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Gino Sorbillo, una pizza a difesa di Napoli e della tradizione


Gino Sorbillo (foto di Alessandra Farinelli)

Tre ingredienti.
Cultura, allo stesso tempo frutto e fertilizzante per poter progredire, che sia oltreconfine o soltanto per qualità e volume. Senza conoscenza e capacità di comunicare sarebbe stato impossibile.
Cuore, inteso come sentimenti e spirito di appartenenza a una terra per la quale non basterebbe una vita, in ogni senso. E che è stata fonte di ispirazione e orgoglio quando si è trattato di combattere davvero.
Una sana faccia tosta, una spavalderia sprezzante delle dicerie e del credo altrui. La stessa che adesso, a conti fatti, permette di prendere posizioni decise e instaurare trend.
È l’impasto di Gino Sorbillo, il pizzaiolo alfiere del suo prodotto che è ormai il leader della sua gente e della sua categoria.

 

“HO AVUTO RAGIONE” – Nato e cresciuto nella dimensione di pizzaiolo di strada, una figura classica nelle viscere di Napoli che pulsano e pompano vita e storia nei decumani del centro greco-romano. Via dei Tribunali è l’arteria principale, quella che oggi è sfondo di una ritrovata energia internazionale grazie alle attività Erasmus e un boom di turismo forse mai visto prima; la sede storica di Sorbillo. “È qui che si respirava e rimane tutt’oggi la tradizione della pizza più antica, l’ABC del movimento che ha radici pluricentenarie”. Spirito libero e coraggio lo hanno reso un autentico pioniere di un mondo che in realtà esisteva eccome, ma rimaneva relegato a un universo di serie B: “Venticinque anni fa sembrava non esserci alcun margine, culturale o economico che fosse. La nostra era vista come una cucina povera, anche giustamente, ma mancava del valore e dell’attenzione che meritava e che credo di essere riuscito a conferirle. Mi prendevano per pazzo all’epoca, alla fine ho avuto ragione. E penso che i benefici si siano registrati per l’intero movimento, non soltanto per me”.

Gino Sorbillo (foto di Alessandra Farinelli)

UNESCO – Gino è oggi riconosciuto come uno, forse il più noto guru della pizza, tanto da essere sempre più frequentemente contatto per collaborazioni dalle figure più rinomate del panorama enogastronomico italiano e internazionale: “Per me e per la nostra attività è un onore. Ed è una soddisfazione vedere come la nostra arte, perché di questo si tratta, venga presa come fonte di ispirazione e integrazione dai cuochi di tutto il mondo”. Una consapevolezza rinvigorita dal recente titolo del quale l’arte del pizzaiolo si è vista insignire, patrimonio internazionale dell’UNESCO. Guai a chiamarlo chef però: “C’è connessione con la cucina intesa in senso generale, ma non entro mai nel merito. Un pizzaiolo non dovrebbe fare altro, dovrebbe dedicarsi esclusivamente al forno e all’impasto, approfittando delle continue possibilità di apprendere che incontriamo ogni giorno”.

GOURMET? NO GRAZIE – Né andrebbe trattato troppo a fondo l’argomento della pizza gourmet. Il rifiuto è tanto pacato quanto netto, figlio di un legame troppo forte con la tradizione e gli insegnamenti familiari: “Le nuove tendenze sono alternative alla storia, generalmente. Ma troppo spesso diventano mezzo per attirare l’attenzione e ricavare notorietà su palcoscenici che trasudano un passato ricco oltre l’immaginabile. La pizza storica è esperienza, quella gourmet viene mascherata come frutto di uno studio matto e disperato come se la mia non ne avesse. Per poter portare avanti una tradizione ci vuole conoscenza, anche i consumatori che conoscono la nostra filosofia e le nostre origini contribuiscono a creare un universo sempre più prezioso. Chi non ha storia sceglie di inventare e apparire, troppe volte”. Eppure si schiera con Cracco e la sua proposta di Margherita tanto bistrattata: “Non ha rivisitato o violato nulla, ha dedicato una sua idea alla pizza stessa. E come ogni pizza, anche la sua va rispettata”.

PASTA DI EMOZIONI – L’impasto, diceva. Una delle due chiavi del successo di Sorbillo, che però si slega completamente dalla scienza e dai numeri. Nessuna ricetta standard, piuttosto stati d’animo e intuizioni. “Non credo esista una formula esatta per la pizza perfetta. Quella che faccio io è diversa ogni giorno perché è di volta in volta frutto di un’analisi, sì, ma sensoriale, emotiva, che mi permetta di capire come renderla migliore”. Non è quindi questione di acqua, farina o ingredienti, né di territorio: “Ho fatto e assaggiato pizze straordinarie ovunque, e ne ho provate di pessime sotto casa. È una questione di mani, di sensibilità, di empatia con il prodotto e con la materia prima”. Non esattamente qualcosa di semplicissimo da imparare, a patto che davvero si possa apprendere studiando e ripassando.

CORAGGIO – L’altro elemento portante, che in realtà è il primo, del lavoro di Sorbillo si trova scavando nell’anima di chi si è trovato sull’orlo delle difficoltà più vere: “Il coraggio. Ho contrapposto la mia pizza e la mia identità a una Napoli delinquente, in un momento in cui tutto sembrava perduto specialmente per il mio quartiere”. Un disco di pasta che si trasforma in scudo e che attira i riflettori su una zona all’epoca disagiata, un vettore per poter lavorare a testa alta e guardare fuori, oltre. Per andare oltre, fino all’autentico gioiello odierno, che risplende dei visitatori e dei cittadini stessi. Della sua pizza in senso stretto si è detto di tutto e di più, sarebbe quasi superfluo aggiungere o ripetere. La su filosofia sposa freschezza e quotidianità, ispirandosi alla vita e soprattutto al calore di una mamma: ogni pizza è abbondante, generosa, non ci sono calcoli di peso o spesa, e si rientra in un’ipotetica spesa giornaliera per un figlio. Che in realtà sono migliaia di figli ogni giorno, tra Napoli, Milano e un progetto a New York. Dai vicoli a Broadway è un attimo.

 

 

+info:

Antica Pizzeria Gino Sorbillo – Napoli, Via dei Tribunali 32
Gino Sorbillo Lievito Madre al Mare – Napoli, Via Partenope 1
Lievito Madre al Duomo – Milano, Largo Corsia dei Servi 11
Pizzeria Gino Sorbillo Olio a Crudo – Milano, via Montevideo 2

 

 

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