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Che il Piemonte sia una terra di eccellenze è ormai arcinoto. E finalmente si inizia a parlare di questa regione come brand, una grande, enorme scatola cinese in cui non si finisce mai di scoprire quanto in profondità e indietro nel tempo si può arrivare. Una vanità che non è un’illusione. Non più. Nel Monferrato – in grande tourbillonnement in questo momento – un piccolo gruppo di produttori si è unito in un’Associazione, Albugnano 549. Albugnano oltre ad esser il nome del vino, è quello di uno dei comuni in cui lo si produce mentre 549 sono i metri registrati nel verde Belvedere Motta anche noto come il “balcone del Monferrato” dal quale si può ammirare tutta la cintura delle Alpi. Informazioni distanti e ignote ai più che devono esser ridotte.

Il progetto infatti è di quelli ambiziosi e in pochissimo tempo i 13 produttori (Tenuta Tamburnin e Terre dei Santi, Azienda Agricola Cascina Quarino, aziende agricole Pianfiorito, Roggero Bruno e Marco, Cà Mariuccia, Alle Tre Colline, Maurizio Calcagni, Vai Mario, Perotto Orietta e Nebbia Tommaso, Azienda Agricola Mosso Mario e l’Azienda Agricola Masparone) sono riusciti a definire con chiarezza i propri punti cardine e gli obiettivi da raggiungere:

  • tutelare la cultura locale e del territorio;
  • valorizzare l’immagine del vino Albugnano (Doc dal 1997) nativo di queste colline;
  • migliorare l’attrattività del territorio e la conoscenza della cultura enoica del Basso Monferrato astigiano.

Il tutto è rivolto, in primis, agli operatori del settore e ai consumatori, locali, ma anche ai nuovi produttori che potrebbero, comprese le potenzialità, decidere di investire in queste terre. E non mancano gli scenari qualitativi come sottolinea il Presidente dell’Associazione Albugnano 549 Andrea Pirollo, titolare della società Ca Mariuccia, che non nasconde l’entusiasmo e la sua voglia di vedere un upgrade già nel breve termine con il riconoscimento della Docg e l’aumento delle aziende certificate bio cosi da diventare la prima denominazione interamente marchiata con la fogliolina verde.

 

 

Ma quale uva si nasconde dietro al nome Albugnano? Il nebbiolo. Quest’uva, tra le più amate al mondo per la sua storia, per la sua capacità di lettura del suolo, per gli incredibili vini che sforna e per lo stupore che riesce sempre a creare, si conferma essere l’attrice protagonista del “film Piemonte”. Le tradizioni orali narrano della sua presenza tra le colline monferrine già nel ‘600 ma non si tratta dello stesso nebbiolo presente in Langa (il grappolo è più piccolo rispetto alle sottovarietà più conosciute Michet, Lampia e Rosé ed è abbastanza produttivo) ma di un’uva più simile alla freisa giunta qui dall’Austria.

I primi cenni storici certificati sono del 1148 seguiti da riconoscimenti ottenuti in un’esposizione ad Asti nel 1868. L’areale di produzione comprende i paesi di Albugnano, Castelnuovo Don Bosco, Passerano Marmorito e Pino d’Asti mentre i suoli si caratterizzano per marne mioceniche (langhiano-burdigaliano) di colore chiaro con affioramenti tufacei alternati a percentuali di sabbia più marcate. Sono ventidue appena gli ettari destinati alla produzione di questa piccola Doc che si estendono da Castelnuovo Don Bosco (in cui si trova la parte più ampia) a Berzano San Pietro. Ma sono le pendenze, forse, che identificano di più le colline e i vini. Insieme ai boschi. Un mix di fattori che con il cambiamento climatico in atto sicuramente giova al nebbiolo, uva tardiva che ama il freddo.

 

 

 

L’Albugnano Doc da disciplinare prevede un affinamento in legno per un minimo di 18 mesi seguito da 6 mesi di bottiglia. Al momento la produzione dei soci dell’Associazione è di circa 200.000 bottiglie, un piccolo mazzo di rose tutte ancora da sbocciare. E tra i tredici, Ca Mariuccia è l’azienda che ha avuto l’ardire di unire tutto quello che c’è in natura, creando un’offerta completa per un turismo staycations, la tipologia di turisti che sceglie di trascorrere le vacanze o gli short break non distanti da casa. Una trend-notizia grandiosa per chi propone giri a cavallo, corsi di vario tipo e di vivere i prodotti tipici di un territorio. Questa realtà, nata bio, non è un semplice agriturismo ma è un ricco mashup che coinvolge tutti i target: giovani, famiglie e stranieri. C’è il mercato, il bed&breakfast, il ristorante, la pizzeria, si producono golose creme di gianduia, vini e molto altro ancora.

Socialmente utile anche è la S.A.N., la Scuola di Agricoltura Naturale. Ma l’aspetto che più colpisce e più importante è quello socio-economico: si sono creati nuovi posti di lavoro, si è fatta formazione a giovani e a gente del territorio che si è letteralmente af-fidata alla famiglia Pirollo nel tempo. E pensare che in principio il progetto nasceva in provincia di Varese e si organizzavano eventi… Poi le cose son cambiate, decisamente cambiate. “Albugnano ha cominciato a impegnare tutte le nostre energie e, insieme ai tanti amici che sono venuti ad aiutarci, abbiamo condiviso la vendemmia, la raccolta delle nocciole, i primi lavori di ristrutturazione… ma la storia è appena iniziata!”

 

 

Parlando di vini, l’Albugnano Il Tato 2016 è l’orgoglio di casa, non si possono non amare i suoi profumi delicati di rosa e di mora cosi come il suo passaggio vellutato ed elegante in bocca con tannini squisitamente sciolti ma ancora lievemente incisivi grazie al passaggio in barrique di secondo passaggio.

Ma c’è spazio anche per una strutturata Barbera La Nina e per la materica e sinuosa Freisa La Giulia i cui tannini circondano totalmente la beva.

Chardonnay e Sauvignon Blanc si aggiungono alla lista senza dimenticarsi degli spumanti (il rosé La Luna!) metodo charmat, per i festeggiamenti e per i piaceri, che non tarderanno ad arrivare…

 

Info: camariuccia.it
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