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Prima dell’avvento dell’elettronica, è esistito un tempo in cui le corse automobilistiche erano un fatto di pura meccanica. C’era un fascino ormai perduto nel pensare all’ingranaggio, nel capire da un rumore cosa non stava funzionando o dove si poteva migliorare, nel doversi affidare completamente al fattore umano per le valutazioni.

Creare un gin, uno buono, che funzioni è un fatto di meccanica. Bisogna far funzionare i propri sensi all’unisono, accordarli sul risultato, e far combaciare le botaniche al millimetro come fossero ingranaggi, in modo che girino insieme  dando una somma che sia maggiore delle singole parti.

Dovendo paragonare Engine a una macchina, faremmo torto sia al prodotto che al suo ideatore se non lo accostassimo alla Lancia Delta S4 dell’epoca dei Rally. Con tutto il rispetto per la nobiltà delle corse di velocità, qui siamo infatti difronte ad un prodotto fatto di anima e materia, che trae la sua forza anche dalle proprie origini piemontesi (distillato in Alta Langa, con ingredienti 100% biologici. Le botaniche più marcanti, salvia e limone, vogliono essere un tributo alla tradizione dei rosoli). Che il packaging sia accattivante non è in discussione, ma come insegnano appunto le corse, la carrozzeria deve essere funzionale, e senza un buon motore non si va lontani.

La sfida di Engine

Con il senno del poi, pare facile guardare alle magnifiche latte bianche e pensare che un’operazione comunicativa di questo tipo non poteva non risultare vincente, ma in realtà riuscire a legare il mondo dei motori e quello degli  alcolici è un piccolo miracolo: Engine riesce paradossalmente a diventare simbolo del “don’t drink and drive”, argomento scottante che se non maneggiato con cura avrebbe rischiato di rivoltarsi contro alla studiatissima comunicazione del brand.

Invece non solo il prodotto è diventato sinonimo del fineserata dei corridori, ma addirittura si è fatto promotore del piacere del guidare in sicurezza e divertendosi nel mondo del bar, come dimosta il primo ENGINE DRIFTING DAY, tenutosi il circuito privato dell’ex pilota Graziano Rossi, che ha aperto le porte di casa in quel di Tavullia, a otto fra i migliori bartender italiani in pista per un’esperienza indimenticabile ad alto tasso di adrenalina. Ad alternarsi al volante Patrick Pistolesi, Edoardo Nono, Luca Hu, Salvatore Calabrese, Cinzia Ferro, Jimmy Bertazzoli, Alex Frezza e Thomas Tombesi, i quali, opportunamente formati durante la mattinata da Graziano e dal Bicampione del Mondo GT e opinionista di Sky Matteo Bobbi, si sono poi sdati in una gara di precisione a base di drifting, una tecnica di guida che permette di inclinare l’auto e affrontare le curve del circuito .

A brindare a sera nel Castello di Gradara con un Gin & Tonic per festeggiare la vittoria è stato Edoardo Nono, proprietario del Rita di Milano. Al secondo posto Alex Frezza de L’Antiquario di Napoli, mentre a completare il podio un parimerito tra Cinzia Ferro, Estremadura Café di Verbania, e il Maestro Salvatore Calabrese.

Nello sguardo soddisfatto di Paolo Dalla Mora si legge soddisfazione, ma anche voglia di ricominciare. Questo evento infatti mira a diventare un appuntamento fisso, da ripetersi sempre con nuovi protagonisti e vecchi amici, nel segno di una vittoria che vale più del gradino sul podio, perché è alla sfida vinta contro se stessi che bisogna sempre avere il coraggio di brindare.

Ph: Mike Tamasco

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