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La ristorazione a catena cresce a doppia cifra e piace ai venture capital


Cris Nulli - founder Appetite For Disruption

Food delivery, App, modelli replicabili e scalabili: ecco dove si concentra l’interesse dei venture capital, per un settore che vale già 6,6 miliardi. A Milano il IV Global Food Service Forum organizzato dal think tank italiano Appetite For Disruption con il magazine Food Service.

Nel mondo della ristorazione i modelli vincenti sono quelli replicabili e scalabili e che si prestano al delivery. Parliamo dei format della ristorazione a catena, sui quali i fondi di investimento venture capital puntano con maggiore interesse, soprattutto se dotati di un’alta componente tecnologica e capaci d’incontrare i nuovi bisogni del consumatore. Le iniezioni di capitale, infatti, diventano indispensabili acceleratori per la crescita e l’espansione delle aziende del food retail. La ristorazione commerciale a catena è il segmento che cresce di più e tiene il passo svelto dell’economia digitale. Tuttavia è un settore che in Italia vive delle resistenze culturali e resta ancorato a una normativa del lavoro obsoleta. Da qui la necessità di rivedere il Contratto nazionale del lavoro, aggiornarlo in modo da poter rispondere alle attuali esigenze di dipendenti e collaboratori.

Questi alcuni degli argomenti emersi nel corso del Global Food Service Forum, organizzato da Appetite For Disruption, primo Think Tank italiano nel mondo, dedicato alla ristorazione commerciale, insieme con la rivista Food Service.

 

 

IL BUSINESS MODEL DELLA CRESCITA NEL FOOD RETAIL: NUMERI E CARATTERISTICHE

“Sebbene in Italia la ristorazione a catena non sia una tradizione, perché si tratta perlopiù di un modello importato dall’estero, oggi nel nostro Paese si contano 700 format ed è un comparto che rappresenta il 9% dei consumi Food nel fuori casa con un valore di 6,6 miliardi di euro”, spiega Cris Nulli fondatore di Appetite For Disruption“Grazie alle sue logiche di gestione e di digitalizzazione, il segmento si è rivelato il più resiliente durante la pandemia e ha continuato a crescere attraendo investimenti”.

Infatti il Foodtech è il settore più finanziato in Italia e sta avanzando velocemente: nel 2021 ha raccolto fondi per oltre 260 milioni di euro. Dal Barometro dell’EY Venture Capital, emerge che l’anno scorso gli investimenti in generale su start-up e imprese scale-up hanno superato il miliardo di euro, registrando il +118% rispetto ai 570 milioni del 2020.

“Il fast casual è il modello di business che registra la maggior crescita nel settore food retail”, spiega Cris Nulli, mettendone a fuoco le caratteristiche: “Sono format replicabili di ristorazione, che nascono solitamente nelle grandi città come Milano, per poi espandersi nel Nord Italia e a scalare nel resto del Paese. Sono modelli marketing driven, tech driven, girano su piattaforme tecnologiche come una big corp, hanno i dati e il consumatore al centro e, naturalmente, si focalizzano sul concetto di esperienza”.

RISTORAZIONE A CATENA IN ITALIA: RESISTENZE E PROSPETTIVE

Negli ultimi due anni c’è stata un’accelerazione, ma l’Italia resta ancora fanalino di coda in Europa nella ristorazione a catena.

“Il nostro è uno dei mercati con la minore penetrazione del fast casual, sotto il 10% sul totale del food retail – sottolinea Nulli – siamo dietro a Paesi con mercati simili, come Spagna, Francia e Inghilterra. Tuttavia è il segmento con l’incremento maggiore: iniziano a esserci casi di successo e di espansione all’estero, come ad esempio Poke house, Miscusi, ma anche tech company nell’ambito del food retail come Deliveristo che da poco è sbarcata a Madrid. I casi di eccellenza molto spesso sono coadiuvati dall’ingresso di partner che aiutano alla crescita e generalmente sono fondi d’investimento che permettono a queste società di avere un boost e poter crescere”.

Non a caso, la quarta edizione del Global Food Service Forum ha come titolo “Partnering to grow”, con l’obiettivo di fare sistema con i big player della ristorazione commerciale, condividere esperienze, offrendo strumenti e prospettive per crescere insieme.

Per creare partnership sono necessari un approccio culturale nuovo e l’apertura alle opportunità. L’Italia è patria delle imprese familiari e il proprietario-imprenditore deve superare delle resistenze culturali per passare dall’essere da solo, ad avere un partner finanziario con cui ha un’agenda comune che è quella di crescere. Dall’altra deve esserci un’ecosistema di investimenti aperto al food retail in generale e a quello tech in particolare.

VENTURE CAPITAL: CHI PUNTA SUL FOODTECH E CHI SULLO STORE FISICO REPLICABILE

Tra le società che investono in aziende innovative e che hanno preso parte ai talk del Global Food Service Forum di quest’anno, ci sono Primo Venture e Oltre Venture. La prima punta a start-up high tech in cui domina la componente online, come Cortilia, il primo mercato agricolo online. La seconda invece mira a progetti che prevedono store fisici, replicabili, per creare catene di ristorazione, in cui la digitalizzazione è funzionale alla scalabilità.

Gianluca Dettori – CEO Primo Venture

“La grande innovazione di oggi è guidata dal cambio del consumo del cliente – spiega Gianluca Dettori ceo di Primo Venture -. Il Covid ci ha portato in una dimensione della vita ibrida, nel lavoro come nella scuola e negli eventi. Questa compenetrazione, tra canale fisico e digitale, crea una nuova forma di retail. La domanda è crescente. Ci sono tante aziende che stanno diventando ‘unicorno’, quindi con un valore che supera il miliardo. Quest’anno in Italia verranno investiti tra un miliardo e otto e due miliardi di euro in start-up tecnologiche, un record assoluto. Abbiamo tanto mercato davanti, anche perché c’è un gap di digitalizzazione che le aziende devono colmare per efficientare i propri processi e per ingaggiare i propri clienti”.

Se Primo Venture scommette specialmente sui digital brand con obiettivi da raggiungere in 10 anni, per Oltre Venture il focus degli investimenti è su progetti che possano generare un flusso di cassa positivo anche in tre anni.

“Per noi la prossimità al cliente è un fattore importante e la presenza di uno store fisico lo avvicina con fiducia”, spiega Lorenzo Allevi ceo e co-founder di Oltre Venture. “Tutti i progetti pensati sul food – aggiunge – hanno un senso profondo sulla società e sulle persone: si va incontro a esigenze già espresse dal settore, senza creare nuovi bisogni. Investire nella ristorazione a catena, quindi in punti fisici e non solo digitali, ha un tasso di rischio più basso e probabilmente un ritorno economico un po’ inferiore, ma in questo momento, in cui lo scenario è cambiato completamente, si tratta di progetti che non impiegano dieci anni per avere un ritorno di cassa, ma tra i tre e i quattro anni”.

 

CASE HISTORY E SVILUPPO DEL COMPARTO

I temi della crescita e dello sviluppo sono stati al centro dei talk del forum. Il direttore generale di Fipe (Federazione italiana dei pubblici esercizi) Roberto Calugi ha sottolineato che “il comparto è stato travolto da due anni critici, ma può superare gli attuali venti contrari, puntando sulla competenza e il fare squadra”.

È un momento ambivalente, da una parte sembra che il pericolo di recessione sia dietro l’angolo, dall’altra la crescita del settore food è stata notevole, soprattutto in quest’ultima stagione estiva, premiando la ristorazione organizzata e commerciale grazie alla sua capacità di rinnovarsi, come rivelano vari casi di successo presentati al Global Food Service Forum.

Vincenzo Ferrieri – Cioccolati Italiani, Fra’ Diavolo, Bun Burgers

Un interessante modello di business è quello di Gesa Group. Una basket company, che accoglie nel suo network tre brand differenti operanti nel food: Cioccolatitaliani, Bun Burger e le pizzerie Fra Diavolo, di recente acquisizione. L’idea è quella di un’aggregazione in cui ogni brand resta indipendente con una propria gestione manageriale, seppure nello stesso Gruppo. La sua crescita è stata veloce: nel 2020 contava 40 punti vendita, nel 2022 è arrivato a 90. “I brand hanno una missione comune: crescere e investire nel timeless food ossia nel cibo senza tempo. L’amministrazione finanziaria, il controllo, gli acquisti e la logistica sono trasversali sui tre marchi, ma ognuno è indipendente con un suo amministratore delegato, il proprio management e un posizionamento strategico differente per uno specifico target”, spiega Vincenzo Ferrieri, ceo di Gesa Group e presidente di Ubri (Unione brand ristorazione italiana). Tra le esigenze di settore che Ferrieri, in qualità di presidente dell’associazione di categoria, ritiene più urgenti portare all’attenzione ci sono: l’individuazione di un Ministero di riferimento, se è quello del Turismo o dello Sviluppo economico, la determinazione dell’impatto della ristorazione sull’attrazione turistica del Paese e la necessità di rivedere il Contratto nazionale del lavoro.

Poi c’è Glovo, la startup spagnola specializzata nelle consegne a domicilio, che nel 2019 ha superato il miliardo di euro diventando ‘unicorno’. Tra le ultime innovazioni dell’azienda c’è l’apertura in Italia delle Cook Room, uno spazio per le aziende che vogliono espandersi in una nuova città, con slot cucina dedicati. Il delivery ha avuto sotto l’emergenza Covid un’accelerazione esponenziale: essendo una delle poche o l’unica opzione disponibile, molti ristoranti sono approdati sulla piattaforma e hanno imparato ad usarla. Finita l’emergenza, essere presenti sull’app o ordinare cibo si è consolidato come modo, non sostitutivo, ma complementare di vendere e comprare cibo.

Goiko, brand spagnolo di hamburgerie gourmet, nato nel 2013, ha catturato l’attenzione della società di private equity L. Catterton del gruppo Lvhm, e nel 2018 entrando nel capitale, Goiko ha spiccato il volo, aprendo oltre 100 punti vendita in Spagna e tre in Francia. Oggi ha un ricco programma di espansione internazionale e sta valutando un prossimo sbarco in Italia.

Frankly Bubble Tea & Coffee startup nata nel 2016, che per fronteggiare gli attuali problemi di approvvigionamento dovuti alle materie prime provenienti da Taiwan, anche per via delle tensioni con la Cina, sta diversificando i suoi prodotti, aprendosi così a nuove fasce di utenti e di mercato. Essendo un prodotto da passeggio, dunque take away, l’azienda si è posta come mission l’eliminazione della plastica.

RISORSE UMANE: UN CAPITALE DA VALORIZZARE

Lato industria, tra le aziende ospiti dell’evento e molto presenti nel canale foodservice, San Pellegrino Italia e Molino Casillo Group, hanno segnalato i consistenti investimenti per valorizzare il capitale umano: il marchio di bibite e bevande ha aperto la Young Chef Academy per la formazione di giovani cuochi, mentre il noto produttore di farine ha creato le Scuderie, un programma di studi specialistico.

Lo Studio Necchio di consulenza del lavoro ha posto l’attenzione sulla difficoltà odierna di reperire le risorse umane e, soprattutto, trattenerle. Il settore ha un turnover di personale molto alto, nel fast food può essere del 100% su base annuale. Avere difficoltà nel reperire personale è quasi un paradosso in un contesto di crescita e nuove aperture. La prima risposta che precede strumenti incentivanti – segnalata dallo Studio – è quella di ascoltare le persone e modulare i turni sulle esigenze dei propri collaboratori: è il punto di partenza da cui iniziare un percorso strutturato di valorizzazione.

 

Ufficio Stampa: MASTER COMMUNICATION

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