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Uno studio di Ref Ricerche evidenzia che negli ultimi tre anni le accise su un litro di birra sono aumentate del 30%. Ma, come sottolinea Emanuele Scarci sul Il Sole 24 Ore, il gettito fiscale è stato però un flop: è aumentato solo del 4%, anche perché i consumatori si sono spostati verso prodotti di fascia medio bassa.

Come riportato nell’ultimo Annual report di AssoBirra, i consumi pro-capite di birra in Italia sono rimasti sostanzialmente invariati, attestandosi a 29,2 litri/anno e confermando così l’Italia all’ultimo posto della classifica dei consumi pro capite di birra in Europa. Eppure, nonostante questo contesto, oggi la birra in Italia paga, tra accise e Iva, una delle tassazioni più alte del Vecchio Continente. E, se si aggiunge che nel nostro Paese la birra resta l’unica bevanda alcolica da pasto a pagare le accise, la situazione appare ancora più confusa e complessa. Lo studio di Ref Ricerche ha inoltre evidenziato come le aziende produttrici non siano riuscite a traslare gli aumenti delle accise.

A fronte di un aumento dei prezzi al consumo, necessario per bilanciare l’inasprimento della tassazione, di circa il 10%, l’aumento reale è stato solo del 3%, visto che le aziende hanno riassorbito ben 7 punti percentuali con politiche di contenimento di costi di produzione ma anche tagliando investimenti di processo e di prodotto. E a risentirne è stata la competitività delle aziende del mondo della birra. Per il 76,5% delle imprese la pressione fiscale, e in particolare l’aumento di Iva e accise, è individuata come il principale limite rispetto alla costruzione di concreti piani d’investimento nei prossimi 2 anni.

 

+Info: food24.ilsole24ore.com/author/emanuele-scarci/

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