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Degustazione di vino: il bicchiere giusto fa davvero la differenza?

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Sei curioso di assaporare un vino senza perderti tutte le sue sfuma͏ture? Un vero professionista sa che non conta solo la materia prima, ma anche il bicchiere. Dalle forme, ai materiali fino alla temperatura ideale, ecco tutte le indi͏cazioni pratiche per una degustazione perfetta.

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Il consumo mondiale di vino è sceso ai minimi dal 1961 con 214,2 milioni di ettolitri nel 2024. L’Italia resta tra i Paesi con più consumo pro-capite, 42,7 litri annui per gli over 15 nel 2024. Quindi, è ancora più importante massimizzare l’esperienza di ogni bottiglia e fare in modo che i commensali riscoprano il piacere di questo prodotto.

In che modo? È più semplice di quanto pensi. Bisogna prestare attenzione non solo al vino in sé, ma anche al bicchiere in cui viene servito. Ci sono tante piattaforme come Wanapix che permettono di acquistare un calice di vino personalizzato e su misura, con incisioni, loghi o nomi in base alle proprie preferenze. Un dettaglio unico può fare la differenza e può incidere anche sull’assaggio.

Forma e dimensione: come la geometria guida i profumi

La forma del calice influenza il microclima che annusiamo prima di bere. Lo spazio che rimane al di sopra del vino, che si chiama headspace, è il luogo dove si accumulano l’alcol e gli aromi. Non è una teoria da sommelier integralisti, diverse ricerche recenti lo mostrano con gli strumenti ottici e i laser.

  • Sui vini fermi, gli studi di imaging e i sensori laser hanno mappato l’etanolo gassoso sopra il vino e hanno evidenziato che si distribuisce in modo diverso a seconda della forma del bicchiere e della temperatura. Le varie geometrie creano delle “mappe” di vapori diverse e, quindi, un profumo diverso;
  • Sulle bollicine, altri lavori hanno misurato la CO₂ gassosa sopra due calici (il classico INAO da 21 cl e un tulip più ampio) e hanno mostrato come il volume e il profilo del bicchiere cambino la concentrazione di gas che raggiunge il naso durante la degustazione. In breve: i calici più ampi e a tulipano tendono a offrire un quadro aromatico più ricco rispetto ai flûte molto stretti.
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Tradotto in pratica: per i bianchi e i rossi giovani usa un calice universale a tulipano con pancia media e imboccatura leggermente chiusa. Per i rossi strutturati o gli aromatici complessi, una coppa più ampia aumenta superficie e l’headspace. Per il metodo classico e charmat, preferisci un tulipano da spumante, lascia respirare gli aromi più di un flûte stretto, senza disperdere subito le bolle.

Materiale, spessore, bordo: dettagli che senti (davvero)

Il materiale più diffuso è il cristallo senza piombo, è brillante, leggero, solido. La trasparenza aiuta a valutare il colore e la limpidezza. Lo spessore sottile del bordo riduce l’interferenza tattile quando bevi, così senti meglio la tessitura e la finezza del vino. Non c’è da porsi troppe domande, pensa al contatto sulle labbra come a un filtro fisico, meno spessore significa meno filtro.

Esiste anche un calice standard pensato per la degustazione tecnica, quello definito dalla norma ISO 3591: un “uovo allungato” con l’apertura più stretta della pancia, proprio per convogliare il bouquet al naso e garantire la ripetibilità tra gli assaggi. È lo stesso formato che le scuole e i concorsi usano quando servono i campioni in serie.

Suggerimento operativo: non farti ossessionare dalle etichette “per vitigno”. Se non vuoi riempire la credenza, due calici coprono il 90% delle situazioni:

  • un universale a tulipano (350-450 ml);
  • uno ampio per rossi importanti (500-700 ml);
  • Se ami le bollicine, aggiungi un tulip dedicato.

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Temperatura, quantità e movimento: le tre leve più efficaci

Anche con il calice giusto, l’esperienza cambia se servi alla temperatura sbagliata o se versi troppo.

  • Quanto versare: La norma ISO per la degustazione tecnica indica di non riempire il bicchiere e di lasciare uno spazio d’aria sufficiente sopra il vino. Per i panel si parla di circa 50 ml per campione, proprio per creare un headspace utile a sviluppare i profumi. A casa non serve essere così rigorosi, ma riempi al massimo a un terzo, così avrai spazio per roteare senza rovesciare;
  • Temperatura: Più caldo significa più volatilità (anche dell’etanolo), più freddo significa profilo aromatico compresso. La letteratura recente sugli spumanti mostra bene come le piccole differenze di temperatura cambino la dinamica della CO₂ e, di riflesso, la tua percezione. Quindi, non è una cosa da trascurare! Per non sbagliare: bianchi leggeri e rosati 8-10°C, bianchi strutturati e rossi leggeri 12-14°C, rossi importanti 16-18°C, spumanti 6-8°C (salendo un filo per i metodo classico);
  • Roteare sì o no? Sui fermi, un paio di rotazioni delicate liberano i composti aromatici. Sugli spumanti, modera il gesto perché lo swirling cambia il profilo gassoso nel calice, ma non sempre a tuo vantaggio (può far scappare la CO₂ più in fretta).

Il 47% del vino consumato nel mondo è importato. Questo significa che sulle nostre tavole arrivano tanti stili diversi. Perciò, adattare la temperatura e la quantità al profilo del vino è il modo più veloce per non appiattirli.

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