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Speciale di Decoffea Online anno 21° – N. 36 – Dicembre 2012
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PREMESSA: è così fortemente entrato a far parte della nostra dieta alimentare giornaliera che il suo effetto sul mantenimento della salute umana e l’interazione con le più comuni patologie del secolo, è studiato dalle comunità scientifiche più accreditate a livello mondiale: parliamo del caffè e dei suoi componenti naturali, fra cui la caffeina, il cui utilizzo è noto anche in farmacologia.

Riferimento temporale: dicembre 2012

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§_IL CAFFÈ FA MALE? PUÒ FAR BENE SE LO SI SA APPREZZARE ED EQUILIBRARE

Del caffè e della caffeina sono state studiate le proprietà fisiologiche, farmacologiche e le relazioni con l’incidenza dei più importanti gruppi di malattie. Ma il caffè fa male o fa bene alla salute? Le risposte richiedono una premessa: il caffè non va confuso con la caffeina che è solo una delle tante componenti bioattive del caffè. Allo stato delle conoscenze attuali, è la caffeina che può avere qualche effetto sfavorevole sulla salute. Può, infatti, far aumentare leggermente la pressione sanguigna ma non causa aumento delle patologie cardiovascolari (vero motivo per il quale bisogna prevenire l’ipertensione). Devono limitare la caffeina (e quindi il caffè e le tante bevande, alimenti e medicine che lo contengono) i metabolizzatori lenti: le donne in gravidanza e in allattamento, i bambini, i malati di cirrosi e in generale tutti coloro che empiricamente risentono di più degli effetti della caffeina.Ma anche chi soffre di gastrite e ulcera deve limitarne il consumo e, comunque, gli eventuali effetti avversi del caffè non necessitano di penutenze; basta rivolgersi al decaffeinato.

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Ma gli effetti benefici del caffè sono tanti: a volte dipendono anche dalla caffeina ma più spesso, probabilmente, dalle altre sostanze bioattive contenute nel caffè. Alla caffeina, bisogna dire grazie per il diminuito senso della fatica per l’incremento del senso della vigilanza e del tempo di reazione, per le aumentate capacità digestive e per una buona motilità intestinale, per gli effetti termogenetici, ergogenici e anti-infiammatori, per il potenziamento degli effetti antidolorifici di alcuni analgesici. Agli altri componenti (fra cui i polifenoli) va un grazie perché, alle dosi contenute in 3-4 tazzine al giorno, probabilmente contribuiscono agli effetti benefici del caffè sull’infarto miocardico, l’ictus, il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari nei diabetici, il tumore del cavo orale/faringe, il tumore del fegato (oltre alla cirrosi), il tumore dell’endometrio e forse del colon-retto. Da aggiungere la possibile prevenzione della malattia di Alzheimer e di Parkinson. Last but not least, anche se il dato è in attesa di conferma, il caffè sembra associato a una diminuzione di mortalità totale. Bastano 3-4 tazzine di caffè perché una persona sana possa apprezzarne le qualità godendone gli effetti benefici e spesso preventivi. Se in passato l’assunzione di caffè era stata associata a una vasta serie di malattie, gli studi più recenti hanno assolto la bevanda da quasi tutte le accuse.

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§_CAFFÈ E MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Nei soggetti sani, la relazione tra caffè e incidenza e/o mortalità per malattia coronarica, infarto miocardico, malattia ischemica, studiata da più di 40 anni, con risultati contrastanti, ha visto la pubblicazione di diverse meta-analisi (2-4). Una meta-analisi pubblicata nel 1994 (basata su 15 studi di coorte e 8 studi caso-controllo) mostrava un’assenza di relazione negli studi di coorte, con un RR di 1.05 (95% CI 0.99-1.12) per un consumo di 5 o più tazzine di caffè al giorno verso un consumo di meno di una tazzina al giorno e un aumento, invece, di rischio negli studi caso-controllo (RR 1.63, 95% CI 1.50-1.78) (2). Una meta analisi pubblicata nel 2007 ne conferma i risultati (3), un’altra meta-analisi pubblicata nel 2009 e che includeva solo studi di coorte (21 studi) trovava un RR di 0.96 per 1-3 tazzine/die, di 1.04 per >=3-5 tazzine/die e di 1.07 per >5 tazzine/die rispetto ai consumatori di meno di una tazza (4).

Esiste uno studio su 503 soggetti dove il caffè è menzionato tra i fattori scatenanti l’infarto, la morte improvvisa o l’ictus ischemico, nell’ora successiva all’assunzione, ma questo accade soprattutto nei non bevitori o nei bevitori occasionali (5). Pertanto almeno 20-25 studi di coorte suggeriscono che con l’assunzione moderata di caffè non vi è aumento di rischio di patologia coronarica e almeno 15 studi caso-controllo suggeriscono che più di 3-4 tazzine al giorno di caffè aumentano leggermente il rischio di patologia coronarica. Pertanto si può ipotizzare che il caffè potrebbe avere degli effetti negativi a breve termine sui fattori scatenanti l’infarto, ma che non sembra avere effetti a lungo termine (6). Quindi, nei soggetti sani, non sembra esserci controindicazione a un consumo moderato (fino a 3-4 tazzine al giorno), regolare e continuativo di caffè per la malattia coronarica e l’infarto miocardico. Infine il caffè a dosi moderate non aumenta il rischio di insorgenza di scompenso cardiaco, malattia valvolare e aritmie cardiache (fibrillazione atriale) (7) (8). Gli studi in generale suggeriscono che nella maggior parte dei pazienti con aritmie note o sospette, la caffeina in dosi moderate è ben tollerata (9). Naturalmente in questi casi bisogna tenere ancora più conto della suscettibilità individuale alla caffeina.

Parlando di ICTUS, soprattutto perché la caffeina agisce sulla pressione arteriosa (principale fattore di rischio per l’ictus), una meta-analisi di 11 studi prospettici (per un totale di 10.003 casi di ictus), mostra un’associazione non lineare con un RR di 0.92 per 1 tazzina/die, 0.86 per 2 tazzine/die, 0.83 per 3-4 tazzine/die, 0.84 per 5 tazzine/die, 0.87 per 6 tazzine/die, 0.90 per 7 tazzine/die, 0.93 per 8 tazzine/die (10). I RR erano simili nei due sessi sia per l’ictus ischemico che emorragico. Quindi, il caffè in generale non sembra aumentare il rischio di ictus ed è stato ipotizzato che, a dosi moderate, potrebbe addirittura essere protettivo. Però uno studio ha mostrato che, in chi non beve mai caffè o nei consumatori occasionali, nella prima ora dopo l’ingestione, il caffè, può aumentare leggermente il rischio di ictus (5). Nei soggetti malati – prevenzione secondaria – lo studio clinico controllato randomizzato italiano (GISSI) ha mostrato che nei post infartuati non vi è associazione tra consumo moderato di caffè (fino 4 tazzine/giorno) e rischio di nuovi eventi cardiovascolari (re-infarto, ictus, morte improvvisa) (11). E’ meglio non generalizzare però, perché la possibilità di consumare caffè dopo un infarto dipende dalla gravità e dal tipo di infarto, dal possibile danno permanente che l’infarto ha causato, dal tempo trascorso dall’infarto, e da altri fattori di rischio concomitanti come l’ipertensione e soprattutto dal rischio di aritmie. Quindi, in questi casi, come per tutte le persone che hanno una malattia cronica o hanno avuto una malattia grave, l’unico che può dare una risposta è il medico, perché conosce a fondo il proprio paziente e le terapie che segue.

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§_CAFFÈ E DIABETE

Il consumo di caffè è associato a una minore insorgenza di diabete. La pubblicazione, nel 2009, di una meta-analisi (basata su 18 studi prospettici) mostra che per un incremento di una tazzina di caffè al giorno vi è una protezione del 7% staticamente positiva, dopo aggiustamento per i vari potenziali confondenti (12). Per il caffè decaffeinato lo stesso studio mostra un RR di 0.64 per un consumo di 2 o più tazzine/giorno, basato sui dati di 5 studi prospettici (12). Per il tè il RR è 0.82 per un consumo di più di 3-4 tazze al giorno. Tre lavori prospettici successivi (1,13,14) confermano la protezione sia da parte del caffè regolare che del caffè decaffeinato. E se il diabete è presente? Se prima si pensava che i diabetici dovessero ridurre il consumo di dei livelli di glucosio, oggi si è capito che tale incremento può verificarsi solo se si ingeriscono dosi massicce di caffeina pari ad almeno 7-8 caffè presi tutti insieme. Per un consumo moderato di caffè non ci sono rischi. Un lavoro del 2009 basato su 3500 uomini diabetici e un altro su 7170 donne diabetiche, seguite per 30 anni, mostra che il consumo di caffè in questi pazienti non aumenta né la mortalità totale, né il rischio cardiovascolare (infarto fatale e non fatale, o ictus), che come si sa in questi pazienti è aumentato (15,16), anzi, potrebbe addirittura avere un effetto protettivo. Vale la solita raccomandazione della moderazione.

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§_CAFFÈ E MALATTIE NEUROLOGICHE

Molti gli studi sui vari tipi di demenze e deficit cognitivi negli anziani, di cui l’Alzheimer non è che il più noto. In generale un consumo moderato di caffè sembra proteggere dalle demenze. Una meta-analisi (9 studi di coorte e 2 caso-controllo) ha calcolato un RR di 0.84 per il consumo di caffeina più alto rispetto al più basso come categorizzati in ciascuno studio; il RR era 0.93 per gli studi di coorte e 0.49 per gli studi caso-controllo (17). Se si osservano separatamente i vari tipi di demenze, il RR è 0.62 per la malattia di Alzheimer (2 studi di coorte e 2 caso-controllo) e non vi era associazione per la demenza non meglio definita (un piccolo studio caso-controllo), il deficit cognitivo (uno studio di coorte), il declino cognitivo (3 studi di coorte) (17). Pertanto i dati suggeriscono una protezione, ma richiedono conferma; tuttavia sono rassicuranti perché in ogni caso indicano che il caffè non aumenta il rischio di demenze.

E’ del 2010 una meta-analisi sulla relazione fra consumo di caffè e insorgenza di Morbo di Parkinson. 26 gli studi (7 coorti, 16 caso-controllo, 2 studi caso-controllo nested in 2 coorti e uno studio cross-sectional). Il risultato è un RR di 0.75 per il consumo di caffeina, più alto rispetto al più basso in ciascuno studio, con una curva dose-risposta per un aumento di 300 mg di caffeina al giorno (18). C’è solo una difficoltà nell’interpretazione dei dati: l’astensione dal caffè potrebbe essere un segno precoce della malattia. Tuttavia, mostrano un effetto protettivo con RR di 0.80 anche gli studi di coorte, in cui l’esposizione alla caffeina è misurata molto tempo prima dell’insorgenza della malattia. Né caffè espresso, né caffè decaffeinato, né tè sembrano aumentare il rischio di sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

Uno studio ha riportato un’associazione inversa con il caffè, ma al momento i risultati sono pochi (19). Sulla salute mentale e i disordini psichiatrici i dati sono molto preliminari e soggettivi. La caffeina, secondo qualche studio, diminuisce i sintomi depressivi e il rischio di suicidio, ma questo è ancora da dimostrare. E’ stata mostrata un’associazione inversa tra consumo di caffè e depressione nelle donne in uno studio di coorte: la responsabile dell’effetto sembra essere la caffeina, visto che non c’è associazione con il caffè decaffeinato fino a 2 tazzine al giorno.Però la caffeina ad alte dosi aumenta lo stato di ansia e quindi non è molto indicata nei soggetti con attacchi di panico. Questo potrebbe essere particolarmente vero nei lenti metabolizzatori della caffeina.

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§_CAFFÈ E TUMORI

Mortalità per Tutti i Tumori

La quasi totalità degli studi che hanno analizzato la relazione tra consumo di caffè e rischio di tumore, senza distinguere la sede anatomica, ha trovato un’assenza di associazione (3). Tuttavia, le varie neoplasie sono malattie con fattori di rischio diversi ed è necessaria un’analisi suddivisa per sito anatomico.

Cavo Orale/Faringe

La relazione tra consumo di caffè e rischio di tumore del cavo orale/faringe, considerata in una pooled-analysis di 9 studi caso-controllo, ha stimato un odds ratio (OR) cumulativo di 0.61 per un consumo di più di 4 tazzine al giorno rispetto ai non consumatori (20). L’OR era di 0.96 se si aumentava il consumo di una tazzina al giorno. La protezione del caffè su questi tumori è stata confermata in una meta-analisi basata su uno studio di coorte e 8 studi caso-controllo (diversi da quelli inseriti nella pooled-analysis, tranne uno), che ha calcolato un complessivo di 0.64 (significativo) per il consumo più alto rispetto al più basso (21).

Colon-Retto

I dati non sono ancora conclusivi a causa della discrepanza tra i risultati fra gli studi di coorte (non trovano associazione), e gli studi caso-controllo (trovano una relazione inversa). In particolare, una pooled-analysis di 13 studi di coorte ha calcolato un RR di 1.07 per chi consuma 6-8 tazzine al giorno di caffè rispetto ai non bevitori e un RR di 0.99 per un incremento di una tazzina al giorno (22). Una meta-analisi di 12 studi di coorte ha ottenuto un RR complessivo di 0.91 per il tumore del colon-retto nei forti consumatori di caffè rispetto ai consumatori di poco caffè (23). Considerando i due tumori separatamente, il rischio di tumore del colon tendeva a mostrare una debole associazione inversa (RR 0.90), soprattutto nelle donne (RR 0.79), mentre il rischio di tumore del retto non sembrava associato (RR 0.98)(50). Una meta-analisi degli studi caso-controllo ha calcolato un OR di 0.86 (significativo) per il tumore del colon-retto tra i bevitori di caffè rispetto ai non bevitori (24). Gli OR per i più forti consumatori erano 0.69 per il tumore del colon-retto, 0.80 (significativo) per il tumore del colon e 0.89 (significativo) per quello del retto. La relazione inversa potrebbe essere spiegata, oltre che dalla presenza nel caffè di antiossidanti e sostanze antimutagene, anche dal fatto che nel colon il caffè riduce la secrezione di colesterolo e acidi biliari, stimola la secrezione di steroli neutri e aumenta la motilità.

Fegato

Per il tumore del fegato i risultati di 4 studi di coorte e 6 studi caso-controllo sono stati considerati in due meta-analisi che hanno stimato lo stesso RR complessivo di 0.59 (significativo) per i bevitori di caffè rispetto ai non bevitori (RR 0.45 per i forti bevitori) (25, 26). Il consumo di caffè è inversamente associato anche al rischio di cirrosi epatica, un importante fattore di rischio del tumore del fegato e ha un riscontro negli studi che hanno mostrato una relazione inversa tra consumo di caffè ed elevati livelli di transaminasi, enzimi epatici biomarcatori di danno e infiammazione delle cellule epatiche. Per spiegare l’associazione inversa, oltre alle proprietà antiossidanti del caffè, si deve ricordare che Khaweolo e Cafestolo hanno effetti protettivi sulla genotossicità indotta dalla aflatossina B1, una sostanza ad azione tossica, mutagena e cancerogena per il fegato.

Pancreas

La relazione tra consumo di caffè e rischio di tumore del pancreas è stata considerata in numerosi studi dopo che nel 1981 era stato pubblicato uno studio che aveva suggerito una forte associazione positiva (27). Tuttavia una meta-analisi degli studi pubblicati fino al2011 non ha trovato alcuna associazione (28). Gli RR per il consumo più alto rispetto al più basso per tutti i 54 studi (17 coorti, 37 caso-controllo, per un totale di 10.594 casi) era 1.13 e nei 37 studi aggiustati per fumo (15 coorti, 22 caso-controllo) era 1.08. L’RR per un incremento di una tazzina al giorno nei 28 studi che aggiustavano per fumo era 1.03. Analizzando accuratamente gli studi ci si accorge che l’unico che trova una relazione positiva tra gli studi aggiustati per fumo e quello pubblicato nel 1981, anche se non se ne conosce il motivo. Una pooled-analysis di 14 studi di coorte pubblicata nel 2012, conferma l’assenza di relazione con un RR complessivo di 1.10. Nessuno degli studi inclusi nella pooled-analisi presentava singolarmente associazione né diretta né inversa significativa (29).

Endometrio

Una meta-analisi di 2 studi prospettici e 7 studi caso-controllo sulla relazione tra consumo di caffè e rischio di tumore dell’endometrio ha calcolato un RR di 0.64 per le forti consumatrici di caffè rispetto alle non consumatrici (30). Il RR per l’aumento di consumo di una tazzina al giorno era 0.93. Elevati livelli di estrogeni e diabete sono fattori di rischio riconosciuti per il tumore dell’endometrio e il caffè ha effetti favorevoli sul metabolismo degli estrogeni, sui livelli di insulina e sui fattori di crescita a essa legati (IGF). Infatti, la frequenza di diabete è ridotta nei consumatori di caffè. Pertanto, oltre agli antiossidanti, questi potrebbero essere tra i meccanismi responsabili della protezione del caffè sul rischio di tumore dell’endometrio.

Vescica

La relazione tra consumo di caffè e rischio di tumore della vescica è molto studiata dal 1991, data della pubblicazione della Monografia della International Agency for Research on Cancer (AIRC) (31); qui si concludeva che vi erano evidenze limitate che il caffè potesse essere cancerogeno per la vescica. I risultati contraddittori fanno sì che ancora oggi non si possa dare una risposta chiara e conclusiva. Una pooled-analysis, pubblicata nel 2000 non ha trovato alcuna relazione tra consumo di caffè e rischio di tumore della vescica; un lieve eccesso di rischio è stato osservato solo nei bevitori di 10 o più tazzine al giorno (32).Una meta-analisi pubblicata l’anno successivo ha stimato un RR complessivo di 1.26 per gli studi che includevano solo gli uomini, 1.08 (non significativo) per quelli che includevano solo le donne e 1.18 per entrambi i sessi (33).

Una revisione critica della letteratura pubblicata nel 2009, ha considerato 4 studi di coorte e 17 studi caso-controllo pubblicati tra il 1991 e il 2007 (34). Tutti gli studi di coorte hanno mostrato un aumento di rischio non significativo e uno ha trovato una diminuzione di rischio significativa nelle donne. Tra gli studi caso-controllo, 8 hanno mostrato un aumento di rischio moderato, ma significativo, e solo 3 una curva dose-risposta. Oltre agli studi considerati nella revisione della letteratura, uno studio di coorte americano non ha trovato alcuna relazione, un altro giapponese ha trovato un leggero aumento di rischio solo nei non fumatori e due studi casocontrollo non hanno trovato alcuna associazione.Questi due ultimi studi non hanno trovato neppure relazioni tra consumo di caffè e rischio di tumore della vescica in sottogruppi di popolazione con caratteristiche genetiche diverse riguardo agli enzimi che metabolizzano la caffeina.

Pertanto, i risultati dei vari studi sulla relazione tra consumo di caffè e rischio di tumore della vescica sono discordanti e non permettono di trarre conclusioni definitive. Tuttavia, sebbene sia possibile che il caffè aumenti moderatamente il rischio di tumore della vescica, si possono escludere aumenti importanti e non si può stabilire se la moderata relazione diretta sia causale, in quanto solo pochi studi trovano una relazione dose-esposizione e i risultati degli studi che considerano le relazioni temporali sono insufficienti. Sulla base dei dati epidemiologici, pertanto si possono escludere forti aumenti di rischio di tumore della vescica nei bevitori di caffè, ma non un piccolo aumento di rischio.

Altri Tumori

Per i tumori cosiddetti “big killer”: polmone, mammella e prostata (oltre a quello del colon-retto di cui si è già detto), gli studi sono numerosi e concordi nel mostrare un’assenza di relazione. Per tutte le altre neoplasie di: esofago, stomaco, colecisti, dotti biliari, laringe, cute, ovaio, cervice, vulva, rene, bacinetto renale, uretere, cervello, tiroide e tessuto linfoide e connettivo, gli studi epidemiologici sono rassicuranti. In particolare per il tumore dell’ovaio per il quale era stato ipotizzato un aumento di rischio, si è trovato, anche se per alcune neoplasie sono scarsi, un RR di 1.13 (35) e da un’altra precedente meta-analisi di tutti gli studi non emerge alcuna associazione (36).

CONCLUSIONI PER LA RELAZIONE TRA CAFFÈ E TUMORI

Nelle persone sane, un consumo moderato di caffè, cioè 3-4 tazzine al giorno, non presenta rischi per le neoplasie, anzi può avere un qualche effetto protettivo sul rischio di tumore del cavo orale/faringe, fegato (inclusa la cirrosi), endometrio e forse del colon. L’unico tumore per il quale potrebbe esserci un leggero aumento di rischio bevendo il caffè è il tumore della vescica, pur non avendo ancora risultati chiari. Quindi, il caffè non è una chemio prevenzione ma consumarlo non aumenta il rischio di tumore, anzi aiuta a prevenirne alcuni.

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§_CAFFÈ E OSTEOPOROSI

La caffeina interagisce con il metabolismo osseo del calcio, metabolismo tra l’altro sempre attivo a tutte le età (37). Dosi elevate di caffeina facilitano il rilascio del calcio dal tessuto osseo per equilibrare i livelli di calcio circolante. Ecco perché è stato ipotizzato che il caffè potrebbe far aumentare l’osteoporosi. Tuttavia, quando la dieta è adeguata o più ricca in calcio, l’equilibrio è più stabile e il calcio viene rimosso in minor quantità (38). Nessuno studio epidemiologico ha trovato associazioni tra consumo di caffè e rischio di osteoporosi.

CAFFÈ E CALCOLI BILIARI

La caffeina influenza diversi processi epatobiliari coinvolti nella litogenesi del colesterolo. Tuttavia gli studi epidemiologici hanno dato risultati contrastanti, ma rassicuranti. La maggior parte mostra assenza di associazione.

CAFFÈ E MORTALITÀ TOTALE

Gli studi che considerano la relazione tra consumo di caffè e mortalità totale hanno mostrato nel loro complesso un’assenza di relazione o un moderato effetto favorevole. In particolare un recente studio prospettico americano (NIHAARP Diet and Health Study) pubblicato nel 2012 (1), basato su 400.000 partecipanti e 52.000 deceduti, quindi con un considerevole potere statistico, ha mostrato una relazione inversa significativa per la mortalità totale, con un rischio relativo (RR) per un consumo di 6 tazzine/die rispetto ai non bevitori di 0.90 (95% CI0.85-0.96) negli uomini e di 0.85 (95% CI 0.78-0.93 intervallo di confidenza) nelle donne. La protezione aumentava con l’aumento del consumo e l’analisi separata per grossi gruppi di patologie mostrava una tendenza a una relazione inversa per tutte le patologie, statisticamente significative per la mortalità da diabete e, nelle donne, per le patologie cardiache. Nessuna relazione si evidenziava invece per i tumori considerati nella loro totalità.La relazione inversa era leggermente più forte nei non/ex fumatori ed era simile in chi beveva prevalentemente caffè o caffè decaffeinato, suggerendo che gli effetti benefici del caffè non sembrano dipendere dalla caffeina, ma dalle molte altre sostanze contenute nel caffè

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IL CAFFE’ DECAFFEINATO

Ancora una volta si ribadisce che il caffè decaffeinato è in tutto uguale al caffè classico tranne che per l’assenza di caffeina. Se un tempo si temeva che nel decaffeinato potessero essere presenti residui dei solventi utilizzati per l’estrazione della caffeina, oggi si è certi che anche le più piccole tracce di solventi residui vengono eliminate con la tostatura. Sul decaffeinato gli studi sono meno numerosi e meno numerosi sono i bevitori di caffè decaffeinato in tutti gli studi epidemiologici. Inoltre chi beve caffè decaffeinato, di solito ne beve in quantità moderata e spesso assume contemporaneamente anche caffè classico. Pertanto i risultati degli studi epidemiologici sono ad oggi insufficienti al fine di conclusioni sulla relazione fra il consumo di decaffeinato e la salute. Comunque, in quei pochi studi che considerano il consumo di decaffeinato e il rischio di malattie non si trova alcuna associazione diretta, spesso si trovano relazioni inverse, come per il caffè regolare. Pertanto, pur non potendo trarre conclusioni definitive, si può essere rassicurati sul fatto che non emergerebbero alcuni dati negativi relativi al consumo di decaffeinato e salute. Anzi, in molti casi in cui non è il caffè, ma la caffeina, a creare problemi di salute (per esempio nei lenti metabolizzatori), il caffè decaffeinato può essere un ottimo sostituto del caffè.

Referenze

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Fonte: DECOFFEA ONLINE Anno 21° N. 36 – Dicembre 2012 – Weber Shandwick Italia, Via Pietrasanta 14 20141 Milano – Direttore Responsabile: Eleonora Pellegrini De Vera Redazione: Giuseppe Bonazzoli, Rita La Rosa www.caffesalute.it decoffea@webershandwick.com

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