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Una volta all’anno (almeno) vado al Leoncavallo. L’appuntamento fisso per la Terra Trema 2018, quest’anno giunta alla sua dodicesima edizione, dal 30 novembre al 2 dicembre. Che cosa vai a fare al Leoncavallo mi sono sentito dire? La risposta è semplice: alla Terra Trema si beve bene, anzi molto bene. Una serie di produttori che rappresentano il meglio dell’Italia. Siamo stati a fare un giro e vi raccontiamo alcuni assaggi che ci hanno fatto vibrare. Vignaioli che ci hanno stretto le mani, raccontandoci la loro terra. Produzioni che molto spesso strizzano l’occhio al naturale o vino artigianale se preferite. Giovani che recuperano la terra, in altri casi cantine che tramandano il saper far vino da generazioni. Sensazioni positive, incontri belli.

Quello che è certo è che la Terra Trema è un microcosmo unico, parlando con qualcuno presente sin dalla prima edizione ricorda che quando arrivò Veronelli ci fu una vera e propria ovazione. Forse non si rendevano nemmeno conto di quello che stavano facendo, se ne sono accorti dopo con il tempo. Ecco una mini-selezione dei nostri assaggi che ci hanno fatto vibrare. Per la cronaca questa edizione La Roncola d’Oro per il 2018 è stata meritatamente assegnata a La Basia di Puegnago del Garda, in provincia di Brescia. In alto i calici per Vasco, Davide, Irene, Carla, Giacomo, Emilio, Olivia, Antonio e per Elena, alla tenacia e alla determinatezza di questa immensa famiglia.

Premiazione Roncola d'Oro La Terra Trema Leoncavallo 2018 - La Basia di Puegnago del Garda
foto di Jacopo Loiodice – laterratrema.org

TENUTA PATRUNO PERNIOLA

Per un amante della Doc Gioia del Colle non poteva mancare l’assaggio dei vini della Tenuta Patruno Perniola. La scorsa estate durante il mio peregrinare in Puglia un ristoratore della zona alla mia domanda sulle cantine migliori della zona senza esitazione aveva risposto Patruno Perniola. Una conferma arrivata dai tanti riconoscimenti esposti sul tavolo, che si andranno ad aggiungere alla bacheca che è stata in parte svuotata visto che durante un furto in cantina qualcuno aveva pensato bene di rubare anche i cimeli storici risalenti al nonno e alle origini della cantina. Nessuno potrà per mai pensare di rubare l’entusiasmo e la passione di questa cantina situata a Gioia del Colle. L’assaggio è una vera gioia, il “Marzagaglia” e il “1821, Riserva”, in entrambi i casi il taglio secco tipico del Primitivo di questa zona, lascia la bocca pulita, come il venticello che soffia e pulisce l’uva in pianta. Frutto, intensità, persistenza. La prossima volta che scenderò in Puglia è una cantina da andare a provare dal vivo.

www.tenutapatrunoperniola.it

 

THOMAS NIEDERMAYR

Il portabandiera della viticoltura Piwi, Thomas Niedermayr lo rincontriamo dopo qualche anno. Una filosofia quella dei vitigni resistenti che ha trovato spazio in Trentino e nel nord Italia. Thomas è andato alla ricerca di vitigni più resistenti e la sua via lo ha portato all’istituto agrario di Friburgo dove tramite incroci naturali nel campo sono stati selezionati vitigni resistenti alle malattie fungine, ormai cosiddette PIWI. I vini che nascono hanno delle caratteristiche particolari, con la possibilità di impattare il meno possibile come trattamenti in vigna. Solaris, Souvignier gris, Mitterberg, Bronner, Mitterberg, Sonnrain, tutti vini bianchi che esprimono una spiccata acidità e freschezza. Siamo andati sul macerato, impatto in bocca decisamente interessante così come al naso, pienezza e lunghezza, ideale per far capire le potenzialità della viticoltura Piwi.

www.thomas-niedermayr.com

MARCO PINAT

Ognicost. Un bel nome per un vino, anche perché racchiude la storia di Marco Pinat. “Volevamo comprare un vigneto di Verduzzo ma ero indeciso. Un consiglio niente meno che di Angelo Gaja, mi disse che lo dovevo comprare ad ogni costo”. Così è nata nel dicembre del 2015 una piccola realtà situata sulle colline di Savorgnano del Torre, nella DOC Friuli Colli Orientali, dopo che nel 2011 Marco Pinat inizia a recuperare un vigneto abbandonato impiantando barbatelle di Refosco dal Peduncolo Rosso da una selezione massale di vigneti storici. Non abbiamo assaggiato quello ma il vino Ognicost, un bianco che esprime tutto il carattere dei friulani, con sentori primari legati al terreno di produzione di tipo “flysh”, ovvero una “stratificazione” di marne a arenarie.

www.marcopinatvini.com

ANNIBALE ALZIATI

La Bonarda ferma mi ha sempre affascinato, aveva tra i suoi estimatori anche Gianni Brera e Luigi Veronelli, catturati dalla capacità di invecchiamento, con sfumature e caratteri unici. Siamo a Scazzolino di Rovescala, nel cuore dell’Oltrepò Pavese. Annibale Alziati, il proprietario, inizia la sua attività di vignaiolo spinto dal desiderio di ritrovare le emozioni vissute da bambino quando col padre percorreva l’Italia alla ricerca di vini da distribuire. Piccoli appezzamenti di terreni fino a raggiungere gli attuali dieci ettari situati sui crinali delle colline ad un’altitudine di 300 metri s.l.m. in posizioni considerate tra le migliori della zona. I terreni calcareo argillosi sono vitati a croatina, barbera, uva rara, basi per la famosa bonarda, vino per cui il territorio è particolarmente vocato. Vigne cosi come le ha trovate, rispettando L’Azienda vanta la produzione di un cru, il Gaggiarone che prende il nome da una vigna esposta a sud ovest su un declivio a forte pendenza, il vino simbolo dell’azienda.

www.gaggiarone.it

IL CERCHIO

L’Ansonica è una piccola denominazione che ha trovato il suo habitat naturale nella Maremma e sull’isola del Giglio. L’azienda il Cerchio ne fa il vino portabandiera della casa, intesa come vitigno autoctono da valorizzare. Siamo sulla costa toscana a Capalbio, in una zona ancora poco antropizzata, dove l’agricoltura e il turismo sono le due risorse su cui puntare. L’Ansonica del Cerchio è un vino bianco dalla media struttura e dalla lunga persistenza, ideale da abbinare a tutto pasto, accompagnando pietanze a base di pesce.

www.ilcerchiobio.it

ENO’ TRIO- NUNZIO PUGLISI

La Sicilia che non ti aspetti con Enò-Trio, formato da Nunzio Puglisi e dalle figlie Stefany e Désirée. Agricoltori, artigiani, viticoltori, vignaioli, quindi più che di un tris parliamo quasi di poker. Stesso discorso per i vini, che seguono una produzione prendendo come riferimento il criterio altimetrico. I vigneti si estendono tutti alle pendici dell’Etna, nel versante Nord, nel territorio che va da Randazzo a Bronte passando per Maletto, per una superficie di circa tre ettari su sei corpi aziendali, in tre contrade che vanno da un’altitudine da 650 m a 1100 m s.l.m. Le principali varietà coltivate sono Nerello Mascalese, Carricante, Pinot Nero e Traminer Aromatico, ognuna ubicata secondo l’habitat naturale. A livello sperimentale si trovano anche Moscato Petit Grain, dello Chardonnay e del Merlot. Volevamo assaggiare il vino più significativo e alla fine li abbiamo assaggiati tutti, menzione particolare per il Pinot Nero dell’Etna.

www.vinienotrio.com

CANTINE DEL CASTELLO CONTI

In Piemonte quando parliamo di Nebbiolo parliamo di Boca, riconosciuta Doc nel 1969. Una delle realtà più storiche della zona sono le Cantine del Castello Conti, che nascono nel 1963 a Maggiora in provincia di Novara nel Piemonte più vero. Una scelta sin da subito quella di produrre un vino a lungo invecchiamento come il Boca, difendendone la sua tipicità, anche in tempi nei quali le tendenze di mercato portavano a scelte più facili. Nel tempo la cantina è diventata anche una memoria storica per il Boca, dal 2006, dopo percorsi formativi differenti, le tre sorelle Conti si sono ritrovate insieme a gestire l’azienda vinicola di famiglia, in un processo di cura profondo, indispensabile alla coltivazione della vite. Rispetto della terra, dei valori necessari a custodirla e dei tempi lenti, necessari per produrre un vino di lunga durata. La particolare natura dei terreni, nei vigneti collinari di Boca e Maggiora, conferisce non soltanto ottime condizioni ambientali all’antico vitigno “Nebbiolo”, ma permette anche lo sviluppo di altri due vitigni caratteristici di questi rilievi, che gli sono complementari: Bonarda novarese o Uva Rara e Vespolina.

www.castelloconti.it

DAVID TIBERI

Si legge “Vino Cotto Stravecchio Occhio Di Gallo”, si scrive tradizione. L’etichetta utilizzata sulle bottiglie di vino cotto ha oltre un secolo. Gli anziani del luogo dicevano che il vino cotto per essere buono deve avere il colore dell’occhio del gallo. La produzione del vino cotto impegna tutta la famiglia per diversi giorni. Si inizia di buon mattino a vendemmiare a mani, selezione manuale per i grappoli migliori raccolti in cassette, subito portati in cantina e pigiati poi torchiati a forza di braccia. Il mosto così prodotto viene fatto bollire a fuoco diretto e lento in caldaia di rame, entro mezzanotte il ciclo è terminato. Si passa poi alla fermentazione senza aggiunta di lievi e non controllata. Nella produzione del vino cotto un’altra importante fase è l’invecchiamento in botti di legno di rovere, la cantina Tiberi vanta botti di Vino Cotto con più di 40 anni.

www.vinocotto.org

TRE RII

Tre Rii è una realtà sulle colline del parmense che ha riscoperto il Sidro grazie al lavoro dell’enologo Filippo Valla. “Ven de pom“, le mele vengono raccolte e pigiate per la produzione del Sidro. Fino agli anni ’50 era consuetudine in tutte le alte valli emiliane farsi dare le mele, non avendo uva a quelle quota altimetriche. Una pratica riscoperta dall’azienda Tre Rii nel comune di Corniglio, l’ultima novità è la produzione di idromele con delle arnie dove mettere il miele e idromele, simile a un Sauternes, ideale come abbinamento per i formaggi. Una nuova tendenza che potrebbe sicuramente dare sostegno a delle zone di montagna dove l’agricoltura è parte integrante della quotidianità.

www.agricolatrerii.it

INFO: www.laterratrema.org

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