraggio e alla libertà di Mario e Wanda Martella.
Fidatevi del vento.
Buon viaggio.

 

+info: www.lagiannettola.com

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