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Il caffè, prodotto cosmopolita e migrante, adattabile agli stili di vita e di consumo più disparati, sta davvero conquistando il mondo. Sotto la bandiera della qualità. Anche in un mercato tradizionale come l’Italia, come ci confermano le aziende del settore. Che parlano di una grande voglia di sperimentare riti e metodi oltre l’espresso, curando il dettaglio e la personalizzazione, il racconto della filiera e la degustazione come evento sensoriale autentico e speciale.

 

 

Girando per il mondo sono molti i format di caffetteria dove si scoprono differenti caffè e altrettanti metodi di estrazione – spiega Simona Colombo, Group Marketing and Communications Director del leader del settore macchine per caffè Gruppo Cimbali -. Ma qualcosa sta cambiando negli ultimi anni anche in Italia: l’attenzione sempre maggiore ai Paesi di origine, alla valorizzazione del caffè in tazza, ha portato da un lato i baristi e i gestori di bar e caffetterie a formarsi e ricercare attrezzature e materie prime in grado di garantire una qualità sempre più elevata e una diversificazione nell’offerta, dall’altro i consumatori diventare sempre più curiosi ed esigenti. L’apertura di Starbucks a Milano ha senza dubbio amplificato l’attenzione sul tema caffè: è un format nuovo per il nostro Paese che, insieme a realtà di microroasting e coffee shop, fa crescere la consapevolezza di una nuova cultura nel mondo del caffè e avvicina la caffetteria italiana ai trend internazionali”.
Un entusiasmo che ha investito anche la ristorazione. “Qui entra in campo la formazione, la cultura del caffè, delle sue caratteristiche e di come le nostre macchine e macinadosatori giocano un ruolo capitale nella qualità che possiamo ritrovare in una tazzina di caffè o di una bevanda a base di caffè espresso”.

 

 

Oggi tutti parlano di specialty, noi siamo stati i primi in Italia nel 2014 a creare una linea di caffè dedicata e a credere in questo mondo che ora è sulla bocca di tutti e che sicuramente deve ancora esprimere le sue potenzialità, come negli altri Paesi europei – dice Patrick Hoffer presidente di Corsino Corsini -. Questo ci dà la possibilità di parlare di produttori, Paesi di origine e di chi sta dietro un chicco di caffè. Poi ci sono le nuove modalità di consumo, ormai quasi tutte le caffetterie un po’ all’avanguardia le propongono. Noi a Host2019 presenteremo il Nitro Coffee che è il caffè estratto a freddo emulsionato”. E il barista come reagisce? “Il barista italiano giovane è sempre più curioso, ha voglia di provare, di sperimentare e portare avanti un discorso di qualità, vede che il mondo intorno sta cambiando e ha voglia di provare. E il cliente è curioso, siamo noi torrefattori e baristi che l’abbiamo abituato in un certo modo e noi dobbiamo riuscire a portare il consumatore curioso verso un altro tipo di consumo“.

 

Il mondo degli specialty negli ultimi cinque anni è esploso. Oggi ci sono un centinaio di locali, una goccia se consideriamo la totalità dei bar italiani. Ma tra questi molti stanno iniziando a proporre un caffè di qualità, con due/tre proposte. Il problema semmai è che molti fanno specialty più per passione che per profitto” conferma Dario Ciarlantini, consulente e formatore. Dunque proporre specialty non è redditizio? “Magari non sempre ho un vantaggio diretto, ma se ho un ottimo caffè attiro una clientela di un certo tipo, attenta alla qualità, che oltre al caffè acquisterà anche altri prodotti come la pasticceria, i vini, i distillati. Il caffè dunque diventa uno strumento per dare un certo taglio al locale. Però da solo non basta. Bisogna aggiungere servizi e prodotti per coprire i vari momenti della giornata”.

 

+Info: www.host.fieramilano.it

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