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Un’energia che l’ha caratterizzata fin dalla nascita grazie all’opera dell’esplosivo fondatore Italo Zingarelli e, alimentata da tutta la famiglia, l’ha portata subito ad essere una grande azienda, determinando negli ultimi decenni l’impennata qualitativa che ha interessato l’intera produzione dei suoi vini.

Punto di forza dell’azienda sono i vigneti: giardini integrati nella bellezza dell’ambiente, liberi di disegnarne i contorni in perfetta armonia e al tempo stesso monitorati con tecniche all’avanguardia che mantengono alto il rispetto dell’equilibrio naturale nel quale sono inseriti. La valorizzazione di questo patrimonio aziendale passa attraverso un impegno sia economico che di idee, dove la famiglia Zingarelli ha continuato ad investire anche -soprattutto- nel periodo della pesante crisi globale di questi ultimi anni.

“La programmazione dell’attività agronomica, concertata di volta in volta con tutto lo staff” dice Sergio Zingarelli, patron dell’azienda” si basa tra gli altri anche sul monitoraggio costante del livello qualitativo dei prodotti dell’azienda, per portarli ogni volta su posizioni sempre più alte. A Rocca non ci si ferma mai”.

“Mantenere fede alla nostra filosofia comporta un enorme sforzo sia umano che imprenditoriale” continua Sergio “ma siamo sostenuti dalla soddisfazione dei risultati raggiunti finora, e dalla convinzione che potremo raggiungere in futuro livelli ancora più alti. Un entusiasmo sulla qualità che leggiamo nelle ultime annate 2015 e 2016, che sono state supportate da un favorevole andamento climatico, ai quali si affiancano i livelli qualitativi raggiunti nella pur difficile annata 2014, quella i cui risultati ci hanno permesso di verificare che in questi anni abbiamo fatto un ottimo lavoro”.

All’interno dello staff aziendale, uno dei personaggi di questa parte così importante per la produzione dei vini di Rocca è il suo responsabile viticolo, Alfio Auzzi. “Lo stato attuale delle cose, agronomicamente parlando, deriva da un certosino lavoro di programmazione dei reimpianti che ha interessato tutte le tenute del Chianti Classico della famiglia Zingarelli già a partire dagli anni Novanta. Da poco completati i reimpianti a Le Macìe e Sant’Alfonso, quelli della Riserva di Fizzano inizieranno a partire dal 2018 e termineranno nel 2022”.

“Dal punto di vista strettamente tecnico, ad esempio, con l’esperienza maturata in vigna e in cantina, ci siamo resi conto che i risultati migliori nei possedimenti chiantigiani di Rocca si ottengono con una densità di impianto di circa 5.500 ceppi/ettaro. Un punto di arrivo importante, dopo quaranta anni di attività, se si pensa che erano partiti dai 2.200 ceppi ettaro alla fine degli anni Settanta e si erano spinti fino ai circa 6.600 alla fine degli anni Novanta. Questo stravolgimento è stato accompagnato dalla scelta precisa di abbracciare la causa del Sangiovese, ridimensionando ove possibile i vitigni internazionali. Nei nuovi impianti abbiamo curato in modo particolare l’utilizzo di cloni e portainnesti selezionati per ciascuna parcella, abbinando la scelta a pratiche agronomiche mirate che inducono nella pianta uno stress moderato e bilanciato con le specifiche condizioni microclimatiche. La sinergia tra questi fattori ci ha garantito una qualità eccellente e costante delle uve, e ha fatto da calmiere nelle annate difficili, nelle quali non si può certo annoverare l’ultima, la 2016, che con l’ inverno mite e poco piovoso, la primavera fresca con piogge ben intervallate, l’estate lunga e senza eccesso e una vendemmia regolare e lunga, ha prodotto un mix di fattori che hanno assicurato una materia prima eccezionale”.

Ufficio stampa Rosanna Ferraro www.vinotype.it

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