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C’è un locale che ad Arezzo (e non solo), sta facendo parlare molto di sé. Il Gabbo Cave à Vin, diventato una meta di culto tra gli eno-appassionati di etichette particolari per gustare vini cosiddetti contemporanei. “Mi piace parlare di vino contemporaneo, una sorta di etichetta che è venuta fuori nelle ultime settimane, anche perché il termine naturale non mi va molto a genio, un aggettivo dove si è creata tanta disinformazione non solo tra i consumatori, ma tra gli stessi rivenditori. Anche perché per me i vini sono racchiusi in due macro-famiglie: vini buoni e cattivi, discutere tanto alle fine serve a poco, quello che parla è il bicchiere”.

Gabriele “Gabbo” Mori

Così parlò Gabriele “Gabbo” Mori, titolare di un locale nato quasi per gioco come succede tra amici. “Gabbo Cave à Vin, nasce quasi più per scherzo con dei vecchi amici. Io lo gestivo e basta, è venuto quasi spontaneo riprendere il mio soprannome, ad Arezzo mi conoscono tutti come Gabbo, a me sarebbe piaciuto solo Cave à Vin alla francese, ma all’epoca fu una decisione altrui- racconta Gabriele Mori- Poi quando si è deciso di fare le cose un po’ più sul serio, ho cercato di mettere del mio nel progetto, con l’idea di fare un locale diverso nel centro storico. C’erano tanti locali copia incolla, una città un po’ seduta da questo punto di vista ma con tanto potenziale. Nessuno che provava a proporre qualcosa di diverso, tutti adagiati sugli stessi ritmi con una proposta similare di vini nel quotidiano, per questo scappai da Arezzo sei anni fa per andare a Parigi, dove è nata la mia curiosità per il mondo del vino, andata di pari passo con la passione scoppiata in pieno”.

Arezzo è zona fondamentalmente agricola tra olio, cerali e vino, ma il fatto di non avere tante cantine importantissime, se si esclude qualche nome noto, ha fatto la fortuna del Gabbo di sperimentare su questo versante. “Il territorio rientra nell’area del Chianti non classico, il vino c’sempre stato da queste parti, ma a parte qualche profeta in patria, è una piazza che rispetto alla scena senese o di Montepulciano ha saputo sfruttare il fatto di essere un territorio un po’ meno evocato. Arezzo è sempre stato un luogo interessante dove bere, ad esempio è originario di queste parti Luca Martini l’ultimo campione del mondo sommelier italiano, oppure un altro personaggio come Cristiano Cini molto attivo tra i sommelier toscani. Una piazza storica dove c’è sempre stata una proposta di vini di livello, che hanno contribuito a creare un interesse intorno alle mura, dove sono racchiusi circa 60 locali in cui almeno in 45 si beve vino”.

La rivoluzione enoica contemporanea del Gabbo Cave à Vin è nata per compensare più palati sconosciti, una ricerca incessante di etichette tra le più stravaganti e produttori più o meno noti, senza esaltare per forza tutti quei difetti a cui si ammiccava nel passato, ma guardando con interesse chi pratica agricoltura sostenibile. Che sia convenzionale o naturale, basta che il vino sia buono. “Mi annoio facilmente delle cose, faccio pochi focus su una determinata zona a meno che non mi prende davvero in maniera viscerale. Ho viaggiato molto tra produttori insieme ad altri appassionati, da lì è nata l’idea di provare ad assaggiare cose diverse, abbandonando abbastanza subito la zona o i pre-concetti di Doc e Docg all’italiana. Devo dire che Oltralpe ho trovato molte risposte, grazie anche ad un maestro come Filippo Volpi, uno che la Borgogna già quarant’anni fa la girava in lungo e in largo, oppure grazie anche a Cristiano Duranti, che viaggiava molto poi una volta tornato ad Arezzo proponeva come oste delle vere chicche in mescita”.

La proposta del Gabbo Cave a Vin conta circa 250 referenze a rotazione, di cui solo 35 italiane, tanta Francia e poca Italia, vini che incuriosiscono sempre gli avventori. “Adoro la Francia perché sono più bravi a sperimentare, ci sono zone come la Jura e quel poco che si trova va a ruba, la Borgogna rimane un punto fermo ma il territorio in assoluto che preferisco bere a casa è quella di Beuajolais, con sfumature diverse dall’ottimo rapporto qualità prezzo, oppure vini del Rodano come Cornas ed Auvergne, zone emergenti in pieno fermento. Tante sfumature per differenziarci dopo il lock-down, dove a mio avviso c’è stato un processo di sensibilizzazione, la gente ha capito che con qualche euro in più rispetto a prima anche il vino poteva differenziarsi come alimento, prediligendo un prodotto artigianale e non etichettato”.

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Non solo vino, ma anche un po’ di cucina dal Gabbo in via Giorgio Vasari al civico numero 11. “Abbiamo un piano cottura piccolissimo, un forno e e una friggitrice, un menù ridotto a poche portate ma ci piaceva fare un bistrot con una formula modellabile, un boccone per accompagnare le bevute. Da noi c’è chi ci sta 20 minuti chi 4 ore, anche sulla parte cibo facciamo tanta ricerca sulla materia prima, stando attenti a cosa si compra, rifornendosi dal macellaio di fiducia, qui lavora tanto con agricoltori locali con frutta e verdura in base alla stagionalità, formaggi senza pastorizzare a latte crudo. Niente di nuovo, ma le ricette della nonna”.

Nel futuro del Gabbo Cave a Vin non mancano i progetti, del resto Gabriele è uno che per sua stessa ammissione si annoia facilmente. “Ci piacerebbe ampliare l’attività acquistando degli spazi accanto per fare una struttura più che accogliente che ci potrebbe permettere di fare tante cose, lavorare con la brace a fiamma viva ad esempio. Non so se questo accadrà mai perché nel frattempo mi piacerebbe ritornare alla campagna con l’acquisto di un casolare in zona, al tempo stesso sento che devo andare in Perù alla ricerca di un pezzo delle mie origini visto che mia madre è peruviana. E poi mi frulla sempre nella testa il progetto di fare del trading legato al vino, qualcosa dietro le quinte senza mai figurare ho già fatto creando qualche bella cantinetta, è la cosa che mi piace più di tutte chissà…”

INFO www.instagram.com/gabbo_cave_a_vin/

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