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Quando va bene sono relegati a fine pasto, questo è il destino dei vini dolci. Ma purtroppo molto spesso finiscono in fondo, dimenticati anche da chi dovrebbe proporli con più coraggio per consentire di avere il diritto e il dovere di chiudere alla grande un pasto o una cena. “Più citati che realmente conosciuti, i vini dolci rappresentano un mondo variopinto ed emozionante”. Sono queste le parole che Massimo Zanichelli, wine writer, degustatore di lunga esperienza e documentarista, ha utilizzato per parlare della sua ultima fatica letteraria. Il grande libro dei vini dolci d’Italia, edito da Giunti e da poco in vendita, è stato oggetto di un grande banco di assaggio e di due masterclass lunedi 11 febbraio alla sede di Ais Milano.

Massimo Zanichelli

Forse di tratta del primo libro veramente completo dedicato al fantastico mondo dei vini dolci che racconta le tecniche, le tradizioni e i territori di questi nettari secondo un’inedita suddivisione per colori e temi, percorrendo tutta la penisola. ”Questo libro è un’esperienza sensoriale, il vino è suddiviso per colore e molto altro. Oltre 300 descrizioni di vino, cartine, un approccio trasversale ma anche didattico per ridare dignità a questi vini che molto spesso sono relegati in fondo. Colpa dei ristoratori e in alcuni casi per uno spauracchio di salvare la patente, ho voluto dare spazio ai libri dolci in un vino perché in Italia abbiamo un patrimonio inestimabile fatto di grandi tradizioni ma anche di innovazioni che hanno regalato vini mitici”. Il libro sta girando in tour l’Italia, è buona la risposta del pubblico ma anche della critica che ha apprezzato l’approccio metodologico. Un sunto del meglio del vino dolce italiano, non stucchevole ma in grado di stuzzicare l’appetito. Dal giallo paglierino del Moscato d’Asti, al dorato degli aromatici di montagna, dall’ambrato del mare al mogano del Vin Santo, dal rubino dell’Aleatico al porpora del Recioto della Valpolicella,tante le sfumature delle regioni d’Italia, con un banco di degustazione davvero dolce dove abbiamo scelto alcuni vini.

VECCHIO SAMPERI – MARCO DE BARTOLI

Un produttore emblema dei vini dolci siciliani, il Vecchio Samperi è un suo marchio di fabbrica. Utilizza l’antico metodo perpetuo rappresentando la tradizione pre-brittanica del vino di Marsala. Grillo in purezza, affinamento di 20 anni in botti di castagno con metodo solera, dentro c’è l’ultima annata al 5 per cento, quella del 2018, ma c’è anche un mondo di annate di intensità e profumi senza paragone. Naso balsamico, frutta secca, pietra pomice e salsedine, infusi di erbe, all’assaggio gusto pieno e setoso, lunghissima persistenza infinita.

VERDUZZO FRIULANO CRATIS- SCUBLA

Vendemmia fine settembre, appassimento nei graticci tre mesi sino a dicembre,il mosto viene messo per metà in barrique di primo passaggio e per metà in barrique di secondo passaggio. La visione della cantina è incentrata sul perfetto bilanciamento tra vecchie usanze e innovazione alla ricerca dell’eleganza. E in questo Cràtis di eleganza ce n’è parecchia, naso mandorla caramellata e frutta disidratata, gusto perfetta armonia di sapidità e zuccheri residui.

BREGANZE TORCOLATO SAN BIAGIO RISERVA- VILLA ANGARANO

Uvaggio vespaiola in purezza, appassimento 6 mesi, prima dell’affinamento in botte di rovere per due tre anni. Il nome San Biagio deriva da una chiesa sulle proprietà dell’azienda, costruita su una storica Villa del Palladio, cantine cinquecentesche ristrutturate a inizio del ‘2000. Naso di albicocca e cedro, in bocca una decisa freschezza con una buona sapidità.

VENDEMMIA TARDIVA ORVIETO CLASSICO SUPERIORE- TENUTA DI SALVIANO

L’azienda deve il suo nome al castello situato sulla sponda meridionale del lago di Corbara, in una tradizione in zona lago che prevede un appassimento in pianta con una vendemmia tardiva, con le uve che vengono attaccate dalla muffa nobile, rimane succo concentrato, vitigni Grechetto e Trebbiano.

ALBANA DI ROMAGNA PASSITO RISERVA – FATTORIA ZERBINA

Lo Scacco matto di Fattoria Zerbina è già una sfida perché in realtà si è cominciato a parlare di botrizzati in questa zona a fine anni ‘80. Se ne accorsero degli stranieri, i primi a parlare di albana vitigno sconosciuto con delle potenzialità per farsi attaccare dalle muffe nobili. Dopo il celebre Scaccomatto, Cristina Geminiani con questo Passito Riserva AR ha veramente operato la trasfigurazione di un vino raccolto acino per acino, da uve attaccate dalla muffa nobile. In assaggio anche un vino unico, un concetto oleoso ben supportato da una grande acidità, residuo zuccherino concentrato con sentori che spaziano dal mango alla frutta candita.

ALPIANE COLLI EUGANEI FIOR D’ARANCIO – VIGNALTA

La filosofia della cantina Vignalta prevede lunghi affinamenti e poca tecnologia, con tanto legno grande e fermentazioni lunghe. La tradizione dei moscati risale a una trentina di anni fa, ispirandosi per fare il primo moscato fatto secco a un vino cinese. L’Alpiane è il top di gamma, moscato giallo 100%, appassimento forzato, perdita di peso dell’uva di circa l’80%, una chicca da 8.000 bottiglie l’anno mediamente. Colore oro antico, olfatto fichi secchi, datteri e miele d’arancio, in bocca cremoso e vellutato con un finale retrogusto balsamico.

PIEMONTE MOSCATO D’AUTUNNO 2017 – PAOLO SARACCO

Paolo Saracco è un moscatista vero, un nome che si identifica subito alla purezza del Moscato di Castiglione Tinella. Si chiama Moscato d’autunno perché viene imbottigliato a marzo in un solo lotto e distribuito in primavera, rimanendo in autoclave più a lungo. Al naso un festival dell’aromaticità, con sentori di salvia, muschio e pesca, in bocca una bella freschezza con succo, contrasto e persistenza.

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