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Si torna al bar, e si torna quindi a scoprire le novità che per troppo tempo sono rimaste ad aspettare. Seppur limitata agli spazi all’aperto, l’hospitality di Milano ha ricominciato ad accogliere gli ospiti, permettendo a nomi nuovi di presentarsi al pubblico. In zona Isola c’è infatti un localino piccolo, che promette grandi cose. 

Tusa aveva in realtà già aperto lo scorso luglio scorso, prima di optare subito per alcuni interventi di restauro e dopo un paio di mesi essere costretto a socchiudere la serranda a causa del secondo lockdown. Sono seguite quindi settimane di riflessione e investimento, che hanno portato a un restyiling profondo di tutto il piccolo spazio, e all’installazione di un nuovo bancone avanguardistico, quanto necessario per iniziare a fare voce grossa in un’area ormai in definitiva rampa di lancio.

Il locale si trova infatti in via Borsieri, boulevard della nuova vita notturna milanese in zona Isola e palcoscenico di realtà alternative e già affermate nel campo hospitality, come l’adiacente BoB. “Siamo al centro di una situazione estremamente positiva e ancora in forte crescita”, racconta Davide Castelli, ex volto storico di Lacerba e qui in cabina di regia. “Paradossalmente il Covid ha accelerato l’idea di un’oasi pedonale per la quale adesso stiamo facendo le prove generali, con i dehòrs praticamente imposti dalle normative”.

La strada è di fatto un collegamento naturale verso Gae Aulenti e il Bosco Verticale, simbolo dell’esplosione della Milano post Expo e nello specifico dell’innalzamento del livello dell’offerta: “La qualità si respira praticamente ovunque, è una zona che porta avanti un’evoluzione continua: non ci sono insegne acchiappaturisti, ogni locale ha un’identità, anche i più nuovi. E abbiamo un’arma fondamentale: stiamo creando un buon sistema, una collaborazione tra esercizi. Il progetto di riqualificazione dei dehòr, la nuova destinazione della viabilità, sono tutte dinamiche che abbiamo creato noi, insieme”.

L’eminenza grigia che ha acceso le luci è un gruppo di imprenditori, trai quali Fabrizio Casolo e Gianmarco Senna, già proprietari del Ghe Sem, concept fresco e apprezzato di accoppiata tra ravioli cinesi e cocktail, con due sedi sia a pochi passi da qui che in via Vincenzo Monti, non lontano dal Cenacolo. Il nome del posto è un richiamo alla semplicità, alla gioventù e perché no anche alle origini: tusa in milanese vuol dire ragazza, senza nulla da aggiungere perché tanto basta. “Rispecchia molto la nostra idea di ospitalità: facile, rapida, senza fronzoli e senza eccessi, perché soprattutto in questo momento dovremmo tornare a star bene insieme, non serve complicarsi la vita oltremodo”. 

Davide Castelli – Tusa Isola

Quello che viene trasmesso dalle sedute essenziali ed eleganti, dalle luci dirette e non invadenti, si ritrova nella drink list che Davide ha firmato in occasione della riapertura: “Ogni bevuta deve essere alla portata di tutti, immediata e godibile. Invece di chiarificazioni e trasparenze, noi puntiamo su colori accesi e comprensibili, partendo ovviamente dai classici e dando qualche tocco in più”. Il classico Americano diventa allora American Ruby, con soda ai frutti rossi, il Margarita si trasforma in El Barto, con tagli di tequila e mezcal e spuma di mango piccante. Spazio a ricette storiche, come il Czarina in versione smokey, con liquore all’albicocca affumicata, e a una strepitosa commistione di gusti in Un incontro a Toronto, con whisky canadese, Etna bitter e vermouth all’aceto balsamico.

Appena (ri)aperto, e già investito da una clientela che non vedeva l’ora di poter tornare alla vita, Tusa pensa in realtà già a cosa succederà domani. “Come per il nostro circondario, il nostro progetto mira alla qualità in tutti gli aspetti, dalla miscelazione all’accoglienza: abbiamo deciso come impostare il nostro lavoro, ma lasciamo la porta aperta per ispirazioni che possano provenire da qualsiasi parte: per dirne una, nella via parallela si tiene ancora il mercato due volte a settimana, potrebbe essere una buona occasione per un approvvigionamento a chilometro quasi zero”. Già da adesso si stanno investendo tempo ed energie per curare i tavolini all’aperto, e la cosa sembra senz’altro funzionare. “Il nostro lavoro è questo, non sono bicchieri da asporto o fare i vigili per gli assembramenti, noi ci dedichiamo agli ospiti per farli star bene. Ma quando tornerà tutto normale sarà ancora più bello”. Ci crediamo, ma l’inizio lascia già sperare benissimo.

 

 

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