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Assenzio e quartiere, a Milano apre Norah was Drunk


Norah was drunk (ph Jacopo Salvi)

Nuovo di zecca, con nuance verdi come il suo attore principale: e più di ogni altra cosa, piacevole in ogni suo aspetto. Dopo un’apertura silenziosa, è finalmente arrivato il momento dell’inaugurazione di Norah was Drunk.

Milano est (via Porpora 169), la Lambrate che i suoi stessi abitanti storpiano esoticamente in Lambrooklyn, continua a macinare un ridimensionamento destinato a far rivedere le classifiche di vivibilità della città. Norah was Drunk è un’ampolla di quartiere, ruvido e urbano come il circondario, con picchi di qualità più che interessante. Pareti crude e arredamento minimale, un’eleganza da strada, il posto sotto casa dove però fare esperienze di gusto e storia, di livello assoluto: anche perché il duo alla guida, il navigato bartender Niccolò Caramiello (Lacerba, Rita, Chunk) e l’imprenditore Stefano Rollo, ne sa eccome.

Niccolò Caramiello (sx) e Stefano Rollo – ph Jacopo Salvi

Classico e alternativo, gli aggettivi più adatti al tempo stesso, per un locale che ha il potenziale per ridisegnare una nuova (vecchia) concezione di ospitalità. Ovviamente i drink: pur avendo proposte signature di sicuro interesse (si va dal tropicale al sapido, preparazioni fatte in casa ma mai eccessive), restano in carta le ricette immortali, per di più disponibili in versione ridotta, i mezzi drinkper concedersi un assaggio o un ultimo sorso senza esagerare prima di andar via. Poi la presenza evidente e non ingombrante di un prodotto che ha fatto la storia del bere: l’assenzio, la Fata Verde emblema di correnti artistiche e letterarie, che Rollo e Caramiello riportano fragorosamente in auge.

ph Jacopo Salvi

“Un distillato eccellente, misconosciuto ai più, che entrambi adoriamo. Ci è parso un buon modo per farlo apprezzare anche a chi ha voglia di provare una novità”. Anche se novità ovviamente non è, per un prodotto creato per la prima volta più di trecento anni fa: Norah (che non è una donna, come Niccolò vorrà far credere agli ospiti) lo presenta in miscelazione, con buona parte dei classici rivisti (Absinthe Mary, Absinthe Martini) e soprattutto con almeno una decina di referenze di indiscusso valore (Francia, Svizzera) da provare in versione liscia, con l’aiuto dell’immarcescibile fontanella d’acqua e del cucchiaino traforato.

Classico anche nella concezione enogastronomica. Non c’è una cucina, bensì una selezione di chicche ricercatissime e di respiro internazionale, che integrano perfettamente un’offerta hipster che non stanca mai: sardine, ostriche (che peraltro finiscono in un superbo Oyster Martini), salumi, formaggi, varianti sofisticate di cibi selezionati ed eccellenti. Perché il centro dell’attenzione è il bar come una volta, dove impegnarsi poco e godere dei sensi al massimo. È la rivincita, e si spera la ri-affermazione, della normalità che fa un passo avanti, del quotidiano che si apre a livelli più alti; e della cultura della miscelazione di qualità, che per una volta torna a sorridere lontano dalle luci dei grattacieli, ma nel mezzo di quelle dei lampioni del quartiere. E se ne sentiva il bisogno.

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