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Il mondo vegetale, dal quale noi siamo largamente dipendenti per alimentazione e piaceri della vita, vive di un egoismo tutto suo. Togliamoci dalla testa che una pianta possa produrre aromi nel frutto per il nostro piacere, lo fa solamente per trovare un collaboratore che l’aiuti nella propagazione della specie. Così, fino a quando il seme non è maturo non sognatevi di trovare un complesso aromatico appagante, e quasi sempre anche sotto il profilo tattile e gustativo non riesce a darci il piacere atteso. Solo quando il seme è maturo la pianta, infatti, riduce le difese nei confronti degli attacchi esterni e il frutto si fa più dolce riducendo anche l’astringenza di cui è portatore. La maggioranza della frutta che troviamo oggi in vendita è acida, a volte astringente e non ha profumo, perché tra l’altro è stata raccolta troppo presto.

Non è un concetto difficile da capire, ma storicamente le mode hanno portato a cancellarlo, a fare finta di nulla. Per il vino, se vogliamo tornare agli anni Ottanta, ci fu una grande corrente di pensiero che voleva l’uva raccolta prima della maturazione fisiologica. Un po’ più di acidità faceva comodo e sicuramente i vini erano più serbevoli. Ma sapevano di poco. Ora è la volta del caffè, un po’ per necessità e un po’ per stupidità. Da una parte l’aumento dei costi della manodopera sta facendo avanzare la raccolta meccanica ovunque possibile, con il fatto che in molte partite solo una parte minoritaria dei frutti raggiunge i 20 Brix di zuccheri (livello minimo per garantirsi una certa dose di precursori di aromi) e una parte ancora inferiore i 25 Brix, livello necessario per ottenere un grande caffè. Si aggiunga inoltre che per evitare incidenti di percorso è sempre più in voga l’essiccazione forzata. E, come se non bastasse ecco l’arrivo della moda del secolo: tostare chiaro per mantenere l’acidità. Questo significa non riuscire neppure a sviluppare quel minimo di precursori di aromi che abbiamo nei semi. Insomma, qualcuno vuole farci intendere che una tazzona di caffè che risulta per lo più un miscuglio di acido citrico e malico è quanto di meglio ci possa essere. Ma tra questi sostenitori della nuova moda c’è anche chi ha detto che se l’acidità è citrica il caffè ha note agrumate, se è malica sa di mela. Motivo in più per non crederci, per ribadire la saggezza dei padri del nostro Espresso Italiano: tostature lente e piene usando solo caffè perfettamente maturi. Felici di essere fuori moda.

di Luigi Odello (Presidente dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè)

 

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