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Immaginate una metropoli. Un reticolato di strade asfaltate che prendono ombra dai palazzi in fila, il caos cittadino fatto di auto e orari. Metteteci in mezzo, o meglio ancora in una collina a due passi, una vigna. Con tutte le sue caratteristiche di quiete, colori caldi, profumi di terra e frutta. Per quanto strano possa sembrare, le vigne metropolitane esistono, anzi resistono. E l’Italia, con Napoli in testa, è una delle nazioni più rappresentate.

Vienna  e Parigi troneggiano in Europa. La prima, che comanda la classifica europea, vede la collocazione della propria vigna un po’ più in periferia rispetto agli standard europei, pur mantenendo una qualità altissima: molti vini prodotti in questo spicchio di Austria sono stati insigniti della DAC, l’equivalente della denominazione di origine controllata. Parigi invece ha un ritaglio di poco più di due ettari sulla collina di Montmartre, praticamente ai piedi del Sacro Cuore, che regala Pinot nero di livello eccelso. E pensare che la vigna era andata dimenticata: solo grazie allo spirito di iniziativa di un artista di strada, che avviò una petizione, fu riqualificata e riportata in auge negli anni ’30.

Napoli è al secondo posto in Europa per ettari destinati alla vigna, circa 200. Le zone più coinvolte sono per forza di cose quelle collinari (Posillipo, Vomero, Agnano), pur rimanendo centri di altissima densità demografica. Si rifugge quindi quel binomio che voleva la vigna accostata quasi naturalmente a un ambiente isolato, tranquillo. Napoli peraltro è una delle poche zone a livello mondiale che, grazie alla conformazione vulcanica del terreno, conserva il tipo di coltivazione a piede franco, ossia senza l’impiego della vite americana come portainnesto del vitigno della varietà coltivata. Piedirosso e Falanghina sono i protagonisti principali.

A inizio 2018, sempre a Napoli, ha avuto luogo il secondo Festival delle Vigne Metropolitane, durato un mese: l’ideatore è Tommaso Luongo, sommelier, che definisce il profilo partenopeo “l’unica metropoli continuamente invasa dalla vigna e allo stesso tempo invasore del terreno naturale della vite”. Un’occasione per sperimentare percorsi degustativi, approfondimenti, visite guidate e shopping all’insegna di questa particolare collocazione di coltivazione, che vive anche in altre zone d’Italia. Torino è medaglia di bronzo in Europa, grazie alla sua “Vigna della Regina”, così denominata in onore di Anna di Orleans, moglie di Vittorio Amedeo II di Savoia, a cui si deve la creazione della vigna e del suo giardino, dove è stata piantata la Freisa di Chieri Doc. Brescia segue a ruota, poi Venezia, Roma, Siena seppur con appezzamenti molto meno rilevanti.

Oasi nascoste di gusto, ma soprattutto cultura. La proposta enologica è sempre più spesso calamita per turismo e studio, e le metropoli italiane ed estere sembrano aver intuito la ricchezza di contenuto che una vigna può rappresentare. Un giro in centro potrà essere una scusa per un bel bicchiere da degustare.

Fonte: Repubblica.it

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