Pinterest LinkedIn

© Riproduzione riservata

Londra è quella metropoli dove puoi trovare un cocktail bar di livello all’interno di un ristorante di cucina srilankese, con influenze portoghesi, malesi, indiane e olandesi, proprio nel cuore di un quartiere fra i più trendy della città come Soho. Il suo nome non poteva che essere Paradise, da intendersi come un vero e proprio Paradiso dei cinque sensi, sia nel bicchiere sia nel piatto.

“Traditional Influences, Modern Interpretation”, è questo lo slogan del locale nascosto al 61 Rupert Street, una sorta di club con poche sedute e un’atmosfera accogliente, minimalista e al contempo elegante. Un locale diretto, genuino e autentico. Il concetto di condivisione è la miglior chiave di lettura possibile per comprenderlo, visto che tutti i piatti sono basati su ricette di famiglia che vengono reinterpretate in modo contemporaneo con un approccio basato sulla qualità assoluta della materia prima. “Siamo totalmente impegnati per rispettare la nostra etica alimentare: ci chiediamo sempre da dove viene e come viene realizzato il prodotto, riflettendo poi su come noi stesso lo cuciniamo e come viene servito ai nostri ospiti”, ci ha spiegato lo staff di Paradise non appena ci siamo seduti. Rigorosamente al bancone.

La cucina

Credits: Brian Dandridge

Sri Lanka ma non solo: vicini, commercianti, immigrati e colonizzatori hanno lasciato la loro impronta nella secolare cultura gastronomica di questo Paese e i piatti di Paradise traggono così i loro sapori eclettici sì dalle eterogenee regioni di Ceylon, ma anche dalle cucine portoghese, malese, dell’India meridionale e olandese che vi hanno impresso nel corso degli anni un marchio indelebile. Con un’attenzione particolare alla stagionalità e alla sostenibilità, il menù fonde quindi ingredienti britannici e srilankesi come la carne di maiale della Manifold Farm nello Staffordshire e il riso selvatico a grani antichi raccolto dagli agricoltori della provincia centro-settentrionale dello Sri Lanka.

Credits: Brian Dandridge

Qualche esempio? I Kimbula-banis, una sorta di pane srilankese con una crema al peperoncino verde, glassa al kithul, chutney di datteri e lime per iniziare, i Gamberi grigliati alle spezie di Ceylon, con burro di alghe e chutney di mango, o il Paneer del Leicestershire scottato e cotto al siero di latte, con chutney di cerfoglio e coriandolo per proseguire, chiudendo in bellezza con la Bistecca di controfiletto alla griglia, con arachidi speziate di Jaffna e curry di midollo osseo di wagyu, sedano rapa lunu-miris fermentato, e le Capesante di Orkney scottate a mano.

Il bar

Credits: JOHN NEATE

La cocktail list, altrettanto minimal ma tanto ricercata quanto armoniosa, porta la firma di Erin Mulkerrin-English, Head Bartender di Paradise che combina tecniche moderne con pratiche antiche per creare alchimie dal taglio… paradisiaco. All’interno della sua cocktail list sono dei veri e propri must il Daiquiri al rambutan e foglie di curry (Rum al cocco Aluna, rambutan e acqua di cocco) e il Margarita con Mezcal chiarificato (Dangerous Don Mezcal, Ceylon Arrack, pompelmo e crema di latte Estate Dairy Jersey). Altrettanto interessanti i twist in stile tropical sul celebre Negroni, qui alla guava bianca (guava infusa in Colombo 7 gin, Bitter Bianco e Noilly Prat) o l’intramontabile Old Fashioned, qui in versione Seeni Banana Old Fashioned (Buffalo Trace, Ceylon Arrack, banane Seeni e Ambrake). La ciliegina? Il twist sull’Espresso Martini, che ben si sposa col gelato servito come dessert. Il denominatore comune, in ogni caso, è ovviamente l’utilizzo di ingredienti srilankesi o comunque di matrice asiatica.

Credits; Brian Dandridge

Accanto ai cocktail troviamo una piccola selezione di vini naturali in continua evoluzione, che può cambiare persino all’interno di una singola giornata. Callum Worsnop di Paradise lavora infatti con importatori di vino che si riforniscono da viticoltori sostenibili e biologici, i quali a loro volta producono vini che sono realizzati con un input minimo, pur mostrando con orgoglio un senso del luogo e del terroir. Esattamente le fondamenta alla base di questo multietnico locale, da tutti i punti di vista e in ogni sua proposta.

Paradise After Dark

Credits: JOHN NEATE

Non abbiamo usato casualmente il termine “club” per descrivere l’atmosfera che si respira da Paradise, visto che una volta terminato il servizio della cena dal giovedì alla domenica prende vita il “Paradise After Dark”, un locale nel locale che dalle 22 alle 1 trasforma questo ristorante in un cocktail bar intimo con vibes isolane e musiche tropicali. “Stiamo collaborando con la rinomata distilleria srilankese Rockland per avere alcuni spirits in edizione limitata, tra cui l’Halmilla invecchiato e l’Arrack al cocco speziato, oltre a una serie di rum artigianali singalesi”, ha concluso Erin Mulkerrin-English fornendoci l’ennesimo esempio di come questa isola felice nel cuore di Soho offra un vero e proprio viaggio enogastronomico a ben 9.000 km di distanza.

Per saperne di più: www.instagram.com/paradisesoho/?hl=it

© Riproduzione riservata

Tu cosa ne pensi? Scrivi un commento (0)

Resta sempre aggiornato! Iscriviti alla Newsletter

Scrivi un commento

4 × tre =

Per continuare disattiva l'AD Block

La pubblicità è fondamentale per il nostro sostentamento e ci permette di mantenere gratuiti i contenuti del nostro sito.
Se hai disattivato l'AD Block e vedi ancora questo messaggio ricarica la pagina