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Fino a poco tempo fa – in ambito food – i requisiti di igiene e sicurezza costituivano il focus, l’elemento essenziale per produttori e GDO. Nel tempo questo focus è stato integrato con requisiti “valorizzanti” e “spendibili sul mercato in chiave di differenziazione” come ad esempio OGM free, lactose free, etc.

In questi ultimi anni abbiamo invece assistito ad uno spostamento dell’attenzione di consumatori e stakeholder sul macro-tema della sostenibilità. Il consumatore infatti ricerca prodotti che, oltre a rispettare i prerequisiti di sicurezza alimentare, rispondano anche ad esigenze di tipo etico come il rispetto dell’ambiente, degli animali, dei lavoratori, della collettività. La sostenibilità rappresenta di certo un concetto ampio e sfaccettato ma oramai è condiviso e riconosciuto a tutti i livelli. Questo concetto si sostanzia nell’insieme di tre pilastri ovvero:

…economico: capacità di generare reddito e lavoro;
…ambientale: capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali;
…sociale: capacità di garantire condizioni di benessere umano, i diritti umani, le pratiche di lavoro, le pratiche operative leali, tutela dei consumatori, coinvolgimento e lo sviluppo della comunità, la qualità culturale e la salubrità del prodotto e del suo gesto di consumo.

Se da un lato la definizione di sostenibilità è condivisa da tutti dall’altro mancano sistemi di valutazione riconosciuti della stessa. Esistono sul mercato diverse iniziative volte a valutare la sostenibilità ambientale (LCA, EPD, PEF, CFP, WFP etc.), la sostenibilità sociale (SA 8000, Sedex etc.), la sostenibilità economica (Fair trade). Nessuna di queste iniziative definisce le modalità di valutazione della sostenibilità considerando i tre pilastri e nessuna prevede regole chiare per definire il prodotto finito “sostenibile”.A livello internazionale esistono iniziative che hanno previsto la definizione di modelli di valutazione della sostenibilità specifici per diverse tipologie di filiere. Ne sono esempi lo standard UTZ applicabile a caffè, the, cioccolato, o MSC applicabile al pesce, o Pro terra applicabile a diverse commodities (soia, zucchero etc.). Si tratta di standard che hanno trovato riscontro sul mercato al punto da essere diventati requisiti necessari per accedere alle catene distributive internazionali.

Anche in Italia esistono progetti specifici in materia di sostenibilità; si tratta di iniziative che hanno previsto la definizione di standard che definiscono requisiti e indicatori per le filiere del vino (Standard Equalitas), dell’olio extravergine di oliva (Standard EVO Sostenibile), dei cereali e dei semi oleosi (Standard cereali e semi oleosi sostenibili).

L’attenzione dell’opinione pubblica rispetto all’impatto delle filiere zootecniche è cresciuta negli ultimi anni. La produzione di latte e derivati rappresenta un settore molto importante della zootecnia e dell’industria alimentare. Pur tuttavia l’allevamento del bovino da latte è spesso associato a pratiche intensive alle quali viene associato ad un grande impatto ambientale ma anche a modalità di allevamento poco etiche in termini di benessere animale, utilizzo del farmaco etc.

Tutti gli studi concordano nell’indicare le attività aziendali (di allevamento e agricole) come le fasi più impattanti su tutta la filiera produttiva del latte.

Uno dei principali impatti ambientali riguarda le emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra (GHG):

…il metano (CH4) prodotto dalle fermentazioni ruminali e da quelle a carico delle deiezioni, in particolare dai liquami,
…il protossido di azoto (N2O) emesso dal letame e a seguito della concimazione organica e minerale dei campi,
…l’anidride carbonica (CO2) emessa dal consumo di energia elettricità e carburanti utilizzata per la gestione della stalla e per le operazioni colturali,
..l’ammoniaca (NH3) prodotta dalle deiezioni e a seguito della concimazione azotata dei campi.

Un ulteriore impatto ambientale significativo è rappresentato da nitrati e fosfati dovuti alla concimazione dei campi, sia organica che minerale.

PER APPROFONDIRE: teseo.clal.it/news/it/lattiero-caseario-italiano-merita-un-modello-sostenibilita-condiviso/ a cura di di Maria Chiara Ferrarese, R&S Executive Manager, Business Development Executive Manager – CSQA Certificazioni srl

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