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3 – RUOLO DEL CAFFÈ NELLA SALUTE UMANA A cura di Francesco Visioli
UMR7079, Université Pierre et Marie Curie – Paris 6, Paris, France.

Caffè, tè, cacao, ed alcuni soft drinks sono spesso consumati per stimolare il sistema nervoso centrale. Si nota spesso confusione sugli effetti di queste bevande nell’ambito della salute umana. Se da una parte il consumo di queste bevande rientra nella tradizione alimentare italiana ed occidentale, si esprimono spesso preoccupazioni riguardo i loro possibili effetti negativi sulla salute. Il componente che si riscontra in tutti questi alimenti, infatti, è la caffeina, oggetto di decenni di ricerche.Nonostante il grande numero di dati scientifici ottenuti studiando le bevande menzionate in apertura, esiste ancora molta confusione tra il pubblico.

Per quanto riguarda il caffè, va subito sottolineato come il suo consumo vari grandemente tra i vari paesi, passando dai circa 12 Kg/anno pro capite della Finlandia ai poco più di 2 Kg/anno di Regno Unito e Repubblica Ceca. Questa variabilità rende difficile effettuare studi comparativi. Ciò nonostante, esistono dati solidi in letteratura che riguardano gli effetti del caffè sulla salute.

I dati più numerosi si riferiscono al rischio di sviluppare diabete di tipo II. Della decina di studi pubblicati fino ad oggi, circa il 70% dimostra come il consumo di caffè si associ a minor rischio di sviluppare questa patologia. Gli studi più completi sull’associazione inversa tra caffè e diabete di tipo II sono stati condotti in Olanda ed in Finlandia. Il primo studio, pubblicato su Lancet nel 2002 da van Dam e Feskens, ha preso in esame ben 17.000 uomini e donne olandesi ed ha rilevato come la probabilità di sviluppare diabete di tipo II fosse inferiore del 50% nei soggetti che consumavano almeno 7 tazze di caffè al giorno rispetto a chi ne consumava 2 o meno. Si tratta di quantità elevate, che possono essere raggiunte anche grazie al consumo di caffè decaffeinato nell’ambito della giornata.

Il secondo studio interessante è stato condotto in Finlandia, dove, come detto sopra, il consumo di caffè è il più elevato al mondo. In questo lavoro i ricercatori hanno seguito 14.000 soggetti per ben 12 anni ed hanno notato come uomini che bevessero almeno 10 tazze di caffè/die avessero un rischio di sviluppare diabete di tipo II inferiore del 55% a chi ne beveva 2 tazze/die o meno, confermando i dati dello studio olandese. Addirittura, le donne i cui livelli di consumo era dell’ordine delle 10 tazze/die avevano una probabilità di sviluppare il diabete di tipo II ridotta del 79% rispetto al gruppo di riferimento (Tuomilehto e coll, JAMA 2004).

Sono state proposte diverse spiegazioni per questo effetto protettivo, tra cui l’inibizione dell’assorbimento di glucosio a livello intestinale da parte dell’acido clorogenico e degli altri antiossidanti polifenolici presenti nel caffè. Altre ipotesi prevedono l’aumentato consumo energetico ed il controllo del peso corporeo.

Molto forte è anche l’associazione inversa tra il consumo di caffè ed il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative. In particolare, il caffè, tramite meccanismi ancora da studiare, previene significativamente il morbo di Parkinson. In quest’ambito, gli studi più avanzati sono stati condotti da un ricercatore di origine italiana, Alberto Ascherio (che lavora presso la Boston University), che ha seguito un ampia casistica (fino a 300.000 soggetti) ed ha registrato un effetto protettivo del consumo di caffè nei confronti del morbo di Parkinson. Pur con tutte le limitazioni del caso (questi studi, di natura osservazionale, devono essere confermati in altre popolazioni e da altri ricercatori), dati ottenuti a livello molecolare confermano un’attività della caffeina nei confronti dei meccanismi cellulari che portano al Parkinson, ad esempio prevenendo la tossicità dopaminergica, responsabile del danno portato ai neuroni della substantia nigra.

Per quanto riguarda un altro aspetto spesso dibattuto, quello che coinvolge la sfera salutistica femminile, dobbiamo sottolineare come livelli di consumo normali di caffè non si associno ad alcun effetto rilevabile sulla sfera riproduttiva (né sulla fertilità né sulla possibilità di incorrere in aborti spontanei), a livello della salute del seno o nei confronti dell’osteoporosi, anche se la caffeina interferisce in misura modesta con l’assorbimento del calcio.

Qualche precauzione va presa durante l’allattamento, in quanto la caffeina passa nel latte materno e può avere effetti sul ciclo del sonno e sull’appetito del bambino. In sintesi, le uniche precauzioni legate al consumo di caffè riguardano le gestanti e le donne in allattamento. Nel primo caso si deve tenere presente che la caffeina è liposolubile e passa alla placenta. Nonostante non esistano studi dedicati specificatamente a questo aspetto, si deve mantenere livelli di consumo moderato durante la gravidanza. Ovviamente, questi inconvenienti possono essere evitati consumando caffè decaffeinato nel periodo dell’allattamento ed in gravidanza.

In sintesi, le uniche considerazioni rilevanti riguardo gli effetti sulla salute umana del consumo di caffè sono da fare prendendo in esame il suo contenuto di componenti minori (polifenoli) e non altri componenti spesso ritenuti – a torto se ingeriti in quantità moderate – dannosi, quali la caffeina. La possibilità di utilizzare caffè decaffeinato, peraltro, rimuove anche alcuni ostacoli di ordine psicologico od oggettivo (ad esempio il consumo di caffè in ore serali) che spesso sono legati a questa bevanda così complessa.

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