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Gli italiani e gli amari, passione mai sopita. Anzi, una fiamma che è cresciuta in questo 2021. Stando ai dati Nielsen dei primi tre mesi dell’anno, le vendite nella distribuzione hanno segnato un +24,6% a volume e +24,4% a valore.

Micaela Pallini, presidente del Gruppo Spiriti di Federvini

«C’è una vera e propria rinascita degli amari in Italia e all’estero, dove sono state riscoperte le radici come accade con il vermut», spiega Micaela Pallini, presidente del Gruppo Spiriti di Federvini.

Del resto, il gusto per gli amari in Italia è molto radicato. Una passione che abbiamo saputo esportare anche all’estero.

L’amaro, bevanda spiritosa tradizionale usata a fine pasto, è realizzato macerando o distillando varietà di radici, agrumi, spezie, cortecce, fiori e altri prodotti botanici in una base di spirito (solitamente neutra) o vino. Una volta ottenuto il profilo aromatico desiderato, lo zucchero viene aggiunto sotto forma di sciroppo e gli ingredienti aromatici vengono quindi filtrati dal prodotto finale. La maggior parte delle ricette richiede un po ‘di tempo per riposare e alcune per invecchiare in una botte.

Durante il Medioevo, i missionari arabi portarono ricette per la distillazione del vino attraverso la Sicilia nell’Italia continentale, nello stesso periodo in cui fiorivano le rotte marittime delle spezie. Nel 1400 d.C. i monasteri dedicarono particolare attenzione alla coltivazione di piante officinali e aromatiche producendo distillati e altre bevande finalizzate alla cura delle erbe. Riprendendo la ricerca araba di un “elisir di lunga vita”, i monasteri di tutta l’Italia meridionale iniziarono a produrre ricette distinte per queste medicine, o “aqua vitae” (acqua di vita).

 

 

La ricetta dell’Amaro è stata tramandata di generazione in generazione dalle famiglie. Il sapore dell’elisir finale, infatti, cambia a seconda delle piante utilizzate e del tempo di infusione.

Le erbe medicinali vengono macerate e infuse in una soluzione alcolica. Il liquido viene quindi filtrato e si aggiungono acqua e zucchero a piacere. Ogni regione e ogni città ha la sua particolare amarezza, a volte legata a un ingrediente locale. Solo di recente questi digestivi erbacei sono diventati ingredienti chiave nelle liste dei cocktail nei migliori bar e ristoranti del paese.

Come dice Brad Parsons nel suo libro Amaro: “La ricca storia della categoria italiana di liquori agrodolci, a base di erbe, prodotti a livello regionale chiamati ‘amaro’ (a base di spezie, erbe, semi, bucce di agrumi, fiori e altri prodotti botanici) è una categoria guidata più dalla tradizione che da regole e classificazioni rigorose. C’è così tanto significato, storia e complessità racchiuse nella parola amaro. Ogni bottiglia può essere un’esperienza unica, ma alla fine non c’è modo giusto o sbagliato di gustare un amaro, sia che lo beva liscio come digestivo, sul ghiaccio con la soda e una scorza di limone, o come ingrediente chiave in un cocktail artigianale classico”

Fonte: www.federvini.it

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