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L’Italia è la terra del buon cibo e dei prodotti enogastronomici unici, ma finora non è stata certo la terra della ristorazione in franchising. La ristorazione nel Belpaese è infatti da sempre parcellizzata tra una miriade di piccole imprese, a gestione per lo più famigliare. Eppure qualcosa si sta muovendo. Solo nell’ultimo anno infatti hanno debuttato nel nostro Paese catene straniere del fast food già presenti in mezzo mondo.

host-dominos-pizza

E potrebbe essere solo l’inizio. “Il mondo della ristorazione veloce in Italia è oggi un’arena dove si sperimentano nuove soluzioni e incroci, che vedono la barriera tra commercio e somministrazione assottigliarsi sempre più – ha spiegato Daniele Tirelli, presidente di Popai Italia -. Sullo sfondo un dato ormai consolidato: il cliente si aspetta di trovare il cibo sempre, ovunque, e del tipo che ha voglia di mangiare in quel momento”.Sono quattro le case histories presentate, che esemplificano questo nuovo approccio.

DOMINO’S

ha tentato l’impossibile: portare la pizza americana nel Paese che l’ha inventata. Una scelta meditata a lungo, tanto che l’Italia è l’83° Paese in cui investe il brand. “Siamo specializzati nella consegna a domicilio, in un mercato estremamente frammentato dove a mancare è proprio il servizio – ha detto Alessandro Lazzaroni, Marketing Manager di Domino’s Pizza Italia che ha definito “una digital company che vende pizza” -. I due terzi del nostro business viene dalle consegne a casa. Siamo noi che raggiungiamo il cliente in vari modi: tramite App zero click (si può ordinare a voce senza toccare lo schermo), Twitter (basta mandare tramite emoticon il numero di pizze che si vuole ordinare), Samsung smart tv, Ford Synch, e pure smart watch, mentre in Australia sono già partite le consegne con un robot. Perché è l’ordine il momento clou della relazione con il cliente”.

FOODORA

L’idea di raggiungere il consumatore ovunque sia, di solito a casa sua, sta alla base anche di Foodora, società tedesca presente in 10 Paesi che consegna pasti da ristoranti di fascia medio-alta, per ora a Milano e Torino. “Siamo un’azienda di servizi logistici con una doppia valenza: verso il cliente finale e verso il ristorante – spiega Massimiliamo Mesenasco, Head of Account Management Italy -. Usiamo un mezzo green, la bicicletta, e la gestione dell’ordine, che avviene grazie a un algoritmo, va completata in 30 minuti. Il nostro cliente? Un professionista che fa tardi al lavoro, e ha una volontà e capacità di spesa anche doppia rispetto a chi ordina normalmente prodotti come la pizza”.

KFC

Insegna storica americana specializzata in pollo fritto, KFC è entrata in Italia a fine 2014 con due ristoranti, ne ha oggi sei, e arriverà a 12 entro fine anno, puntando sul Drive: “Ne apriremo uno ad ottobre per verificare se è un format che può fare la differenza. Ci concentreremo sui centri commerciali o sulle strade di grande scorrimento, evitando i centri città, per ora troppo costosi” spiega Corrado Cagnola, Ad di KFC Italy.

FIORFOOD

I confini tra ristorazione e retail si assottigliano e lo sa bene Novacoop, parte della prima catena della Gdo italiana, Coop, che con Fiorfood è partita a Torino con un progetto pilota, ibrido tra supermercato e ristorante in un’ottica gourmet. “Avevamo in casa una private label molto forte, Fiorfiore, e abbiamo pensato di unire la vendita con la somministrazione – ha spiegato Antonio Audo, Responsabile area progettazione – energy management Novacoop –. È il nostro primo approccio verso la ristorazione, l’idea è quella di sperimentare nuove forme che vorremmo poi replicare nella nostra rete di supermercati”.

+info: host.fieramilano.it/tra-food-e-retail-arrivano-le-catene

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