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Monferace en Primeur, terza edizione: l’annata 2019 e i risultati delle ricerche svolte dal Cnr e Crea


Nata nel 2016 e presieduta da Guido Carlo Alleva (titolare della Tenuta Santa Caterina), l’Associazione Monferace ha presentato gli ultimi grignolino invecchiati in botte prodotti dalle aziende che animano il progetto: Accornero, Alemat, Angelini Paolo, Cascina Faletta, Dario Natta, Liedholm, Tenuta Santa Caterina, Tenuta Tenaglia, Sulin, Vicara.

Quella dello scorso 2 ottobre è stata una giornata di lavori ricca di spunti di riflessione e approfondimenti, che ha visto il coinvolgimento della professoressa Anna Schneider del Cnr – Istituto per la protezione sostenibile delle piante di Torino, Maurizio Petrozziello, ricercatore del Crea di Asti, Mario Ronco, enologo di molte cantine del Monferace e Mauro Carosso, Ais Piemonte. Dopo il convegno didattico, spazio ai Monferace nati sotto le stelle nel 2019 raccontati da Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, voce scelta per condurre una degustazione risultata essere dettagliatissima nei contenuti circa l’andamento vendemmiale, i protocolli di vinificazione nonché cloni e portainnesto impiegati.

Monferace en Primeur si conferma essere un evento multidimensionale, la presentazione degli studi svolti sul grignolino da parte dei ricercatori è motivo di orgoglio per questa associazione indipendente di produttori che, impegnata da anni nell’approfondimento sulla geologia del territorio, ha deciso in questa terza edizione della manifestazione indirizzata alla stampa del settore, di accendere i riflettori sugli aspetti genetici dell’uva grignolino. Anna Schneider, in prima istanza, ha sottolineato come le fonti storiche, le tracce circa la presenza del grignolino in Piemonte, non corrispondono necessariamente all’anno di nascita. Anzi, citato prima del nebbiolo nel 1249, come Barbesino, gli studi di ricerca hanno svelato il complesso legame di parentela tra le due uve: il grignolino è un nipote del nebbiolo ed è legato ad altri vitigni presenti nel Nordovest della nostra Penisola; inconfutabilmente il grignolino è una cultivar autoctona del Piemonte, parente di Ruchè, discendente di Freisa e Vespolina, che si è estesa in maniera più capillare nel Casalese. Lo confermano i consumi dell’800, questo vino scarico di colore ed elegantissimo veniva scelto da re, nelle corti dei duchi del Monferrato e dei Savoia.

Il profilo organolettico dell’uva è stato analizzato attraverso la spettrofotometria di massa: condotta dai ricercatori del Crea di Asti, ha evidenziato la presenza del rotundone, la molecola scoperta 15 anni fa in Syrah australiani, responsabile del sentore di pepe (già noto nei vini Pelaverga, Corvina, Vespolina, per citare alcuni). Lato colore e profumi, si parla di rubino trasparente e aranciato, di note floreali, di viola, lampone, ribes, ciliegia e note balsamiche ed erbacee. «L’affinamento amplia l’intensità e la complessità del vino, le scelte di vinificazione incidono moltissimo sulla loro espressività. Al palato si nota una discrepanza inferiore essendo il vino caratterizzato da una spiccata presenza di acidità e astringenza» – ha dichiarato Petrozziello.

Entrando nei bicchieri, e nel vivo della giornata, la presentazione di Torcoli ha sottolineato come quella del Monferace sia una produzione di nicchia ma che punta a raggiungere alti livelli qualitativi e di prestigio. I più attenti noteranno la presenza di Monferace sotto i cappelli “Grignolino del Monferrato Casalese” e “Grignolino d’Asti”, questo perché si tratta di vini che seguono le regole stabilite da un rigido disciplinare di produzione scritto dai soci fondatori dell’Associazione, che prevede: la produzione del vino esclusivamente nelle migliori annate, il solo impiego dell’uva grignolino, un affinamento di 40 mesi (calcolato dal 1° novembre dell’anno di vendemmia), di cui almeno 24 mesi in botte di legno.

Le uve devono provenire da vigneti piantati su terreni calcareilimosi e calcarei argillosi; il numero di ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000 e la resa massima di uva non deve superare le 7 tonnellate per ettaro. Monferace – spiega Torcoli – viene prodotto nei vigneti più storici e più vocati, in 4,23 ettari (il 45,5% sono singole vigne e il 36,4% singole parcelle). Sono  tre le aziende che optano per macerazioni lunghe (90 giorni), una di 60 giorni, e due e quattro più  brevi (30 e 15 giorni, rispettivamente). Impiego di lieviti indigeni per il 70% dei casi, una media di Ph pari a 3,15 e valori alcolometri in media di 14,6%.

Interessanti anche gli aspetti della potenza dei tannini e la struttura, che denota come il potenziale evolutivo dei Monferace superi i 20 anni di età. La produzione totale dei Monferace, sebbene si arresti ad oggi alle 30mila bottiglie annue, vede inevitabilmente un posizionamento sul mercato mirato, con un prezzo allo scafale medio che si attesta attorno ai 40€ in Italia (nelle regioni del nord) e all’estero (Estremo oriente, America, Svizzera, Danimarca, Olanda, Australia, Belgio). I key factor su cui puntare sono tre e strettamente correlati tra loro: produzioni contenute e di qualità, il racconto di un’antica tradizione produttiva e lo stretto legame tra un’uva, il grignolino, e il perimetro di territorio piemontese tra Asti ed Alessandria.

L’ANNATA 1019

Mario Ronco si è affidato al lavoro svolto della Vignaioli Piemontesi, che ha presentato l’annata come segue: “In grande sintesi da gennaio a marzo si sono manifestate precipitazioni sotto alla media e temperature frequentemente superiori alla media, mentre il successivo bimestre aprile-maggio ha fatto registrare precipitazioni superiori alla norma e temperature decisamente più basse. Le temperature sono salite quasi ovunque sopra alla media portando anche ad episodi estremi di ondate di calore particolarmente intense e persistenti. Tuttavia le precipitazioni di luglio, spesso di tipo temporalesco, hanno fornito apporti idrici consistenti che hanno mitigato gli effetti di siccità. La 2019 risulta un anno più caldo della media ed i valori degli indici bioclimatici riferiti alle principali colture agrarie ne sono testimonianza. Il 2019 si posiziona al quinto-sesto posto tra le annate più calde degli ultimi 20 anni. Dal punto di vista pluviometrico invece l’annata si pone esattamente intorno alla media dell’ultimo ventennio”.

MONFERACE

Cinque QuintiGrignolino del Monferrato Casalese Riserva 2021 (anteprima):

Alemat – Grignolino del Monferrato Casalese 2019

Tenuta Tenaglia – Grignolino del Monferrato Casalese 2019

Cascina Faletta – Grignolino del Monferrato Casalese Indelebile 2019

Angelini Paolo – Grignolino del Monferrato Casalese Riserva 2019

Accornero – Bricco del Bosco Vigne Vecchie 2019

Sulin – Grignolino del Monferrato Casalese Riserva 2019

Tenuta Santa Caterina – Monferace Grignolino d’Asti Doc 2019

Liedholm – Grignolino del Monferrato Casalese Doc 2019

Dario Natta – Monferace Grignolino d’Asti 2018

Vicara – Grignolino del Monferrato Casalese Doc Uccelletta 2017

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