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Dal 2004 una storia che si ripete nel giorno di Sant’Ambrogio. Una storia sinonimo di qualità e tradizione, di eccellenza italiana che travalica i confini dell’arte e del gusto confermandosi ogni anno. È la notte della prima della Scala, che quest’anno torna verdiana con l’Attila, e come negli ultimi tre lustri sarà Bellavista ad accompagnare i brindisi e la cena di gala della Prima della Scala, firmata da Daniel Canzian, con il Millesimo Brut, ormai simbolo di lealtà all’evento e responsabilità verso il Teatro. Come dichiara Francesca Moretti, CEO del gruppo vino Terra Moretti, “creatività e talento ci ispirano, ogni anno è una gioia e una grande emozione”.

ATTO PRIMO – Tardo per gli anni e tremulo. Il sipario non nasconde. Preannuncia, eccita, stimola come un giro di antipasti e amuse bouche: mousse di broccoletti, cavolo viola e mele, toc’ in braide friulano, panzerotto alla romana con cacio e pepe, anolino alla parmigiana in brodo di cipolle. Sono i primi scalpitii mentre in platea partono gli applausi di incoraggiamento: cremosi, sapidi, regionali. Quando il panno accenna a muoversi agita, quando si divide emoziona, quando sale cattura l’attenzione prima di concederla con grazia al palcoscenico e a chi lo calpesta. È il perlage finissimo di Bellavista, elegante pur dinamico, quasi turbolento. Il primo sorso, come la prima nota al teatro, si cattura con gli occhi, ammaliati senza soluzione di continuità dalla vivacità della danza delle bollicine; mai accecati, anzi carezzati dalla luminosità (del palco e) del giallo vivo di un prodotto che già dai primi momenti racchiude spettacolo e promette contenuti straordinari, pronto a onorare la propria annata e la nuova stagione artistica. E accompagna il risotto con stimmi di zafferano e scaglie di panettone, un tocco di ulteriore tradizione per un classico, tanto da renderlo una novità.

ATTO SECONDO – Mentre gonfiarsi l’anima. Al naso è dolce, profumato. Sono i primi passi, l’approccio di Attila con le donne italiche che mostrano grazia femminile e spirito combattivo, l’equilibrio ideale tra morbidezza di pasticceria e una frizzante, minima spinta agrumata. Sono i fiori freschi che si  sprigionano dopo una piccola attesa, l’orgoglio di Odabella, splendida e forte, di sangue reale eppure umile e naturale. Il bicchiere è la scena, i sentori sono la musica, i protagonisti sono in costume o in acini. È chimica tra bottiglia e sala, inorgoglita dal legame con il Paese di cui cucina e opera sono eccellenze: la guancetta di vitello in salsa italiana con mele cotogne e melagrana è testo e musica, spartito cotto alla perfezione e ritmo agrodolce a sostegno.

GRAN FINALE – Dagli immortali vertici. Possente, di carattere, quasi travolgente. Dinamico, è Ezio che soffre e si irrita per l’editto di Valentiniano, è Attila che teme il presagio nefasto dei Druidi. Il sorso è complesso ma armonioso, non si disperde, piuttosto si adatta fluido e si delinea completamente. Una trama che coinvolge e trattiene, dei brani energici e quasi struggenti, che come Bellavista rimangono durevoli, nell’animo e nella memoria, persistenti come la prima volta in cui fu protagonista (co-protagonista, magari) alla Scala. Una sorta di viaggio nel viaggio, che vive il tempo di una sfera di cioccolato che si scioglie coperta da una salsa calda ai frutti esotici. Standing ovation.

Bellavista alla Scala

Il menu di Daniel Canzian per la cena di gala

Mousse di broccoletti, cavolo viola e mele

Toc’ in braide friulano

Panzerotto alla romana con cacio e pepe

Anolino alla parmigiana in brodo di cipolle

Risotto con stimmi di zafferano e scaglie di panettone

Guancetta di vitello in salsa italiana con mele cotogne e melagrana

Sfera di cioccolato con salsa calda ai frutti esotici

Praline da meditazione Amedei

Caffè

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