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In pieno ribasso dei prezzi, mentre anche l’universo enologico cerca di comprimere progressivamente i prezzi (molto spesso a scapito della qualità del prodotto), dieci grandi famiglie della Valpolicella (Allegrini, Brigaldara, Masi, Musella, Nicolis, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Zenato) creano l’associazione “Le Famiglie dell’Amarone d’Arte”, per la difesa dell’esclusività e della qualità totale dell’Amarone, creando un disciplinare volontario più selettivo puntando ad un posizionamento distintivo e di valore.


“L’amarone deve rimanere raro e caro – è questo il must annunciato a Roma dal presidente della neonata associazione, Sandro Boscaini, in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’associazione. Stop quindi alle logiche low cost e all’omologazione del gusto per compiacere i palati anglofoni. La fortuna e il fascino del nostro vino sta nella propria identità, una personalità che si è cementata negli anni ed è frutto della sapiente arte di produttori specializzati e storici. Oggi noi vogliamo ribadire questi valori, senza condizioni”. Uno scatto d’orgoglio per difendere uno dei vini italiani che ha conquistato il mondo e sta godendo di un sorprendente apprezzamento all’estero (70% per cento delle vendite totali), con 10 aziende che vanno in controtendenza in un periodo di forte crisi di identità dei vini storici italiani. Obiettivo: non perdere la connotazione di vino esclusivo e necessariamente costoso, data l’originalità e l’artigianalità del delicato processo produttivo che implica un’accurata scelta delle uve, un lungo appassimento e invecchiamento in nobili legni.
Per fare questo, la nuova associazione “Le Famiglie dell’Amarone d’Arte”, (40% del fatturato totale dell’Amarone) adotta sul piano tecnico un “disciplinare volontario”, che rende ancora più selettive le maglie del regolamento: grado alcolico minimo di 15 gradi, estratto secco più elevato, immissione sul mercato dopo almeno 30 mesi dalla raccolta, riduzioni o rinuncia unanime alla produzione nelle annate più sfortunate. Ne consegue una politica dei prezzi che, pur attenta al mercato, consideri gli alti costi richiesti da una viticoltura di qualità e dalla cura particolare che questo vino richiede. In altre parole, nessuna svendita in nome di una storia e di una qualità totale che non accetta di essere annacquata.
Già oggi l’Amarone di largo consumo, che si può trovare sui banchi del supermercato a prezzi decisamente bassi – e a tutto svantaggio della qualità e dell’originario carattere organolettico – supera in quote di mercato l’ “autentico” Amarone, rappresentato in primis dai produttori della Valpolicella che si esprimono in questa Associazione. In particolare, preoccupa il costante aumento della produzione, che vedrà nel mercato 15 milioni di bottiglie nel 2011 quando l’attuale assorbimento è di circa 8 milioni. Buona parte di questo esubero di produzione proviene da aree e da operatori neoconvertiti all’Amarone al semplice scopo di prendere vantaggio dalla sua notorietà e appeal commerciale. Un danno esteso, questo, che intacca non solo il prodotto ma anche, e soprattutto, il territorio di riferimento del quale l’Amarone è simbolo e bandiera.
Per Boscaini: “… oggi si sta sciupando questa diversità con azioni avventate che confondono il consumatore e gettano nel discredito un intero territorio. Oggi una bottiglia di Amarone ‘da banco si può trovare perfino a 10-12 euro, mentre un Amarone della Valpolicella degno di questo nome non ne potrebbe costare meno di 25”. Stop alle imitazioni da bancarelle, dunque, perché la grandezza di questo vino non consiste nella semplice adozione di una tecnica di vinificazione, ma nella capacità di esprimere un territorio e la sua storia. Non a caso, tra i requisiti richiesti per l’adesione all’associazione – che apporrà un apposito logo in etichetta – ci sono il carattere familiare dell’azienda, una storia vinicola di almeno 15 anni (e le dieci aziende associate ne sommano complessivamente più di 1600), una presenza sul mercato con più di 20 mila bottiglie e un brand conosciuto in almeno 5 Paesi.

+INFO: Uff. stampa “Le Famiglie dell’Amarone d’arte” Benny Ionizzato
NDR: ci si chiede a questo punto a cosa serve il Consorzio Tutela se per difendere l’identità dell’Amarone bisogna fare una associazione di produttori a parte che fa riferimento ad un disciplinare diverso da quello ufficiale?

INFOFLASH STORICO SULL’AMARONE
Un tempo in Valpolicella era prodotto solo il Recioto, un vino vellutato e dolce ottenuto con una speciale tecnica d’appassimento delle uve. Il nome deriva dal termine dialettale “recia” ( orecchia), perché in origine era utilizzata solo la parte più alta e meglio esposta del grappolo. Ma con il passare del tempo ed il mutare delle stagioni, le uve, sebbene lavorate nella stessa maniera, diedero progressivamente vita, a seguito della fermentazione, ad un vino notevolmente più secco rispetto all’originario che per questo motivo venne denominato Amarone . I primi esemplari di amarone presero ad essere imbottigliati solo nei primi anni del Novecento per un uso familiare o destinati agli amici. La commercializzazione vera e propria ebbe però inizio solo nel dopoguerra e nel 1968 arrivò il riconoscimento della DOC. La produzione e la vendita di Amarone hanno fatto registrare una costante crescita, che ha visto triplicare i numeri nell’ultimo decennio. Nel 1999, la produzione di uve destinate alla produzione di Amarone e Recioto era infatti di circa 8 milioni di kg, mentre oggi il dato sfiora quota 26 milioni. Stessa tendenza per quanto riguarda le vendite: se nel 1999 erano state vendute 2,3 milioni di bottiglie di Amarone e Recioto, nel 2008 i volumi hanno superato quota 8,5 milioni.
+INFO: www.consorziovalpolicella.it – – tel 045 7703194

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