Il caffè espresso come patrimonio dell’umanità: l’iniziativa è del Gruppo triveneto torrefattori, di cui fanno parte nomi quali Goppion, Pellini, Dersut, Hausbrandt, Saccaria e altri ancora. In tutto 256 aziende del settore, con il cuore fra Treviso e Trieste, ma che negli anni hanno raccolto adesioni da tutta Italia per una associazione alla quale aderiscono torrefazioni medie e grandi, produttori di porcellane e tazzine, macinadosatori e macchine da caffè.
Perché l’espresso, nella sua formula tutta italiana, oggi in una tazzina racchiude più elementi: dalla ricetta vera e propria (grammatura, grado e tempo di macinatura, temperatura dell’acqua) fino alla macchina da caffè, inventata a fine ‘800 a Torino per poi essere perfezionata a Milano, con un ruolo sempre più determinante del design. Un bagaglio di storia, di tradizioni e conoscenze che oggi si propone per il riconoscimento come patrimonio dell’Unesco. L’iter burocratico è stato avviato: «Per noi è un traguardo importante su cui abbiamo iniziato a lavorare e per il quale vogliamo coinvolgere anche altre associazioni di settore» spiega Giorgio Caballini di Sassoferrato, presidente del Gruppo triveneto torrefattori e amministratore delegato di Dersut Caffè Spa, nata nel 1949 a Conegliano, Treviso, negli anni immediatamente successivi alla seconda Guerra mondiale, «quando il caffè era un lusso per palati ormai assuefatti soltanto ai surrogati», racconta la storia aziendale.
«Vogliamo valorizzare l’espresso – prosegue – come metodo di preparazione, definito da un insieme di regole codificate, marchio distintivo e di qualità per le nostre aziende. Una via per promuoverle e tutelarle dalla piaga dell’espresso di scarsa qualità». Il comparto nel 2013 ha visto l’export di caffè torrefatto cresciuto del 9,89% sul 2012 (dati Comitato italiano caffè), ma la crisi colpisce anche qui: in Italia il prezzo al bar, storicamente pari a quello del quotidiano, non riesce più a coprire i costi di gestione di baristi e torrefattori.
Fonte: www.ilsole24ore.com