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Inflazione energetica e Italian Sounding sono i problemi per il settore alimentare, secondo quanto emerso in sintesi dalla 7^ edizione del forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage”, organizzato a Bormio da The European House – Ambrosetti lo scorso 9 e 10 giugno. Per sette aziende italiane su dieci (69,2%) del settore Food&Beverage il problema più grave è l’inflazione energetica, secondo quanto rilevato da un campione di 500 aziende del comparto con una survey presentata a Bormio. Nella lista degli impatti negativi al secondo posto ci sono gli effetti della crisi inflattiva delle materie prime (49,9%), gli strascichi della pandemia COVID-19 (23,0%) e la difficoltà di approvvigionamento degli input produttivi (22,2%). All’ultimo posto l’impatto dei danni legati alla siccità (13,5% delle imprese) che trova spiegazione nella storica dipendenza da materie prime estere delle aziende italiane. Nonostante questi impatti, 1 impresa su 3 ha dichiarato di aver mantenuto il proprio piano strategico in questo periodo di crisi.

 

“Abbiamo riunito a Bormio per il settimo anno consecutivo i massimi esponenti del settore delle imprese, della distribuzione e delle istituzioni che contribuiscono a rendere l’agroalimentare italiano il fiore all’occhiello del made in Italy nel mondo – ha affermato Valerio De Molli – Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti – L’indagine è la dimostrazione del ruolo sociale delle imprese alimentari in questo contesto di difficoltà anche del potere di acquisto dei cittadini. Da solo l’assorbimento dell’inflazione da parte degli operatori della filiera non è comunque sufficiente, in un quadro che vede i consumi alimentari fermi da oltre un decennio e con una flessione del 3,4% nell’ultimo anno dovuta al momento di crisi. L’Italia è il Paese in cui il salario medio annuale è cresciuto di meno negli ultimi 30 anni tra USA, Paesi Bassi, Germania, UK, Francia e Spagna, e dal 2021 al 2022 i salari medi reali si sono ulteriormente ridotti del -3,1% contribuendo così a una sostanziale immobilità del potere d’acquisto”.

Valerio De Molli

L’intera filiera agroalimentare italiana secondo l’analisi di The European House – Ambrosetti, sostiene circa 30 macro-settori, contribuendo alla realizzazione del 16,4% del PIL nazionale. Con 282 miliardi di euro di valore aggiunto, di cui 64,1 diretti, il contributo dell’agroalimentare al PIL italiano è pari a 2,5 volte il settore automotive di Francia e Spagna messe insieme. Nel 2022 la bilancia commerciale della filiera agroalimentare italiana è tornata negativa, con un saldo di -2 miliardi di Euro, dopo i primi 3 anni di solidità dal 2019 al 2021. L’esposizione internazionale della filiera agroalimentare è guidata da un deficit agricolo in continuo peggioramento, che ammonta a -13,2 miliardi di Euro nel 2022. A causa della dipendenza agricola dall’estero, il Paese ha perso circa 100 miliardi di Euro di PIL nel periodo 2010-2022. “Anche il 2023 potrà essere un anno complesso, la recente alluvione in Emilia-Romagna ha aggravato la situazione ponendo sempre di più l’accento sugli impatti devastanti del cambiamento climatico”.

Sotto i riflettori a Bormio anche il fenomeno dell’Italian Sounding, eliminando il mercato dei prodotti tipici italiani imitati per cui il consumatore straniero è realmente ingannato in fase di acquisto, il valore dell’export agroalimentare italiano potrebbe raddoppiare da quasi 59 a 119 miliardi di euro. Si tratta di una delle principali evidenze del rapporto “Italian sounding: quanto vale e come trasformarlo in export made in Italy” realizzato da The European House – Ambrosetti e ISMEA e presentato nella seconda giornata del 7° forum a Bormio. Nel 2022 il fenomeno complessivo dell’Italian sounding nel mondo è stato pari a 91 miliardi di euro, di cui 60 riguardano direttamente i consumatori stranieri che realmente desiderano acquistare prodotti made in Italy e sono ingannati da queste azioni di marketing.

“L’obiettivo del rapporto che abbiamo dedicato all’Italian sounding – ha dichiarato Benedetta Brioschi, Associate Partner e Responsabile Food&Retail, The European House – Ambrosetti – è quello di dare una direzione per un percorso di investimenti tra pubblico e privato che permetta alle nostre imprese di soddisfare la voglia di “made in Italy” nel mondo e riconquistare quei 60 miliardi di euro spesi oggi dai consumatori esteri che credono di acquistare prodotti italiani quando invece sono soltanto imitazioni con nomi originali o simili alle nostre eccellenze agroalimentari. Il fenomeno dell’Italian sounding deve essere interpretato perciò come obiettivo di portare fatturato aggiuntivo della filiera agroalimentare italiana, con il potenziale di far raddoppiare il nostro export”.

Lo studio The European House – Ambrosetti e ISMEA ha ipotizzato 3 scenari per riconquistare gli spazi occupati dalle imitazioni dei prodotti tipici italiani. Raddoppiando il tasso di crescita degli investimenti nel settore rispetto a quello attuale ci vorrebbero 27 anni per convertire l’Italian sounding in nuovo fatturato. Raddoppiare invece il tasso crescita degli investimenti, ma anche la loro produttività puntando su innovazione e digitalizzazione, dimezzerebbe quasi i tempi, fino a 15 anni. Nel terzo e migliore scenario al raddoppio del tasso di crescita di investimenti e produttività si aggiunge l’impulso dei fondi del PNRR consentendo di arrivare entro 11 anni all’obiettivo prefissato di “trasformare” i 60 miliardi di vendite sotto le insegne dell’Italian sounding in export agroalimentare effettivo per il nostro Paese.

INFO www.ambrosetti.eu

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