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Si arriva ad un certo punto della vita – professionale e non – che il piacere si mischia con la personale visione del mondo. Con il proprio percorso di vita, nel mondo. Le sensazioni di intera compiutezza non ci sono ma il giudizio del bello – quello, sì – è chiaro. Come un cristallo. E gli stimoli esterni per migliorare un progetto rischiano di diventare solo un contorno. Ci riferiamo al nostro personale confronto con le nuove contrade a firma di Alberto Tasca, “art & executive director” della storica azienda siciliana Tasca d’Almerita.

 

Questo è il giorno in cui si presentano quattro nuovi vini scaturiti dal desiderio di voler raccontare un amore sfociato quasi per caso, dall’incontro dei vibranti suoli alle pendici dell’Etna “dove è impossibile non esser sedotti”. Qui ai piedi dalla Muntagna e tutto intorno, si respira la potenza della natura terrestre. Si vivono i tumulti e le preoccupazioni di chi decide di piantare vigneti intorno a questo campo magnetico dell’isola. I risultati di queste energie si ritrovano in quel che rimane dalle eruzioni: le lave solidificate hanno dato origine a veri e propri micro cosmi, le contrade, i cui confini sono tracciati da muretti a secco e boschi. In pochi metri cambiano l’altitudine, la tipologia di terreno e l’esposizione.

Le colate di lava del 1646, 1879, 1911 e l’ultima, non distante da Randazzo, del 1981, hanno segnato il destino di queste zone per sempre. Si passa da formazioni dal 122 a.C fino a quelle di 15.000 e 40.000 anni fa, nel caso dei vini di Tescante. Le variabili geologia – tempo sono fisse nello sviluppo del progetto di Alberto quando nel 2007 decide di testare la qualità della zona con vigne presenti nel versante sud. Ma dopo annate complicate, sopratutto a ridosso della vendemmia, trova altri appezzamenti a nord. A pochi passi dall’Etna. E nel 2016, dopo anni di studi e sperimentazioni la natura offriva le giuste condizioni per vinificare singolarmente quattro delle 132 contrade previste nel disciplinare di produzione dell’Etna Doc: Pianodario, Rampante, Sciaranuova, e Sciaranuova V.V.

 

 

Qui il Nerello Mascalase esegue il compito del Nebbiolo in Piemonte: legge il suolo e lo racconta. D’altra parte, è un vitigno già noto, secondo le fonti, ai tempi dell’abate Geremia (1836). Nel suo nome ci sono il luogo (Contea di Mascali) e il colore di un gruppo di uve, i Nigrelli, che insieme a frappato e carricante vantano parentele strette con il sangiovese. Cresce in un suolo composto da materiale piroclastico inclusivo di lapilli, scorie e cenere.

Il cui spessore è molto variabile: si passa da pochi centimetri a grandi profondità con sassi presenti dal 20 al 70 %. Le precipitazioni in questa porzione di isola oltre a garantire una buona riserva idrica contribuiscono insieme alle escursioni termiche a preservare l’aromaticità delle uve.

Impossibile dimenticare, prima di tuffarsi nei vini, l’emozionante racconto delle vigne, delle terrazze (100) abbracciate da caratteristici muretti a secco che oltre a catturare il calore e fungere da stufa di notte garantendo un ciclo di maturazione delle uve lento e lungo, sono la parte storico-architettonica che si ammirano dalle verdissime piane.

ANNATA 2016

Le temperature registrate in questo anno di debutto delle contrade sono state mediamente più elevate fino all’inizio della primavera. Stagione che, insieme all’estate, si è contraddistinta per le sue giornate più fresche rispetto al millesimo precedente e una piovosità normale 544 mm vs 988mm). E se il termometro è ritornato a salire sul finire dell’estate e in autunno, le basse temperature estive insieme alla buona presenza di acqua sono gli elementi che hanno favorito una completa maturazione delle uve che al momento della raccolta si presentavano concentrare e con buone acidità.

LE CONTRADE

RAMPANTE

A un’altezza di 740 metri s.l.m i 4,6 ettari di vigne si trovano tra Passopisciaro e Randazzo. L’esposizione a sud-est verso nord-est, con una pendenza media di 4,7%, la rendono la più calda contrada delle quattro. È la prima ad esser vendemmiata, i primi giorni di novembre, e si distingue per i suoli di profondità variabile risalenti a tra i 15 mila e i 4 mila anni fa costituiti da sabbie vulcaniche e blocchi di basalto con affioramenti di roccia. L’impianto del vigneto del 2000 vede un sistema di allevamento a spalliera.

 

 

ETNA DOC CONTRADA RAMPANTE 2016

Con una resa di 60 quintali per ettaro, affina in botti di rovere di Slavonia da 25 hl per 12 mesi. È proprio come un primo sguardo all’Etna. Un primo incontro: entusiasmante nei tannini, urlanti, ma subito ritratti e poi soffici perché c’è un succo vivace, mosso da spezie più dolci e fiori di pesco. Piacevole al gusto, si amplia per ammorbidirsi ancora se lo si accompagna con un cibo grasso. Una lieve trama acida accompagna un largo scheletro tannico fino al finale: compatto e definito.

 

 

CONTRADA PIANODARO

A una media di 775 metri s.l.m tra Montelaguardia e Randazzo è la contrada più fresca (con temperature molto variabili) e con poca influenza marina. I 7,91 ettari di cui 3,8 a vigneto si sviluppano in 88 terrazze esposte a nord-est ad una pendenza media del 7%. Il suolo è poco profondo e composito di età compresa tra i 15.000 e i 4.000 anni su rocce più antiche di 40.000 con sabbie e rocce vulcaniche ricche di scheletro di origine eruttiva ed effusiva. L’impianto del vigneto è del 2010 e prevede un allevamento ad alberello a parete.

ETNA DOC CONTRADA PIANODARIO 2016

Con una resa di 50 quintali per ettaro, affina in botti di rovere di Slavonia da 25 hl per 12 mesi. Questo vigneto rigoroso e già giovane dei quattro è il più energico: slanciato, fitto, vola con foglie di cenere, sale, una freschezza boschiva, muschio per poi confondersi con note di eucalipto, rosa e gocce balsamiche. L’energia dell’Etna si materializza in un vino fibroso, coinvolgente per le parti più oleose e fluide come si scalda. Tannino in sintonia con il succo per uno di quei sorsi da non esserne mai paghi.

CONTRADA SCIARANUOVA

A 730 metri s.l.m si sviluppa tra Montelaguardia e Passopisciaro. Dei 14,40 ettari sono 4,9 quelli destinati a vigna in terrazze esposte a sud-ovest e sud-est in suoli ricchi di sabbie vulcaniche, basalti e pomice di eta compresa tra i 4.000 e i 40.000 anni. L’impianto del vigneto è del 2008 e prevede un allevamento a spalliera.

ETNA DOC CONTRADA SCIARANUOVA 2016

Con una resa di 70 quintali per ettaro, affina per il 70% in botti di rovere di Slavonia da 25 hl per 12 mesi e un 30% in tonneau da 300 lt di rovere francese. L’uso del legno diverso si percepisce in toto. Il vino è più carico rispetto ai precedenti, c’è più densità e volume. Si apre, dopo qualche minuto, arriva la genziana e i fiori. Si ripropone ancora insieme alle spezie con buccia di pesca noce e scorze d’arancia. Un sorso quadrato, ancora sbilanciato in questa sua fase, con tannini non fissati nel finale ma di grande impatto.

ETNA DOC CONTRADA SCIARANUOVA VV 2016

Stessa contrata tra Montelaguardia e Passopisciaro ma a cambiare sono le vigne. L’impianto è del 1961 con un sistema di allevamento a spalliera. Con una resa di 78 ettari per ettaro, affina in botti di rovere di Slavonia da 25 hl per 12 mesi.

Potenza, precisione e molta finezza per questo vino che non solo regala emozioni nel finale chiedendo un secondo sorso, ma ritorna con un’energia di polpa quasi interna, penetrante, con eleganza insieme a uno schietto fondale salato. Pixel minerali sollevati da tannini, ancora, più mordenti che accompagnano tutta la materia del vino. Che si proietta al palato quadrante e viscoso.

Un progetto – questo dell’azienda Tasca – molto generoso. È un investimento in se stessi e per gli altri: per chi vuole ascoltare e scoprire le energie dell’Etna. Un’ulteriore parte emozionale, la cosiddetta “ciliegina sulla torta” forse la vedremo tra qualche anno, quando Alberto capirà tutte le potenzialità delle sue contrade, le farà sue, fino a scegliere quale esaltare di più. Restando sempre fedele al suo pulito e asciutto stile aziendale.

 

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