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Un 2022 da ricordare per il settore Wine e Spirits made in Italy, nonostante le ombre e le incertezze e le previsioni concordi degli organismi internazionali (Fmi, Ocse, Ue) su un rallentamento della crescita quest’anno. Il 2022 comunque si è chiuso con dati previsionali da record, secondo quanto riportato dall’Osservatorio Federvini elaborato da Nomisma e TradeLab.

Grazie alla ripresa del turismo e al cambio favorevole euro/dollaro si prospetta un nuovo record per l’export agroalimentare italiano, che dovrebbe aver superato i 59 miliardi di euro a fine anno (+16 rispetto al 2021) trainato anche dalle vendite oltre frontiera di vini, spiriti e aceti. Per il vino si prevede un record delle esportazioni (8 miliardi, +12%), così come per gli spirits (1,7). l  Buono anche il risultato per gli aceti, in particolare balsamici, che vedono chiudere l’anno con una crescita delle esportazioni (a valore) del 15%.

Sono tre i fattori che hanno contribuito alla crescita: l’andamento del cambio euro-dollaro che ha permesso di compensare gli aumenti dei costi di produzione e recuperare competitività sui mercati legati al dollaro come USA e Canada, è il primo.

Poi la ripresa del turismo a livello globale, che ha dato impulso ai consumi di vini e spiriti nel canale Horeca fortemente penalizzato durante la pandemia. E infine la diversificazione dei mercati, come strategia adottata da molte aziende che guardano ai Paesi emergenti come Tailandia e Vietnam, dove nei primi 8 mesi del 2022 il valore dell’export del vino è cresciuto rispettivamente del 158% e 82%.

 

 

“I dati sulle performance del nostro export evidenziano l’importanza della diversificazione dei mercati – spiega Micaela Pallini, presidente di Federvini, in un’intervista al Quotidiano Nazionale – Tale strategia può essere coadiuvata da un lato dalla leva promozionale e dall’altro da una maggiore proattività dell’Unione europea nel concludere ulteriori accordi di libero scambio con i Paesi extra-Ue. È evidente che ci muoviamo in uno scenario complicato e in continua evoluzione, non si escludono rallentamenti economici nel 2023 che dovrebbero interessare alcuni mercati europei come l’Italia e la Germania”.

Dieci anni fa, i mercati dell’Ue pesavano per circa il 57% sul valore dell’export, dopo la Brexit nel 2021, si è arrivati al 39%. Questo scenario ha determinato un diverso approccio ai mercati di destinazione e ha sollecitato un allargamento degli spazi commerciali da presidiare verso nuove realtà emergenti: oggi l’Asia pesa per il 7% sull’export complessivo di vino italiano.

 

 

Il mercato degli spirits ha mantenuto salda la leadership nel mercato statunitense dove registra un aumento a valore del 23%, tuttavia la dipendenza dai primi 5 mercati è diminuita nel corso del tempo: se nel 2011 la concentrazione dell’export per la categoria nei top mercati di sbocco era pari al 65,8%, dieci anni dopo è diminuita al 58,3% per calare ancora al 53,7% nel 2022.».

Sempre secondo i dati dell’Osservatorio Federvini, con la crescita del mercato dei consumi fuori casa registrata nei primi 9 mesi del 2022, anche quelli di vini e spiriti sono tornati a crescere (+38%), generando 1,1 miliardi di consumazioni, valore destinato ad aumentare fino a 1,5 miliardi con la chiusura dell’anno. Le performance migliori appartengono ai canali di consumo serali, che nel 2021 più di altri avevano sofferto le chiusure dovute alla pandemia.

Fonte: www.federvini.it

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